VERSIONE 3.0 E VIAGGI


Sono in un momento di “a breve si cambia” e la cosa mi piace, anche se un po’ di inquietudine mi pervade, perché allo stesso tempo non so esattamente, quale trasformazione avrò. Poi penso che in questi anni sono stata la signora della trasformazione, pur rimanendo la stessa, quindi “Inshallah”, se dio vorrà, avrò una versione 3.0 di me stessa.

Quest’anno è anche l’anno dei viaggi, cosa che mi sarebbe piaciuta sempre tanto fare, ma che per questioni di “money”, di tempo, di spazi e della peggiore che va sotto il nome “senso di colpa, lascio gli animali da soli a casa”, ho sempre rimandato. Nell’anno dell’ennesima mia trasformazione, però ho trovato una soluzione a tutte queste questioni, e quindi:

Berlino, a inizio aprile, da Progenie. A Berlino sono già stata, vivendo Progenie lì, e quindi è un tornare in luoghi “conosciuti” dove la lingua la prima volta in cui sono stata mi sembrava dura ed escludente, ora la trovo decisa e avvolgente.

Mi piace una città, tra le tante cose, in cui essere vegana è facile e dove la diversità coabita a distanza di pochi metri.

Il Giappone a fine aprile e inizio maggio, due settimane, dove si concretizza un piccolo sogno. Non so dirvi di preciso quanto è iniziato, ma so dirvi di preciso come mi sono innamorata di questo paese. Non con i manga, gli anime o i dorama, ma con una frase letta in un articolo di architettura anni fa, che parlava di questo paese. Una frase che a voi potrà dire poco o nulla, ma a me ha fatto sentire a casa.
La frase era: “Arredare con il vuoto“.

Se tra voi c’è qualche esperto di psicologia, magari mi saprà dire come al semplice leggere questa frase, io mi sia innamorata immediatamente di un paese lontano di cui non conoscevo nulla. Questo innamoramento è proseguito nel tempo, tenuto nascosto perché non razionale (come fai ad amare qualcosa che non conosci?), sepolto nel tempo, e negli ultimi anni riesploso, incontenibile.

Parigi a giugno. Non ci sono mai stata, a dire il vero non sono mai stata in Francia, sarà quindi la mia prima volta francese (se escludete la Corsica che i francesi pensano francese e i còrsi pensano còrsa).

Sarà un viaggio di gruppo con gli amici. Quattro giorni insieme. Sarà anche l’occasione in cui metterò alla prova il mio riuscire a condividere lo spazio con oltre due persone alla volta, per un tempo che supera le ventiquattro ore. Dico questo perché, non so voi, ma io ho bisogno di spazi, nell’arco di una giornata, in cui ci sono solo io e io, magari poco, magari solo mezz’ora, ma mi è vitale. Credo dipenda da anni e anni in cui padrona del cosa faccio, quando e dove sono solo io.

Poi riemergo sorridente, ma quello spazio è salvaguardia per me e per chi mi sta accanto.

PAROLE


Ci sono parole che ho imparato quali pazienza, parlare, attendere.
Pazienza: ci sono voluti anni, in cui la perdevo e ritrovavo.
Anni di allenamento perché il momento in cui la perdevo fosse sempre più lontano. Ma confesso, a volte mi rendo conto che devo ancora allenarmi.

Parlare: ho vissuto in silenzio per anni, poche parole e tanto ascolto. 
Poi ho iniziato, ed è stato un crescendo, stoppata ogni tanto dalle paure e dalle insicurezze, ma non mi sono più fermata. Devo ammettere, però, che negli ultimi anni spesso utilizzo il bonus “silenzio”, lo faccio quando vedo che parlare è inutile.

Attendere: è in qualche legata alla pazienza, ma ne è solo parente.
Ho imparato ad attendere tempi migliori, la luce in fondo al tunnel, il passaggio del dolore che attraversa l’anima per uscire.

Ci sono parole che ho perso tipo fiducia, ingenuità, accondiscendenza.
Fiducia: ne avevo tanta negli uomini, nel mondo, in me a volte.
Poi l’ho persa, forse l’ho utilizzata troppo, e troppo a sproposito. Ho riposto fiducia in situazioni, amori e amicizie, ma quando ho sentito quella lama nella schiena e mi sono voltata, non l’ho più trovata.

Ingenuità: l’ho tenuta con me molti anni, forse troppi.
Seguiva, come una pecorella il cane, “fiducia”, andava di pari passo nel mondo.
Un giorno si è sentita dire: “Non puoi essere così ingenua alla tua età” e ingenuità ha pianto, e nel farlo ha cominciato lentamente a sciogliersi, come un ghiacciolo a ferragosto.

