FORMA

La città dove vivo ricomincia a starmi stretta.

Mi stanno strette le abitudini, il far e rifare le stesse cose.
L’aver organizzato, minuto per minuto, almeno venti ore delle mie ventiquattro.
La ripetitività, la mancanza di spazi, l’esaurirsi di possibilità e i discorsi sempre uguali.

Questo andare incontro alle giornate come un interminabile giorno della marmotta. Sette giorni su sette so l’orario in cui squilla la sveglia. Quando le persone mi raccontano che gli accade, già davanti agli occhi mi si dipana, come una gif inceppata, la dinamica successiva.

O forse è solo ancora questo perdermi nelle nuvole basse, confondermi con loro e disperdermi nel mio lato malinconico.

Lo sapete che ho un lato malinconico molto forte? Talmente forte che è per quello che rido e scherzo molto, cerco di nutrirlo con le risate, in modo che sazio e satollo, si addormenti e mi lasci vivere senza struggermi nel rimpianto delle grandi possibilità della mia vita osservate morire d’inedia.

E ora osservo ancora questa vita, la mia, che si accartoccia in queste tradizioni del nulla, consumate nel tempo, dispersa nell’inutile.

Ecco, ecco, la vedete la malinconia sveglia?! Come si attorciglia nelle parole che portano a niente? Si nutre delle catene da me stessa create, dalla costruzione delle situazioni rassicuranti che tendo a erigere, per poi ritrovarmi ingabbiata da sola.

La città dove vivo ricomincia a starmi stretta. E come ogni volta cercherò di farmi piccola per indossarla ancora, per “starci dentro”, almeno fino alla prossima volta che i bottoni scoppieranno.

Ogni volta che qualcosa mi va “stretto” è perché io sto cambiando “forma”.

illustration-by-nathan-martinez

43 pensieri riguardo “FORMA

      1. Credimi era peggio se scrivevi pagura bernarda…. 😛

        (te vai bene il picco negativo solo di mercoledì… io comincio prima e finisco dopo)

  1. Ho letto il tuo post e mi sono ricordata esattamente come mi sentivo 4 o 5 anni fa, quando inizió a starmi stretta prima la cittá, poi tutta la mia vita. E cosí sono partita in cerca di uno spazio piú adatto alla mia nuova forma, come dici tu.
    Credevo anche di sfuggire alla malinconia, se avessi trovato un posto che mi facesse sentire meno stretta. E invece no, quella non passa, ma trova un nuovo spazio pure lei.

    In bocca al lupo 🙂

    1. Grazie 🙂

      La città stretta mi è già venuta un paio di anni fa, e me la son fatta passare (come credo farò anche stavolta – ma non è detto -) perchè lo spostarmi, il cambiare, e metter in subbuglio vuol dire un sacco di problematiche che non riguardano solo me.

      La malinconia è una compagna che non voglio perdere, perderei un pezzo di me, ma se fosse meno presente a volte e si distraesse di più 😛

      Crepi il lupo! :*

    1. vero, ma…. ti faccio un esempio assurdo..

      … se tu vivi e cresci in un ambiente ignorante e ti raffronti ogni giorno con ignoranti, pensi forse che la tua crescita sarò eccellente e piena di genialità? O forse hai più possibilità se vivi e cresci in un ambiente ricco di stimoli, culturali, artistici, di persone intelligenti, curiose ecc?

      PS: non penso la mia città ignorante 😛 è solo un esempio

      1. io il circondario lo movimento eccome 😛 , ma a volte sarebbe bello esser trainati e non trainare, esser sopresi e non sorprendere… se non hai interlocutori alla fine ti spegni…

    2. No, contano entrambe. Il “dove sei” moltiplica il, “come sei”, se il terreno è fertile. Detto da una che fino a pochi mesi fa viveva in un posto che per vedere una mostra decente, un concerto, uno spettacolo teatrale, bisognava prendere il treno o farsi un paio d’ore d’auto.

