KAFKA SULLA SPIAGGIA


TRAMA

Tamura è un adolescente di quindici anni, è maturo per la sua età, fugge dalla casa paterna e dal padre, uno scultore geniale ma con qualcosa in sé di distorto e maligno. Nel fuggire si sceglie anche uno pseudonimo per non essere trovato, Kafka, si farà chiamare Tamura Kafka.

Nakata è un anziano con qualche problema, nonostante l’età ha il candore e l’ingenuità di un bambino, parla con i gatti, e a causa di un delitto, nel quale è stato coinvolto contro la sua volontà, fugge dal suo appartamento.

Che cosa hanno in comune i due?
Sono entrambi dello stesso quartiere di Tokyo ed entrambi si ritroveranno diretti a Takamatsu, una località del sud del Giappone.

I due si troveranno a seguire, lontani uno dall’altro, dei percorsi in qualche modo paralleli, che a un certo punto s’intersecheranno.

OPINIONE PERSONALE

Una trama ancorata alla realtà che man mano sfuma nell’onirico, una storia che si divide in due, ma che s’intreccia in continuazione, e che manda in confusione (come per i protagonisti) anche il lettore, perché non si capisce bene il confine tra realtà e onirico.

Un romanzo che parla del compimento del proprio destino, e allo stesso tempo alla scelta se compierlo o no. In alcuni punti è davvero inquietante.

Al solito, come mi è accaduto anche con letture più leggere tipo i manga (o visioni come gli anime), mi sorprendo sempre quanto gli scrittori (disegnatori, sceneggiatori, registi) giapponesi, abbiano una vasta conoscenza della cultura occidentale, e di come la intersecano nella loro, creando nuovi “mondi”.  Cosa che raramente accade al contrario.

Il libro di cui parlo in quest’articolo, vince (2006) il World Fantasy Award.

Qualche frase del libro che mi ha colpito in modo particolare:

“la vita umana è caratterizzata da un’estrema solitudine, ma in cui tutti siamo collegati dalla memoria archetipica” 

“La felicità è sempre uguale, ma l’infelicità può avere infinite variazioni, come ha detto anche Tolstoj.”

“Ma la ristrettezza di vedute, la rigidità di chi è privo di immaginazione ha una natura simile a quella dei parassiti. Si trasferiscono da un organismo all’altro, mutano di forma e continuano a vivere e a proliferare.” 

“Cerca di tenerlo a mente: alla maggior parte degli uomini la libertà non piace affatto.”

“Non sarà che ciò di cui ho piú paura è la mia ombra?”

TITOLO E DATI BIBLIOGRAFICI

Kafka sulla spiaggia
io ho letto la versione Kindle, prezzo € 7,99

Esiste anche:
la versione cartacea, Einaudi Super ET, del 2008, prezzo € 15,50
la versione ebook ibs, prezzo € 7,99
la versione Audible da ascolto (per chi la possiede)

AUTORE

Haruki Murakami è nato il 12.01.1949 a Fushimi Ward, Prefettura di Kyoto (Giappone).
È uno scrittore famoso in tutto il mondo, è stato tradotto in circa cinquanta lingue e i suoi best seller hanno venduto milioni di copie.

Dopo un periodo in cui ha vissuto in America del nord, dove ha insegnato in alcune università, agli inizi degli anni 2000 si trasferisce a Oiso (Giappone), dove attualmente ancora vive.

Ha lavorato anche come traduttore, per questo avendo letto scrittori occidentali, per sua stessa ammissione è stato influenzato da loro, in special modo dalle opere di Raymond Carver.

FINCHE’ NON APRIRAI QUEL LIBRO


Milano, vai in piazza Duomo, mangi coreano, dopo non vuoi fare un salto da Mondadori? Le domande, quelle retoriche!

Io e Paola siamo entrate, mentre cercavamo di non acquistare l’intera libreria, dalle labbra della mia amica è spuntato un titolo e la frase: “Secondo me ti piacerà”. Il titolo era “Finché non aprirai quel libro” di Michiko Aoyama. Altra domanda retorica, vuoi che io non l’abbia comprato!?