Accondiscendenza: voleva far contenti tutti.
Cercava di tamponare i bisogni e desideri altrui, e per farlo perdeva di vista gli obiettivi che l’anima si era posta, la relegava e spesso imprigionava.

Ci sono parole ambivalenti tipo accettazione, sopportazione.
Accettazione: a volte è positiva, accetti la diversità, il fato, il momento, una visione diversa dalla tua, ma a volte scompare e arriva “intransigenza” davanti a parole quali crudeltà, ingiustizia.

Sopportazione: è come “accettazione” a volte è positiva, ma davanti ingiustizia, repressione, schiavitù, manipolazione, esplode in “ira”.

Poi ci sono parole che non ho ancora imparato, sto ancora vivendo questa vita, cercando di apprenderle.

DI MUTANDE E DINTORNI


A ottobre dell’anno scorso ho ripreso ad andare in palestra, questo in seguito a un’auto progetto di restyling della sottoscritta, iniziato ad agosto.

Appartengo alla categoria che “senza doccia” non riesco ad uscire dalla palestra, e quindi mi ritrovo sempre con altre donne nel post doccia a rivestirmi.
Qui nascono le differenze tra me e loro.

Vedo completi d’intimo di pizzo “mutande reggiseno abbinati” di un sexy cui daresti +9 come voto, e se non sono di pizzo, sono comunque completini che se fossi un uomo dovrei raccogliere gli occhi caduti dalle orbite.

Poi ci sono io.

Mutanda bianca alta della nonna (che tiene calda la pancia d’inverno) e reggiseno beige con spallina grossa della zia (che non lascia solchi doloranti sulle spalle).

Lo so, vi ho dato una bellissima immagine di me.

Poi mi domando come mai non ho trovato l’amore 😉

RISQUE’ BUSINESS: JAPAN


RISQUE’ BUSINESS: JAPAN
Varietà – Talk Show – +16
Anno 2023
Sex Industry, Taboo, Sexual Content
6 episodi da circa 30 minuti
Su: Netflix

TRAMA

è un programma di varietà coreano, quindi non esiste trama, ma solo 6 episodi che spaziano nella cultura e l’industria del sesso in Giappone. 

Condotto dal comico Shin Dong Yup e dal cantante/attore Sung Si Kyung, entrambi coreani.

OPINIONE PERSONALE

Come ho già detto, non sono amante di programmi di varietà e talk show. Ho scoperto questo varietà casualmente e l’ho fatto iniziando con la stagione dedicata a Taiwan, questo mi ha spinto a vedere anche la stagione dedicata al Giappone.

Anche questa stagione mi è piaciuta molto, ma confesso che la mia preferita rimane quella su Taiwan. I due conduttori hanno portato avanti con garbo, gentilezza e ironia gli episodi. Mi hanno fatto osservare le differenze culturali, mentre mi facevano ridere.

In entrambe le stagioni ho amato molto le interazioni con le persone non facenti parte del business legato al sesso, cosa avvenuta più nella stagione dedicata a Taiwan che al Giappone, dove hanno esplorato di più l’industria dell’intrattenimento del sesso.


In questa stagione ho riso molto con gli attori maschili intervistati, e ho deciso di vedere i film porno costruiti su misura dalle donne per le donne con l’attore Ittetsu Suzuki, anzi se qualcuno sa come procurarli, batta un colpo!

Devo dire che sia gli attori (a parte Ittetsu di cui sono ufficialmente innamorata), sia le attrici, in entrambe le stagioni, anche se mi hanno fatto ridere e sorridere, li ho trovati meno spontanei, più legati al ruolo sexy del mestiere; hanno continuato a recitare il ruolo, seppur simpaticamente, legato al loro lavoro.

Se avete voglia di allegria e vedere le facce di due coreani davanti al settore dell’intrattenimento giapponese, è il varietà che fa per voi.

CURIOSITA’

come già scritto, esiste anche una versione di “Risqué Business: Taiwan”.

CONDUTTORI

Le recensioni le trovi anche su facebook. Clicca sulle immagini a fianco e arriverai alle pagine di Diversamente Intelligente e di Drama Universe.

TUTTA COLPA DI TAKA


È tutta colpa sua, ma ha dei complici: Toru, Ryota e Tomoya.

