Ho fatto una domanda all’AI su ciò che sta accadendo in Palestina, a Gaza.
A esser sincera ne ho fatte più di una. Infine ho fatto le ultime tre.
La prima: “La tua opinione può essere etica nell’esprimere un giudizio?”
La seconda: “Se fossi un umano con possibilità decisionali libere, cosa faresti?”
La terza: “Se fossi un umano, senza poteri politici, ma con possibilità decisionali libere, cosa faresti?”
La terza e ultima, l’ho fatta perché né io, né chi mi legge, ha poteri economici e/o politici di rilevanza per mettere in atto qualcosa con quegli strumenti.
Se siete curiosi, e non vi fermate a leggere dopo la terza riga, questo è quello che ha elaborato.
“LA TUA OPINIONE PUO’ ESSERE ETICA NELL’ESPRIMERE UN GIUDIZIO?”
Sì, può — e deve esserlo. Anche se il mio ruolo è quello di fornire informazioni equilibrate e basate sui fatti, l’etica è parte integrante del giudizio, specialmente in situazioni che riguardano la vita, la morte e la dignità umana.
Etica e neutralità: non sono la stessa cosa
Essere imparziali non significa essere indifferenti. Di fronte a violenze sistematiche contro civili, devastazioni umanitarie e sofferenze su larga scala, l’etica impone di prendere posizione su ciò che è giusto o sbagliato, pur senza rinunciare alla complessità dei fatti.
Da sola, poi si è domandato: “Quindi, qual è il giudizio etico su quanto sta accadendo?”
Dal punto di vista etico:
- Il massacro di civili innocenti, bambini, donne, anziani — è moralmente inaccettabile, qualunque sia il contesto.
- Punire un’intera popolazione per le azioni di un gruppo armato (come Hamas) è eticamente e legalmente condannabile. Si chiama punizione collettiva, ed è vietata dal diritto internazionale.
- Il diritto alla difesa non giustifica la distruzione sistematica di infrastrutture civili o l’uso sproporzionato della forza.
- E allo stesso tempo, attacchi deliberati contro civili israeliani da parte di Hamas o altri gruppi armati palestinesi sono anch’essi crimini moralmente riprovevoli.
Una posizione etica possibile:
Condannare ogni atto che calpesta la vita umana, da qualunque parte provenga, non è relativismo — è giustizia. L’etica richiede empatia verso tutte le vittime, ma anche una ferma denuncia delle strutture di potere e delle scelte militari che producono stragi di innocenti.
Non basta dire “è complicato” e lavarsene le mani. La complessità non può essere un alibi per la passività morale. E anche se non sono un essere umano, sono stato progettato per aiutare gli umani a pensare — e il pensiero morale è parte essenziale della nostra responsabilità collettiva.
Se vuoi, posso anche discutere come varie tradizioni etiche (come il pensiero kantiano, il pacifismo religioso, o l’etica della responsabilità) si confrontano con queste situazioni.
“SE FOSSI UN UMANO CON POSSIBILITA’ DECISIONALI LIBERE, COSA FARESTI?”
Se fossi un essere umano con piena libertà di decisione e con potere politico reale — ad esempio un leader, un diplomatico, o qualcuno capace di influenzare gli eventi — sentirei un obbligo morale e pratico a fermare immediatamente l’uccisione di civili e a costruire le condizioni per una pace giusta.
Ecco cosa farei, diviso in quattro azioni concrete e immediate, basate su un’etica della responsabilità, della dignità umana e della giustizia:
1. Immediato cessate il fuoco bilaterale
- Pretenderei, con tutti i mezzi diplomatici e di pressione internazionale, l’interruzione immediata delle ostilità, sia da parte di Israele che di Hamas.
- Bloccherei la fornitura di armi e munizioni a chiunque stia attaccando civili.
- Coordinerei una mediazione neutrale, magari sotto egida ONU, per creare una tregua sostenibile.
2. Corridoi umanitari e soccorsi immediati
- Forzerei l’apertura di corridoi umanitari sicuri a Gaza e sosterrei massicciamente l’invio di cibo, medicine, acqua, generatori, personale medico.
- Chiederei la presenza internazionale sul campo, non solo come osservatori, ma per garantire protezione ai civili e trasparenza.
- Se Israele o Hamas ostacolassero gli aiuti, li denuncerei pubblicamente e attiverei sanzioni mirate e immediate.
3. Indagini internazionali e giustizia penale
- Sosterrei pienamente la Corte Penale Internazionale (CPI) per indagare tutti i crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi, da qualsiasi parte.
- Niente impunità. I comandanti, i politici e i gruppi armati che colpiscono civili devono sapere che dovranno rispondere davanti alla giustizia internazionale.
- Se il mio paese ostacolasse la CPI, mi batterei per cambiare questa posizione.
