ASURA l’ho iniziato per mancanza di idee su cosa vedere oltre ai “soliti coreani”. Alla fine mi ha preso così tanto da averlo finito in un fine settimana.
Lo trovate su Netflix. E’ una miniserie di soli 7 episodi di circa 55 minuti l’uno.
In breve la trama
Quattro sorelle si ritrovano dopo molto tempo.
Sono profondamente diverse tra loro per carattere e indole:
Tsunako è un’insegnante di ikebana (Miyazawa Rie)
Makiko è una casalinga (Ono Machiko)
Takiko è una bibliotecaria (Aoi Yu)
Sakiko, la più giovane, lavora come cameriera (Hirose Suzu)
Takiko convoca le sorelle perché ha scoperto che il padre, ormai settantenne, ha una relazione extraconiugale. L’obiettivo della riunione è capire come comportarsi, soprattutto nei confronti della madre.
Da qui si dipana tutta la storia.
Premessa necessaria
Se non amate le serie “lente” (non lo è davvero, ma non aspettatevi colpi di scena, tensione o ritmo serrato), Asura potrebbe non fare per voi.
Questo jdrama affonda le radici nel Giappone di quasi 50 anni fa, esplorando temi come la famiglia, le relazioni, le emozioni represse e le paure inespresse.
Io l’ho amata profondamente. Come già detto, l’ho divorata in un fine settimana.
Se decidete di guardarla, potreste, come me, avere una reazione iniziale, alle prime puntate, da “donna occidentale del 2025”. Questa sensazione dura poco, poi si viene assorbiti dalla trama e dalle dinamiche tra i personaggi.
Ricordate che la serie racconta la vita familiare giapponese tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Per certi versi, molto simile a quella italiana di qualche anno prima.
Perché mi è piaciuta così tanto?
Non saprei dirlo con precisione. Si tratta di sfumature emozionali, colpi d’occhio fugaci sulla realtà raccontata. Vi lascio qualche considerazione che mi è sorta mentre la guardavo:
- Le quattro sorelle si amano, litigano, fanno pace, non si sopportano, entrano a piede teso nella vita altrui, sono un supporto una per l’altra, si detestano, ma ci sono sempre.
- Essere donna in quel periodo in Giappone (e qualche anno prima anche in Italia) non era semplice, perché la tua vita era “obbligata” a gravitare intorno a quella di un uomo, con tutto quello che ne consegue.
- La serie ai miei occhi si è dipanata come la visione di due mondi attigui ma separati, che ogni tanto entrano in contatto tra loro. Il mondo femminile e quello maschile.
Difficile stare insieme, difficile stare separati. - Nessun personaggio è completamente positivo o negativo. Le sorelle mostrano lati luminosi e oscuri, come anche gli uomini della famiglia.
Nessun “buono” o “cattivo” assoluto: solo esseri umani impastati di emozioni.
Altro non dico, per non influenzarvi, se mai voleste vederlo.
Chi sono gli Asura?
Il titolo originale è Ashura no Gotoku, che significa “Come un Asura”.
Netflix lo ha abbreviato semplicemente in Asura.
Gli Asura sono figure mitologiche di origine induista.
Nella tradizione buddista giapponese, però, assumono significati più sfumati.
- Nei testi buddisti, sono semidei o demoni dominati da desiderio, collera, orgoglio, invidia e da una natura bellicosa.
- In Giappone, sono visti anche come guerrieri caduti in battaglia, divenuti guardiani della legge buddista.
Nonostante la loro origine demoniaca, gli Asura non sono considerati malvagi: sono esseri complessi, potenti, spesso irascibili, ma con un forte senso di giustizia e protezione.
Rappresentano forza e conflitto, ma anche protezione e serenità.
Questa spiegazione troverà pieno significato solo se guarderete la serie fino all’ultima puntata. Una frase, pronunciata da un personaggio, acquisirà allora tutta la sua potenza.