Tutto è iniziato in maniera inconsapevole tempo fa, quando scopro che fanno in tour in Europa gli One Ok Rock, poiché ho bisogno di complici anche io, dico a Paola: “Secondo me ti piacciono”. Detto e fatto, in men che non si dica abbiamo i biglietti per la data del 21 luglio a Milano. Il destino vuole che per cercare questi biglietti, ne troviamo pure due, anello verde, per il concerto dei Muse del giorno dopo, dove gli One Ok Rock fanno apertura.
Vuoi non prendere i biglietti dei Muse che ti cadono così dal cielo?

È iniziato tutto lì. O meglio noi non lo sapevamo, ma è terminato tutto lì. Il vero inizio è stato venerdì 21 luglio a far la fila per ore, sotto il sole cocente sull’asfalto, per poter essere vicine al palco.

Ora io, non so neppure come scriverlo cosa è successo quella sera a me e Paola (che ormai era cotta al punto giusto, come vedete nella foto, cottura al sangue su asfalto), sotto quel palco. Potrei dirvi che è stato amore a prima vista, ma non è vero perché era da tempo che entrambe ascoltavano la loro musica, o che io postavo i loro video, quindi non è amore a prima vista, ma quella sera dopo 73 secondi dal loro ingresso sul palco è iniziata l’era “Prima e dopo Taka”.

Credetemi, noi non ne eravamo del tutto consapevoli e soprattutto non sapevamo ancora quando profondo fosse il “Dopo Taka”. Lo abbiamo scoperto il giorno dopo quando siamo andate al concerto dei Muse. Doveva già insospettirci il fatto che non vedevamo l’ora di andare a San Siro per vedere gli One Ok Rock aprire la serata.

Il 22 luglio siamo partite presto, nonostante avessimo i biglietti numerati e quindi senza bisogno di fare le file, ma abbiamo deciso di unire il piacere al piacere, andando a mangiare (e bere) al ristorante coreano Hana di Milano.

Non è ancora finita, la consapevolezza del “Dopo Taka” non era ancora arrivata.
Finita l’immersione godereccia in Corea, abbiano deciso di nutrire anche la nostra anima con un po’ di arte (poi che tutto ciò fosse anche al coperto e fresco ha aiutato), eccoci a comprare i biglietti a palazzo reale per la mostra di Leandro Erlich, “Oltre la soglia”.

Ci siamo così intinte nell’arte e nella poesia visiva di Erlich, perché noi siamo persone serie, molto serie!

Talmente tanto che abbiamo deciso di far parte delle sue opere e come sempre, la nostra serietà è andata in vacanza in qualche luogo non precisato, senza data di ritorno.

Confesso che abbiamo visitato anche le altre mostre all’interno di Palazzo Reale (vi ho appena detto che siamo persone serie!), e due in particolari mi hanno mosso sensazioni, una di queste è “MariVerticali” di Fabrizio Plessi.

Uscite da Palazzo Reale, ci siamo avviate verso San Siro per andare a vedere con il cuore che palpitava gli One Ok Rock e i Muse, però credetemi, la consapevolezza del “Dopo Taka” non era ancora giunta.

Giunte a San Siro, attendiamo che inizino i gruppi spalla e nel frattempo sistemo l’acquisto fatto (mi ero dimenticata di dirvi anche del salto in libreria) da Mondadori, acquisto dal quale si evince che, noi non lo sapevamo, ma eravamo già contaminate.

Poi finalmente arriva Taka, e ci ritroviamo a scendere le scale per vedere più da vicino. Pochi minuti dopo capiamo che altre persone lo hanno fatto, per lo stesso nostro motivo, gli One Ok Rock. Tutti insieme, diversi, senza conoscerci a saltellare con il cuore in tumulto!

Ah se il mondo funzionasse così, che bello sarebbe, gioire insieme per qualcosa che fa battere il cuore, cercare quello che unisce e non quello che divide. È stato così che ci siamo ritrovati alla fine: due giapponesi, due rumene, una coreana e noi due italiane (la ragazza dietro è imboscata, è la fidanzata del ragazzo a cui abbiamo chiesto il favore “Ci fai una foto?”, quindi in effetti nella foto le italiane sono tre).
Ci siamo scambiati numeri telefonici, email, e frasi tipo: “Nice to meet you”, con dei sorrisi che ancora un pò ci si strappavano le labbra!

Oggettivamente qua abbiamo cominciato a sospettare che avessimo qualcosa che non andava, ma sai com’è, pensi: “Ma va, non sono malata, è il caldo, la stanchezza, è il secondo concerto in 24 ore, ho dormito niente, poi passa”. Invece no. Eravamo già nel “Dopo Taka”, perché sappiatelo è una malattia subdola, quando te ne accorgi è troppo tardi.