Il libro racconta la vita di cinque persone.

Uomini e donne con impieghi e interessi difformi tra di loro. Attraverso le loro vite riusciamo a dare uno sguardo ai preconcetti e limiti che ognuno di noi, spesso, ha di se stesso.

Preconcetti e limiti che condizionano negativamente la nostra vita.

Tomoka di 21 anni, Ryo di 35, Natsumi di 40, Hiroya di 30 e Masao di 65 anni. Che cosa hanno in comune tra di loro per far parte dello stesso libro?

Hanno in comune una biblioteca e una bibliotecaria L’aver cercato dei libri su uno specifico argomento, l’aver chiesto aiuto alla Signora Komachi, ed essersi fatti consigliare i libri da lei.

La bibliotecaria ha un dono, sa intuire i bisogni, i desideri, i rimorsi e i rimpianti della persona che le sta di fronte.

La Signora Komachi, consegna i libri sull’argomento da loro richiesti, per poi scoprire che tra i libri ha infilato un libro che non c’entra per nulla!

Eppure sarà quel libro a cambiare la vita di quella persona.

Leggendo i capitoli di Tomoka, di Ryo, di Natsumi, di Hiroya e di Masao, ognuno di noi potrà trovare in qualcuno di loro (se non in tutti) i pensieri che spesso abbiamo fatto. Pensieri limitanti che spesso ci hanno tarpato le ali, e nel farlo ci hanno reso prigionieri di noi stessi.

Anche la conclusione del libro, che ho amato e che non racconto, pone l’accento come tutto sia, alla fine, collegato: cose, persone, libri, e che ognuno di noi influenza (anche senza saperlo) la vita degli altri.

TITOLO E DATI BIBLIOGRAFICI
Finché non aprirai quel libro.
Io ho preso la versione cartacea, Garzanti del 2022, prezzo € 16,00

Esiste anche:
la versione Kindle, prezzo € 9,99
la versione ebook ibs, prezzo € 9,99
la versione Audible da ascolto (per chi la possiede)

AUTORE
Michiko Aoyama è nata nel 1970 ad Aichi, Honshu (Giappone).
Dopo l’università andò a lavorare in Australia, a Sydney, per un giornale giapponese. In seguito è tornata a Tokyo, dove ha intrapreso anche la carriera di scrittrice. Attualmente vive a Yokohama.
I suoi libri hanno ricevuto numerosi riconoscimenti in patria.

Tradotto in italiano, troviamo anche “Mentre aspetti la cioccolata” sempre edito da Garzanti.

PS: il piccolo neko che vedete, che richiama il neko del libro, arriva direttamente dal Giappone. Paola (la mia amica che ho citato sopra), quest’estate ci è andata, e mi ha portato questo regalo.

Il significato della scritta era per entrambe sconosciuto, ma grazie a un giro che passa da Berlino (Progenie), incontra una giapponese (Chieko) e ritorna in Italia da me, abbiamo scoperto che questo è un “fuku-neko” che porta felicità. La scritta significa “La felicità viene alla porta che ride”.

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TUTTA COLPA DI TAKA


È tutta colpa sua, ma ha dei complici: Toru, Ryota e Tomoya.

Tutto è iniziato in maniera inconsapevole tempo fa, quando scopro che fanno in tour in Europa gli One Ok Rock, poiché ho bisogno di complici anche io, dico a Paola: “Secondo me ti piacciono”. Detto e fatto, in men che non si dica abbiamo i biglietti per la data del 21 luglio a Milano. Il destino vuole che per cercare questi biglietti, ne troviamo pure due, anello verde, per il concerto dei Muse del giorno dopo, dove gli One Ok Rock fanno apertura.
Vuoi non prendere i biglietti dei Muse che ti cadono così dal cielo?

È iniziato tutto lì. O meglio noi non lo sapevamo, ma è terminato tutto lì. Il vero inizio è stato venerdì 21 luglio a far la fila per ore, sotto il sole cocente sull’asfalto, per poter essere vicine al palco.

