KYOTO (the third day – idiosincrasia e gialli ombrelli)


La mattina del terzo giorno, prima di uscire, tramite l’albergo, abbiamo utilizzato anche il servizio di *”spedizione bagagli”. Il seguito della mattina è stato dedicato al girone infernale “trova i biglietti”, compra i biglietti”, “trova l’ufficio giusto dei biglietti”, “rimbalza da un ufficio all’altro”, fallo un’altra volta, fai la giravolta!

Alla fine finalmente siamo riusciti ad avere i biglietti (e prenotare) per le zone (meno turistiche) dei giorni successivi, ringraziando di cuore la signora di un ufficio che al nostro terzo rimbalzo, si è mossa a pietà e ci ha fatto saltare l’ultima fila, per il ritiro biglietti.

Un parto! E’ stato un lungo parto.

Finalmente abbiamo potuto iniziare a mettere in pratica il programma della giornata, il tempio d’argento e il quartiere delle geishe.

Ancora non sapevamo la portata della *Golden Week.

Siamo giunte al Ginkaku-ji Temple, conosciuto anche padiglione d’argento. Anche questo, come il padiglione d’oro, in origine era stato costruito come residenza per uno shogun: Ashikaga Yoshimasa.

Il tempio è meno appariscente e imponente di quello d’oro, ma ha dei giardini molto belli, che la giornata uggiosa, non ha permesso di omaggiare bene attraverso le foto.

Momento cultura. Inizio
Il Ginkaku-ji Temple è uno dei templi Zen più classici del Giappone. Rappresenta un classico esempio dell’estetica wabi sabi. Estetica, che nella quotidianità di una casa, mi piace molto, e se non fossi così disordinata, applicherei nella mia casa.
Vi metto foto (non mia) per farvi un esempio.

Wabi Sabi è una filosofia giapponese applicata a ogni aspetto della vita, sia materiale sia immateriale. E’ basata sul concetto d’imperfezione, transitorietà e semplicità.

Nonostante il suo nome (e a differenza del padiglione d’oro), al padiglione d’argento manca qualcosa, cioè proprio l’argento. In origine lo shogun progettò di ricoprirlo, ma non lo fece mai.
Momento cultura. Fine

Terminata la visita al tempio ci siamo dirette al quartiere delle geishe, “inciampando” anche in un Santuario shintoista. Sopra vi ho scritto “Ancora non sapevano la portata della *Golden Week”, e nel quartiere delle geishe l’abbiamo capito….

Di geishe neppure l’ombra (ma di questo non avevo dubbi) in compenso il quartiere (ovvero la via principale, poiché le vie laterali sono interdette ai non abitanti) era ricolmo, strapieno, ripieno, di giapponesi e di turisti (specialmente di cinesi vestiti di tutto punto con i vestiti tradizionali giapponesi, li affittano in loco).

In quel luogo in quella via, la mia idiosincrasia per la “folla follosa folleggiante” è cominciata a risalire, e le mie espressioni visive a mutare in sguardi omicidi. Infatti, l’unica cosa che ho fotografo di quella via è stato questo, un risciò giapponese, con a lato (non fotografato) in tutina nera il suo proprietario, in attesa di qualcuno che volesse farsi un giro.

Ci siamo allontanate dal quartiere alla ricerca di un bus per ritornare al nostro albergo. I bus, però, erano ricolmi, strapieni, ripieni di persone (golden week docet) e abbiamo deciso di fare ritorno a piedi (non avete l’idea dei chilometri fatti in quei giorni).

Lungo la strada, mentre chiacchieravamo, cercando di capire la strada da fare, infilandoci in vie e viette, mi sono trovata davanti a must di molti dorama: i *Love Hotel.
Si può essere felici per così poco ed essere tremendamente *baka? Sì, si può!

Avrei voluto vedere anche gli interni, che dicono a tema, ma mi mancava la materia prima per farlo, tipo un Takeru Satoh, un Mashiko Atsuki, un Kento Yamazaki, un Dori Sakurada o un Ren Meguro.

Quindi ho dovuto accontentarmi di soffermarmi un attimo davanti con il mio ombrello giallo, e farmi fare la foto ricordo da Paola (comunque se uno dei soggetti sopra citati volesse contattarmi e verificare le stanze a tema… mi scriva pure in privato).

Notare in fondo alla strada un Torii, porta della spiritualità e alla mia sinistra, un Love Hotel, porta della carnalità.

Siamo giunte finalmente vicino all’albergo, dove c’era il “nostro” supermercato di fiducia, quello dove compravamo il makgeolli per intenderci. Siamo entrate per cercare la cena, e mentre con l’app di google traslate cercavo di capire cosa stessi comprando, mi avvicina una signora anziana e mi indica un prodotto. Metto la mano sul cuore e le dico “I’m vegan”. La signora mi indica il prodotto che ho in mano dicendomi: “No vegan” e si allontana.

Dopo meno di due minuti, la vedo ritornare da me, ha una confezione di cibo fresco in mano, me la porge e sorridendo mi dice: “Vegan!” e si allontana.

Ora capite un po’ di più perché li amo?
Mi sono commossa. Da vegana, ma diciamo da italiana, non sono abituata a queste gentilezze da persone perfettamente sconosciute.

Se poi volete sapere cosa mi aveva portato, erano degli involtini di riso, avvolti da del tofu fritto sottile (buonissimi).

Prima di chiudere il post del mio terzo giorno a Kyoto, voglio fare una mia personale, riflessione, quindi potrebbe non corrispondere perfettamente alla realtà delle due città, ribadisco, solo una mia impressione tra Osaka e Kyoto.
Osaka è una città giovane, vivace, piena di giovani, veloce, rumorosa che ti prende proprio per questo. Kyoto è una città più pacata, calma, più “signorile” e l’età media delle persone è più adulta. Hanno un fascino decisamente diverso tra loro.

*Spedizione bagagli = in Giappone c’è la possibilità di spedire i propri bagagli da hotel a hotel. In questo modo viaggi leggero, senza portarti dietro le valigie ingombranti. Il nostro servizio di spedizione aveva come logo mamma gatta che portava il micetto (dove quest’ultimo era la metafora delle nostre valigie “in mani sicure”. Adoro i giapponesi).

*Golden Week = in Giappone è un periodo in cui cadono alcune festività pubbliche tra il 29 aprile e il 5 maggio, e quindi tantissimi giapponesi sono in ferie e in “giro”.

*Love Hotel = sono gli “alberghi dell’amore” o per alcuni solo e semplici “alberghi del sesso”. Posso essere usati per alcune ore o per tutta la notte, la privacy e totale, si possono scegliere i tipi di stanza e il prezzo disposti a pagare.

*baka = stupido, idiota o sciocco.