      1. Mio nonno, contadino romagnolo, era autodidatta. Conosceva la Tosca a memoria (l’ascoltava alla radio la sera), era un grande appassionato dell’opera. Scriveva poesie, sonetti e lettere di fuoco al giornale locale, criticando le giunte comunali.
        D’inverno scendeva a Roma, per lavorare nell’edilizia e potersi comprare, finalmente, l’aratro di ferro. Conosceva la città meglio di chiunque altro, divorava libri e guide. Non ricordo un romano che potesse condurmi per mano e raccontare storie sulla mia città migliore di lui.
        Quando morì, il testamento spirituale che lasciò furono le uniche parole degne di note che furono udite da quel parroco.
        Non aveva acqua corrente, elettricità e nemmeno il bagno in casa. L’89,93% del suo tempo era nei campi, in un’epoca dove chi aveva il trattore era un signore. E lui doveva spingere l’aratro dietro ai buoi.
        Eppure… Eppure aveva tempo per ascoltare l’opera, scrivere sonetti, suonare la fisarmonica e il clarino, leggere libri.
        Mia nonna forse no, lei aveva 6 figli da tirare su. Ma non la ricordo mai triste o incacchiosa. E ambedue hanno passato i 90.
        Lo dico più per me, eh, che a lamentele ho un paio di master.

      2. I miei nonni materni erano contadini veneti, hai presente quelle grandi famiglie che vivono tutti insieme?

        Il padre patriarca con i figli maschi e le loro mogli e tutti i bambini intorno. Tutti sotto a un tetto in una grande casa.

        E non come tuo nonno forse (che ha impiegato il suo tempo per portare qualcosa dentro se, grande), ma anche loro avevavo tempo libero che usavano per vedere, leggere, comunicare e a volte ubriacarsi (rimangono sempre dei veneti di base 😛 )

        Nia nonna no. Le mie zie no.
        Il tenpo libero era quello dedicato alla cucina, al rammendo, a tutte quelle cose “delle donne” che gli uomini non facevano, oltre a seguire loro interamente i bambini.

        Così le donne della mia famiglia materna lavoravano il doppio, nei campi con gli uomini e a casa quando gli uomini andavano a risposare.

        Non erano mai tristi o incacchiose come dici tu, ma credo non ne avessero il tempo o forse ancora più vero, non si facevano vedere dai noi bambini così.

        Lo spieghi tu, nel finale del tuo commento, come mai aveva tutto quel tempo.

        Tuo nonno aveva il suo tempo libero. A cui sommava anche il tempo di qualcun’altro.

        Quindi tuo nonno era, e rimane un grande, ma tutto quel tempo che ha potuto usare per il migliorare se stesso e apprezzare i libri e l’arte, lo deve al tempo IN PIU’ che tua nonna gli ha regalato. Il tempo che era di tua nonna e non ha usato.

        Sai chi pensa che le donne son felici se fanno solo le madri, dice stronzate.

        PS: era la famiglia di mia madre, quindi io non vivevo con loro se non i mesi estivi. Io addirittura vivevo in un’altra regione.
        Questo, in parte, mi ha salvato dalla dinamica familiare, anche se… rimane insito che le donne devono far di più, perchè quello mi hanno insegnato (mannaggia a loro ma combatto strenuamente sta cosa) e star zitte.

        Non vivere con loro, ma passarci solo le vacanze, mi ha permesso di vedere con occhi staccati e osservare che se uno non si lamenta non vuol dire che sta bene, ma solo che non si lamenta 😛

      3. D’accordo su tutto, che volere è indubbiamente potere e che per costruirsi una cultura personale non è necessario vivere in una grande città, ma il punto non era quello. E’ che quando il 90% delle persone che hai intorno parla SOLO di grande fratello, x-factor e amici e a te di questa roba non te ne frega un accidente, quando vorresti condividere cose che quasi a nessuno interessano, o ti chiudi in te stesso oppure cerchi di respirare aria nuova. Ecco, a me mancava quest’aria, e ho sfruttato la crisi lavorativa per costruire un’alternativa, una possibilità. Senza quel problema di lavoro, adesso sarei ancora lì. Chiusa in me stessa.