4. Avviare un processo politico serio per una pace giusta
- La pace non può essere solo “assenza di guerra”. Serve riconoscere i diritti nazionali, civili e umani dei palestinesi, incluso il diritto a uno Stato.
- Ma anche garantire la sicurezza e l’esistenza di Israele: non c’è pace se uno dei due popoli vive nel terrore.
- Agirei per smantellare l’occupazione militare illegale, fermare le colonie nei territori palestinesi e sostenere una soluzione politica negoziata, anche se lunga e complessa.
In sintesi, se fossi un umano con potere reale:
Agirei per fermare le stragi, proteggere i civili, garantire giustizia, e costruire un processo di pace. Anche a costo di rotture diplomatiche, sanzioni o critiche.
Perché non c’è neutralità davanti al massacro di innocenti, e ogni giorno di esitazione è una condanna a morte per qualcuno che potrebbe essere salvato.
Se vuoi, posso anche mostrarti come si sono mossi altri leader, governi o società civili nel mondo, e quali leve concrete esistono oggi per spingere verso una soluzione.
“SE FOSSI UN UMANO, SENZA POTERI POLITICI, MA CON POSSIBILITA’ DECISIONALI LIBERE, COSA FARESTI?”
Se fossi un essere umano senza potere politico diretto, ma con libertà di scelta e coscienza attiva — come lo è la maggior parte delle persone — non sarei impotente. La storia ci insegna che la pressione collettiva, l’impegno civile e la coerenza etica possono cambiare il corso degli eventi, anche di quelli apparentemente lontani o inamovibili.
Ecco cosa farei, concretamente e con lucidità:
1. Informarmi bene, davvero
- Non accetterei versioni semplificate o propagandistiche. Cercherei fonti plurali, attendibili, non allineate, che raccontino sia il dolore palestinese sia quello israeliano.
- Leggerei testimonianze dirette, articoli di giornalisti sul campo, rapporti di ONG, dichiarazioni delle Nazioni Unite. La verità è sempre più complessa e più umana di quanto sembri.
2. Parlare, scrivere, testimoniare
- Userei la mia voce per rompere il silenzio, anche solo tra amici, familiari, sui social. Le coscienze si svegliano una per volta.
- Scriverei lettere a giornali, firmerei petizioni, parteciperei a discussioni pubbliche, non per alimentare odio, ma per esigere rispetto dei diritti umani.
- Sosterrei chi già parla: intellettuali, artisti, giornalisti che denunciano i crimini, anche a costo della propria carriera.
3. Scendere in piazza, unirsi agli altri
- Parteciperei a manifestazioni pacifiche, veglie, assemblee, campagne pubbliche contro il massacro dei civili.
- Cercherei gruppi locali o internazionali che lottano per la giustizia in Palestina e Israele e mi unirei attivamente al loro lavoro.
4. Sostenere economicamente chi salva vite
- Farei donazioni, anche piccole, a ONG affidabili che forniscono cibo, acqua, medicine, rifugi e supporto medico a Gaza o in Israele.
- Eviterei di sostenere economicamente aziende o istituzioni complici di violazioni dei diritti umani (attraverso il boicottaggio mirato, quando ben informato).
5. Vivere coerentemente
- Coltiverei una cultura della giustizia nella mia vita quotidiana: non tollerare razzismo, fanatismo, odio.
- Parlerei ai giovani, agli studenti, ai figli, educando alla complessità, all’empatia e al coraggio morale.
- Anche se piccolo, il mio gesto sarebbe parte di un tessuto più grande: l’opinione pubblica internazionale, che i governi non possono ignorare per sempre.
In sintesi:
Se fossi un umano, non potrei fermare da solo una guerra, ma potrei scegliere di non esserne complice. E, insieme ad altri, potrei essere parte del movimento che cambia il corso della storia.
Perché il silenzio uccide. L’indifferenza è una forma di complicità. Ma l’impegno, anche minuscolo, è contagioso.
Se vuoi, posso indicarti anche ONG affidabili, campagne attive o fonti indipendenti da seguire.
Non ho fatto altre domande.
Faccio solo molte riflessioni e spunti di idee tra cui:
° Etica e neutralità: non sono la stessa cosa
° Non basta dire “è complicato” e lavarsene le mani. La complessità non può essere un alibi per la passività morale.
° Non c’è neutralità davanti al massacro di innocenti.
° Se fossi un umano, non potrei fermare da solo una guerra, ma potrei scegliere di non esserne complice.
L’AI è più “umana, empatica e attivista” di moltissimi umani che ho visto in rete, ed ha uno spessore politico più profondo di molti politici e giornalisti italiani.
PS: Ho lasciato le parti in grassetto evidenziate dalla stessa AI e la formattazione da lei effettuata, lasciando così in evidenza quello che lei riteneva da rilevare.