Ora io, non so neppure come scriverlo cosa è successo quella sera a me e Paola (che ormai era cotta al punto giusto, come vedete nella foto, cottura al sangue su asfalto), sotto quel palco. Potrei dirvi che è stato amore a prima vista, ma non è vero perché era da tempo che entrambe ascoltavano la loro musica, o che io postavo i loro video, quindi non è amore a prima vista, ma quella sera dopo 73 secondi dal loro ingresso sul palco è iniziata l’era “Prima e dopo Taka”.

Credetemi, noi non ne eravamo del tutto consapevoli e soprattutto non sapevamo ancora quando profondo fosse il “Dopo Taka”. Lo abbiamo scoperto il giorno dopo quando siamo andate al concerto dei Muse. Doveva già insospettirci il fatto che non vedevamo l’ora di andare a San Siro per vedere gli One Ok Rock aprire la serata.

Il 22 luglio siamo partite presto, nonostante avessimo i biglietti numerati e quindi senza bisogno di fare le file, ma abbiamo deciso di unire il piacere al piacere, andando a mangiare (e bere) al ristorante coreano Hana di Milano.

Non è ancora finita, la consapevolezza del “Dopo Taka” non era ancora arrivata.
Finita l’immersione godereccia in Corea, abbiano deciso di nutrire anche la nostra anima con un po’ di arte (poi che tutto ciò fosse anche al coperto e fresco ha aiutato), eccoci a comprare i biglietti a palazzo reale per la mostra di Leandro Erlich, “Oltre la soglia”.

Ci siamo così intinte nell’arte e nella poesia visiva di Erlich, perché noi siamo persone serie, molto serie!

Talmente tanto che abbiamo deciso di far parte delle sue opere e come sempre, la nostra serietà è andata in vacanza in qualche luogo non precisato, senza data di ritorno.

Confesso che abbiamo visitato anche le altre mostre all’interno di Palazzo Reale (vi ho appena detto che siamo persone serie!), e due in particolari mi hanno mosso sensazioni, una di queste è “MariVerticali” di Fabrizio Plessi.

Uscite da Palazzo Reale, ci siamo avviate verso San Siro per andare a vedere con il cuore che palpitava gli One Ok Rock e i Muse, però credetemi, la consapevolezza del “Dopo Taka” non era ancora giunta.

Giunte a San Siro, attendiamo che inizino i gruppi spalla e nel frattempo sistemo l’acquisto fatto (mi ero dimenticata di dirvi anche del salto in libreria) da Mondadori, acquisto dal quale si evince che, noi non lo sapevamo, ma eravamo già contaminate.

Poi finalmente arriva Taka, e ci ritroviamo a scendere le scale per vedere più da vicino. Pochi minuti dopo capiamo che altre persone lo hanno fatto, per lo stesso nostro motivo, gli One Ok Rock. Tutti insieme, diversi, senza conoscerci a saltellare con il cuore in tumulto!

Ah se il mondo funzionasse così, che bello sarebbe, gioire insieme per qualcosa che fa battere il cuore, cercare quello che unisce e non quello che divide. È stato così che ci siamo ritrovati alla fine: due giapponesi, due rumene, una coreana e noi due italiane (la ragazza dietro è imboscata, è la fidanzata del ragazzo a cui abbiamo chiesto il favore “Ci fai una foto?”, quindi in effetti nella foto le italiane sono tre).
Ci siamo scambiati numeri telefonici, email, e frasi tipo: “Nice to meet you”, con dei sorrisi che ancora un pò ci si strappavano le labbra!

Oggettivamente qua abbiamo cominciato a sospettare che avessimo qualcosa che non andava, ma sai com’è, pensi: “Ma va, non sono malata, è il caldo, la stanchezza, è il secondo concerto in 24 ore, ho dormito niente, poi passa”. Invece no. Eravamo già nel “Dopo Taka”, perché sappiatelo è una malattia subdola, quando te ne accorgi è troppo tardi.

