LEARNING TO LOVE


Learning To Love
Genere: Romantico
Paese: Giappone
Anno 2025 – 11 episodi di circa 50 minuti

Sono un ex romantica, ora cinica romantica, non amo molto le serie romantiche, eppure questa leggera breve serie giapponese mi è piaciuta.

Trama:
Ogawa Manami è un’insegnante di un liceo cattolico, abita ancora con la famiglia ed è cresciuta in un clima severo con un padre autoritario e una madre che non ha la forza di ribellarsi al marito. Vive in maniera spenta con il padre che la reputa incapace di cavarsela da sola, invadendo da sempre la sua vita con decisioni che spetterebbero solo a lei. La spinge a sposare un uomo che piace a lui.

Kaoru è un giovane ragazzo cresciuto in un ambiente povero. Non ha imparato a leggere e scrivere, e questo condiziona la sua vita. È diventato un host1 del club “Joker” a Kabuchicho. Nonostante il suo passato e il suo presente, non sempre semplice, cerca di vivere la sua vita in maniera spensierata.

Manami, un giorno, riceve una chiamata che la informa di una sua studentessa, che è andata in un host club ed è con un host. Corre al locale per riportare indietro la studentessa. Qui incontra, o meglio si scontra con Kaoru.

In seguito, obbligata dalla scuola e dalla madre della studentessa, Manami deve far firmare a Kaoru una lettera in cui il ragazzo promette di non rivedere più la studentessa. In cambio non avrà nessuna denuncia penale. Nel tentativo di far scrivere e firmare questa lettera, l’insegnante scopre il problema di Kaoru e si offre di aiutarlo a imparare attraverso delle lezioni  private.

Gli attori principali sono: Murakami Raul Maito e Kimura Fumino.

Se volete vederlo, lo trovate su Netflix.

Questo leggero film romantico mi ha portato pensieri e raffronti seri: parlo dei preconcetti che le persone hanno su altre persone o gruppi diversi a loro, sull’arroganza di essere i migliori e di schivare la “feccia”, non permettendo così alle persone di evolvere se stesse e gli altri. Questo aspetto di vita, ahimè, lo vedo nell’ambiente che mi circonda. Spero di non averlo mai fatto io, senza rendermene conto.

Il romanticismo di questo drama è quel dolce non stucchevole che nausea, ma che invece ti fa venire voglia di assaggiare.

Questa era la parte seria del mio pensiero; la parte meno seria è che con un host così una bottiglia di champagne l’avrei aperta pure io! 192 cm di mix giapponese/venezuelano lo rende una forte tentazione!

  1. Gli host sono giovani ragazzi, sempre alla moda, ben curati e vestiti, che lavorano negli host club, locali notturni dove il loro compito è intrattenere le clienti (quasi esclusivamente donne).

    L’intrattenimento consiste nell’arte del fascino e della compagnia: nel flirtare, fare conversazione con loro, bere, ascoltare, coccolare l’ego delle clienti, farle ridere e spingerle a ordinare più bottiglie possibili (i guadagni degli host dipendono dalle consumazioni). Più una cliente spende, più loro guadagnano più il loro status nel club cresce. Non si tratta di prostituzione, anche se alcuni di loro possono sconfinare.

    A Tokyo, specialmente nei quartieri di Kabukicho e Shinjuku, il giro è enorme. Sono consideri veri e propri idol, tanto da sembrare delle star della Jpop. I più famosi guadagnano cifre astronomiche in una notte; altri diventano famosi, appaiono in televisione e scrivono libri
    . ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

QUEI SILENZI COSI’ PIENI DI PAROLE


Soffro della “Japanese syndrome” e ho iniziato a soffrirne da adulta, non da ragazzina. Come tutte le “malattie” se le prendi da grande, sono più “pesanti”.
L’alternativa è che in un’altra epoca, in Giappone, il mio vivere sia stato così intenso da portarmelo dietro di esistenza in esistenza, in ogni vita successiva come percezione del mondo.

Il titolo di questo post deriva da questo. Ogni volta che “inciampo” nel Giappone con un film, un libro, una serie in cui si parla dello scorrere della vita, delle persone e delle loro emozioni, il mio cinismo si assopisce e risale prepotentemente qualcosa di me, qualcosa che avverto a livello fisico, nel bene e nel male.

Non sto esagerando, a volte sento il cuore stringersi in una contrazione di dolore fisica, a volte mi pervade una saudade emotiva, e a volte una sensazione di benessere mi scioglie le membra. Tutta colpa della “Japanese syndrome” che forse dovrei chiamare, per rimanere in tema, con un termine giapponese: “Mono no Aware1, che racchiude molto di quello che vorrei dire, anche se non tutto.

Tutto questo prologo deriva dal titolo di questo post, pensiero nato guardando una serie giapponese.

In questa serie i silenzi erano così densi di parole da riempirmi la mente.