      4. Si, la nonna aveva tutto sulle sue spalle. E sono d’accordo, e sono mammo anche per merito di quelle estati vissute così.
        Però volevo dire che, a prescindere dai mezzi a disposizione, materia per irrigare terreni aridi ce n’è.
        Ma ribadisco, lo sto dicendo più che altro a me stesso.

      5. ti ha risposto 123Clic (e in altra forma io) tu puoi anche irrigare dove vivi, ma se non irrigano tutti sei destinato alla siccità

        (a prescindere che lo dici a te stesso, che vuol dire “darsi da fare biosgna, ma non puoi vivere in capanne di paglia al polo nord)

      6. Mi spiego meglio con un esempio pratico dell’ultim’ora: ieri sera sono andata, da sola, alla proiezione di un film in lingua originale, parte di una serie a tema sportivo. Prima del film c’era un aperitivo offerto dagli organizzatori: entro, mi guardo intorno, e appena all’ingresso c’era un ragazzo seduto da solo. “E’ libero questo posto?” “Siedi pure, sto aspettando delle amiche”. Le amiche sono poi arrivate, abbiamo passato la serata tutti insieme e organizzato di tornare a vedere insieme anche i film successivi della serie. Io non sono una che fa amicizia facilmente, ma qui cose del genere succedono, e non sono così strane. Nella mia città non sarebbe mai successo perché 1) eventi del genere non li organizza nessuno 2) nessuno va da solo, ci si sposta a gruppi precostituiti, e se non ne fai già parte o non hai una conoscenza comune, non ci entri 3) un aggancio del genere sarebbe passato come un palese tentativo di rimorchio anche se non lo era affatto. Questa è la differenza che fa il “dove”. Contatti umani. Scambi di idee. Condivisione. Soprattutto quest’ultima parola. Posso leggere, studiare, approfondire, arrivare ad essere un luminare in un qualunque campo, ma senza la condivisione non sono niente. Senza condivisione anche tutta questa conoscenza diventa sterile.

  2. Quando mi sento stretto vuol dire che sto cambiando forma… ingrassando…
    Il giorno della marmotta rende molto l’idea, dovrei almeno cambiare suoneria alla sveglia tutti i giorni 🙂 Fortunatamente nei week-end rinasco.

      1. Non credo, con tutte le tue attività extra lavorative non penso che tu abbia momenti di routine… il tuo problema è che hai troppe bestioline in casa, daranno tanto amore ma quelle limitano molto la libertà.

      2. Tutto ciò che fai sempre diventa routien, anche se extra lavorativo.

        I miei amori pelosi, limitano tantissimo, avessi più soldi per permettermi dei petsitter, limiterebbero di meno (molto meno).
        Ma mi limitano molto meno di un uomo 😛

  3. Quanto lo sento questo post… che poi leggendo ho iniziato a pensare alle parole: fuggo-parto-nascita. Prendiamo nuove forme quando ci si allarga perché è in atto una trasformazione, alla fine il momento in cui la malinconia s’intreccia con l’elastico forse diventa un passaggio verso il poi.
    Ti bacio :*

    1. non te lo so dire se sia così, so ch ein questo momento il bisogno di fuga/nuovo/vita è forte e che devo trattenerlo perchè da una parte dell’elastico ci sta dovere/responsabilità/certezze che non ho il coraggio di tagliare…

      ( :* )

  4. con l’età si tende a mettere su qualche chilo di troppo e ti va tutto stretto. Fai un buco in più alla cintura e vedrai che I LICK (il nome internazionale della tua città) tornerà a starti benissimo…

    1. Di chili ne ho messi tanti (che palle!!!!), ho già allargato i vestiti…

      Questa città è bellissima (e lo dico credendoci) da vedere, da passeggiare, da osservare e fotografare… ma non mi veste bene, o forse io ho cambiato stile.

      E già la seconda crisi che mi viene sul posto dove abito, la prima è capitata nel 2014 (poi mi passa lo so, non ho alternative al momento, perchè secono l’inps devo morire sulla scrivania per prender la pensione)

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