Alla fine, con il buio, è arrivato anche il loro momento, i Muse

E lì è stato palese!
È iniziata una nuova era “Il prima e dopo Taka”.
Vi prego nessun insulto, non chiamate psichiatri e non fateci fare il tso, dopo quello che scriverò qua, ma… davvero non so come dirvelo, abbiamo ascoltato le prime canzoni, e noi che saltellavamo come capre impazzite ai loro concerti, siamo rimaste ferme.
Ogni tanto ci guardavamo in silenzio, nessuna delle due proferiva parola, timorose del giudizio dell’altra (non sapendo che l’altra pensava la stessa cosa), guardavamo il cellulare, sfogliandolo distratte, e ve lo giuro, ad un certo punto ci siamo guardate negli occhi (poco dopo la metà del concerto) e ci siamo dette: “Andiamo?”.

Lo abbiamo fatto, ci siamo alzate e siamo andate via. Non erano gli One Ok Rock, non era Taka, e non sentivano nessuna emozione, anzi ci stavamo annoiando.

Ed ora ufficialmente siamo nella nostra era “Dopo Taka”.
Stiamo già guardando se faranno concerti in Giappone, perché noi abbiamo già deciso che andremo in Giappone ad ascoltarli, e speriamo tornino a breve in Europa, perché noi prenderemo tutti i biglietti delle date del loro prossimo tour europeo.

Anzi se qualcuno che legge, e sa/conosce come fare per l’acquisto dei biglietti in Giappone (che non è come da noi) batta un colpo e ci aiuti, perché Paola ed io, sospettiamo che questa malattia sia incurabile, possiamo solo curare i sintomi con la presenza intensa e costante di Taka!

PS: attenzione, io vi avviso, questa malattia è data dalla presenza fisica di loro quattro in vicinanza, dall’energia che emanano tutti loro indistintamente (che non posso spiegarvi con le parole), e dalla voce di Taka e del suo “darsi”.

DISSOLVIMENTO


Il mondo era giunto al termine.
Ogni singolo abitante di quel mondo lo percepì nello stesso identico istante, in fondo in questa realtà, ogni cosa che ha un inizio, ha anche una fine.

La fine era arrivata, tutti lo sapevano, non percepivano paura, ma erano intrisi da un senso di scoraggiamento. Percepivano che non sarebbe stato nulla eclatante, niente dolore, non guerre, non fuoco a distruggere o maremoti a ricoprire, semplicemente ogni essere umano si sarebbe dissolto.

Lei sospirò, non le piaceva questa cosa, ma voltandosi verso lui sorrise e penso: “Almeno andremo via insieme, ci vedremo e ci stringeremo in un ultimo abbraccio”. Fu in quel momento che si dissolsero gli occhi di tutti.

Allora lei capì che non era un’opzione concessa, l’addio a questa terra sarebbe stato in solitudine, ognuno con i suoi ultimi pensieri, ognuno un mondo a se stante, piccole isole separate che erano erose lentamente dalle onde del tempo.

Rimase immobile spaventata da quel pensiero, mentre una parte di lei pensava, non c’è corpo da sentire, e attese, attese che il resto del corpo cominciasse a dissolversi.

Me e i miei strani modi di elaborare con Morfeo le lacrime asciutte

SOLCO


Non ci ho dormito stanotte, mi sono svegliata ogni millanta minuti, sempre quella percezione nel cuore. Nel dormiveglia cercare di capire perché rivedevo immagini senza immagini della serie vista ieri, una serie che mi ha “rubato” (apparentemente) solo sorrisi e risate, e sì, ammetto anche qualche emozione visto che parla di “emozioni”. Cosa mi svegliava e rendeva il mio sonno così tormentato? Perché quel titolo era la prima cosa che pensavo in quei risvegli cadenzati?

Intuirlo stamattina quando il conscio ha occupato il posto dell’inconscio, ma trovare un suggerimento, un promemoria, da lui lasciato.

Le lacrime della protagonista tenute dentro per mesi che si sciolgono in quella stretta, quel lasciarsi andare, quel ricominciare, sapendo nel suo inconscio che è solo un preludio ad un nuovo addio.

Avete mai lasciato qualcuno da innamorati persi di quel qualcuno?

