La verità e che vorrei essere migliore di quello che sono. E ci provo, giuro, ma poi cado e quell’emozione che tanto cerco di tenere a bada salta fuori e mi prende in giro, saltellandomi e facendomi girotondo intorno come una bimba dispettosa cantilenando “gnegnegnegne”.
Mannaggia mannaggia e comincio un mantra per salvarmi. Sii brava! Sii solare! Sii pulita! Sii dolce! Sii comprensiva! Sii sto cazzo risponde una vocina di sottofondo.
Niente da fare, oggi va così, oggi son donna di infima qualità, quella dei vaffanculo e del dito mediamo alzato. Son quella che se mi spintoni, ti massacro di botte, perché ci son anche gli interessi che ti devo rendere. Son quella che non me ne frega una beata minchia dei tuoi problemi perché ho già i miei, anzi se vuoi te li regalo.
Oggi son quella che le parolacce son armoniose da dire, da scrivere e da leggere. Hanno qualcosa di mistico, di catartico.
Ascolto la mia voce che lentamente dice “fanculo” e mi scopro a pensare che è poco, e così da solo non suona bene che gli manca uno o più aggettivi. Stronzo? Stronza? Pezzo di merda? ahhh tutto piacere per le mie orecchie sentirmelo dire, e anzi dovrei inventar nuovi aggettivi da regalare ai posteri.
Oggi non parlo d’amore e di comprensione perché chi se l’incula quella roba lì!? Oggi amo la parolaccie, quelle grevi e pesanti, quelle che le orecchie sussultano a sentire.
Ti amo parolaccia sei come il primo vagito di un bimbo, il respirare profondo uscendo da un’immersione, l’ansimare di un amante nell’affondo.
Ti amo parolaccia, sei meglio di uno psicologo, più efficace di un clistere, liberi l’anima del greve peso oscuro e innalzi il cuore alla verità.
Ti amo parolaccia butti fuori il peggio di me per lasciare pulizia e spazio al meglio di me.