I silenzi che parlano, i silenzi così densi che l’aria diventa povera di ossigeno, i silenzi carichi di significati, i silenzi alle domande che sono risposte, i silenzi di cui spesso mi avvolgo.

Vorrei riuscire a comunicarvi i miei pensieri, quello che “Mono no Aware” ha mosso. Ma sono così tanti e così desiderosi di uscire che mi hanno intasato la capacità di trascriverli. Troppi, tutti insieme, che cercano l’uscita dalle punte delle mie dita sulla tastiera.

Temo di non esserci riuscita e che sia impossibile farlo, quindi non dico altro.

Portate pazienza per i miei sproloqui, sono una cinica romantica in cui ogni tanto il cinismo si assopisce e ritorna prepotentemente in superficie, la mia visione dell’amore (che forse non esiste).

Qua sotto lascio solo, qua sotto per i curiosi e per gli amanti del genere, cosa ha suscitato in me tutti questi pensieri. Non è una vera e propria recensione, ma qualche dato della serie, una breve trama e qualche considerazione.

“Our Youth” e “Out Youth: After Story”
Titolo originale: “Miseinen: mijukuna oretachi wa bukiyō ni shinkō-chū” e
“Miseinen: mijukuna oretachi wa bukiyō ni shinkō-chū. Afutāsutōrī”
Genere: Romantico, Gioventù, BL
Paese: Giappone
Anno – episodi: 2024 – 10+2

È’ un adattamento dal webtoon “Our Youth” di Hi Noon. La serie è composta di dieci episodi più due di sequel. Alcuni fansub hanno raggruppato i due episodi del sequel in un’unica puntata.

I due attori protagonisti sono Motojima Junsei che interpreta Minase Jin e Kamimura Kenshin che interpreta Hirukawa Haruki.

La trama è molto semplice da scrivere, ma purtroppo non rende la bellezza romantica e anche profonda che, man mano, scaturisce nella serie, mentre una sceneggiatura ben fatta porta a galla emozioni e verità.

Due studenti liceali Minase Jin e Hirukawa Haruki frequentano lo stesso liceo e sono nella stessa classe. Sono diametralmente diversi:
Minase Jin è uno studente modello, sempre tra i primi della classe, ha già in mente il suo futuro, probabilmente indotto dalla madre. Vive praticamente da solo, perché i genitori sono sempre lontani per lavoro.
Hirukawa Haruki, è un ragazzo problematico, un piantagrane, fuma, salta giorni di scuola ed è a capo di un gruppo di ragazzi con i suoi stessi problemi. Vive solo con il padre, un uomo violento e manesco.

Apparentemente due isole nel mare, lontane tra di loro, eppure tra i due inizia un reciproco avvicinamento, quasi che uno compensi l’altro.

Una serie che parla di gioventù, di paure, di crescita, di doveri in una società in cui lo stigma sociale può “uccidere” socialmente una persona. Ma parla anche di amore, di speranza, con una spruzzatina (minima, nel sequel) sui mancati diritti LGBTQ+.2

2 In Giappone non è ancora legale il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E’ l’unico paese del G7 a non averlo legalizzato. Detto questo però ci sono molte sentenze dei tribunali di alto livello (ne cito alcune: Tokyo, Sapporo, e Osaka) che hanno dichiarato incostituzionale il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Purtroppo al momento queste sentenze non hanno fatto modificare la legge.
Alcune città e prefetture hanno cercato di dare una legalità a questi matrimoni con i “certificati di partenariato”, ovvero un sistema di certificati per le coppie dello stesso sesso. Anche se non hanno valore di matrimonio, almeno garantiscono alcuni diritti tra cui poter visitare il partner in ospedale, essere riconosciuti come famiglia affidataria.
Il webtoon è di origine Coreana, ma anche in Corea del Sud il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è legale.

  1. “Mono no Aware” è un’espressione di dolore e bellezza contemporaneamente.
    Ha molte sfumature, tra cui il sentimento della consapevolezza della transitorietà delle cose e della vita. Riflette una malinconia agrodolce, non vuota ma ricolma di apprezzamento, non c’è rabbia o frustrazione ma accettazione attraverso una gioia malinconica. ↩︎
  2. In Giappone non è ancora legale il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E’ l’unico paese del G7 a non averlo legalizzato. Detto questo però ci sono molte sentenze dei tribunali di alto livello (ne cito alcune: Tokyo, Sapporo, e Osaka) che hanno dichiarato incostituzionale il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Purtroppo al momento queste sentenze non hanno fatto modificare la legge.
    Alcune città e prefetture hanno cercato di dare una legalità a questi matrimoni con i “certificati di partenariato”, ovvero un sistema di certificati per le coppie dello stesso sesso. Anche se non hanno valore di matrimonio, almeno garantiscono alcuni diritti tra cui poter visitare il partner in ospedale, essere riconosciuti come famiglia affidataria.
    Il webtoon è di origine Coreana, ma anche in Corea del Sud il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è legale. ↩︎