Io l’ho fatto, è una cosa che lascia il segno, talmente tanto e in profondità, che, a quanto pare, bastano pochi fotogrammi per portare in superficie tutto quel dolore, e non basta dirsi che è la stata la scelta migliore, che non avevi alternativa, che era una questione di sopravvivenza emotiva, che sei quella che sei anche grazie a quello, non basta…

La storia è alle spalle, quell’amore è alle spalle, ma quel segno è ancora lì è ha tracciato il solco del mio vivere da quasi vent’anni.

GALLEGGIAMENTI


I pensieri e le parole sanno galleggiare sulla superficie del vino.
(Oh anche gli “stronzi” ma non posso dirlo)

Per saperlo, hai dovuto prima metter a dura prova il tuo fegato, perché l’amore è quello che realmente devasta, non il cuore.

Esci con gli amici e mentre vedi la vita scorrere intorno a te, sorseggi a volte vino a volte cocktail, sperando che prima o poi, uno dei due confonda i tuoi pensieri, ma soprattutto affoghi le tue emozioni.

Per scoprire che le emozioni sono esperte nuotatrici, sguazzano in te, quando non le senti e solo perché si sono tuffate in profondità in tutto quell’alcol, per riemergere più forti e tenaci di prima, divertite dai tuoi inutili tentativi.

Vi fu un tempo così, ora non più, un po’ perché l’alcool non lo reggi più, un po’ perché hai avuto pietà del tuo fegato, un po’ perché il tempo è galantuomo ed è l’unico antidoto alle emozioni.

Chissà, forse speravi di leggere i fondi del vino, come la chiromante legge i fondi del caffè, o ti auguravi di trovare nelle foglie di menta del mojito la tua nuova tasseomanzia.

Confidavi in un’indicazione del tuo futuro, di quando non avresti più sentito quel tormento dentro te, per poi scoprire (dopo anni) che quel tormento era essenza vitale del tuo vivere.

SFUMATURE


Un tempo lontano, ma non troppo, viaggiando in treno e guardando sfumare davanti ai miei occhi il paesaggio, pensai che: “I “viaggi” difficilmente hanno contorni definiti, perché il limite del dettaglio, scioglie le sfumature della vita. Le certezze non appartengono a questo mondo.”

Continuo a viaggiare nella vita così, con i limiti del dettaglio sfumati, navigando a vista tra l’incertezza e il sogno.

Incuto timore molte volte, forse troppe, ma solo a chi non vede le mie sfumature, a chi non scorge, dietro quella mia ruga sulla fronte, un’adolescente mai cresciuta, che ha perso per strada l’incoscienza di innamorarsi ancora.

IL PUNTO DI CAMBIAMENTO


Sei ancora lì, tra i meandri oscuri di quella che è la mia mente, esci random in alcuni notti, quando chiacchiero con Morfeo e sono distratta.

Sei un’illusione cui, come fossi un novello dio, ho dato un corpo, sangue e sudore. Solo che alla fine il dio sei diventato tu. Chissà se hai mai saputo quanto potere avevi su di me.

Hai diviso il mio tempo su questa terra.
Il punto di cambiamento.
Prima di te. Dopo di te.

A volte penso a tutti questi anni passati come lo spreco di una vita perché nel “dopo di te” non ho più amato nessun uomo. Sono consapevole e nel farlo mi do della stupida, m’incolpo di aver creato un mostro invisibile che mi ha tenuto, mi tiene, ancorata a una prigione fatta di finestre aperte.

Capita, però, che a volte penso che questo “dopo di te” mi ha liberato dal dover amare convenzionale, mi ha cresciuto e ha portato la mia visione d’amore su altri piani.
Questa visione è un cellophane intorno al cuore che mi permette di amare senza paura del dolore. Mi ha permesso di amare, tra le altre cose, me stessa.

Poi però ho il dubbio, penso che questo cellophane sul cuore non mi abbia liberato, ha solo spostato la direzione dell’amore che ognuno di noi possiede e ritorno al punto di partenza, avrei potuto vivere meglio, amando di più, vivendo di più, e non l’ho fatto.
Lo spreco di una vita.

Non ho risposte certe. Non la mattina dopo, quando sei penetrato, attraverso il mondo di mezzo, da me. Come sempre aspetterò la sera, quando tutti questi pensieri saranno sciolti o forse si saranno solo ricongelati nei meandri oscuri della mia mente.

Tornerò ai miei drama, ai miei attori e idol, alle mie letture, alle chat con le amiche, alla pizza con gli amici, ai miei progetti, alla leggerezza di vita che ormai cerco.
Riderò e sorriderò, provando a vivere al massimo delle mie capacità, questa vita che mi rimane.