Alla fine, con il buio, è arrivato anche il loro momento, i Muse

E lì è stato palese!
È iniziata una nuova era “Il prima e dopo Taka”.
Vi prego nessun insulto, non chiamate psichiatri e non fateci fare il tso, dopo quello che scriverò qua, ma… davvero non so come dirvelo, abbiamo ascoltato le prime canzoni, e noi che saltellavamo come capre impazzite ai loro concerti, siamo rimaste ferme.
Ogni tanto ci guardavamo in silenzio, nessuna delle due proferiva parola, timorose del giudizio dell’altra (non sapendo che l’altra pensava la stessa cosa), guardavamo il cellulare, sfogliandolo distratte, e ve lo giuro, ad un certo punto ci siamo guardate negli occhi (poco dopo la metà del concerto) e ci siamo dette: “Andiamo?”.

Lo abbiamo fatto, ci siamo alzate e siamo andate via. Non erano gli One Ok Rock, non era Taka, e non sentivano nessuna emozione, anzi ci stavamo annoiando.

Ed ora ufficialmente siamo nella nostra era “Dopo Taka”.
Stiamo già guardando se faranno concerti in Giappone, perché noi abbiamo già deciso che andremo in Giappone ad ascoltarli, e speriamo tornino a breve in Europa, perché noi prenderemo tutti i biglietti delle date del loro prossimo tour europeo.

Anzi se qualcuno che legge, e sa/conosce come fare per l’acquisto dei biglietti in Giappone (che non è come da noi) batta un colpo e ci aiuti, perché Paola ed io, sospettiamo che questa malattia sia incurabile, possiamo solo curare i sintomi con la presenza intensa e costante di Taka!

PS: attenzione, io vi avviso, questa malattia è data dalla presenza fisica di loro quattro in vicinanza, dall’energia che emanano tutti loro indistintamente (che non posso spiegarvi con le parole), e dalla voce di Taka e del suo “darsi”.

LA VEGETARIANA


Chi mi conosce, sia nel reale sia nel virtuale, sa che negli ultimi due anni la mia passione con la Corea (ma non solo) ha avuto una lenta, ma costante, escalation.

Partita dalla visione di un drama su Netflix (una serie aperta per caso in un momento “Devo aspettare dieci minuti che faccio?”), mi ha portato prima in un tunnel senza fine, tanto che questo tunnel alla fine lo sto arredando, e poi ad essere avidamente curiosa delle loro usanze, della loro lingua, della loro storia, delle loro poesie, dei loro scrittori.

La vegetariana è stato il mio primo libro coreano.
L’autrice Han Kang classe 1970 è esplosa in occidente con questo libro.
Non conosco così bene il mondo letterario coreano e quello che di seguito trovate scritto, sono solo le sensazioni e le idee che questo breve libro ha fatto nascere in me.

Tenete sempre ben presente la mia ignoranza sulle dinamiche sociali e psicologiche che un’occidentale come me, ha sulla loro cultura, ignoranza che potrebbe inquinare la visione della storia.

Moka, il mio micione nero, mi aiuta a presentarvi il libro
(Si tutto rosa, divano e libro)
(anche i miei capelli sono rosa attualmente)

Dal mio punto di vista il libro si suddivide in tre parti. Nella parte iniziale sono esposti i pensieri del marito della “Vegeteriana”, in quella centrale entrano in gioco le azioni e i pensieri del cognato della “Vegetariana” e nella terza e ultima entrano le emozioni e i pensieri di Kim In-Hye sorella della “Vegetariana”.

Il filo conduttore rimane sempre lei, Yeong-Hye, “La Vegetariana”. Attraverso il suo fare e, sopratutto, il non fare, diventiamo osservatori di una società e delle emozioni di tre personaggi diversi e di come si rapportano con gli altri e con il mondo.

Nella prima parte ho faticato ad immedesimarmi, un moto di ribellione alle dinamiche mi permeava, e forse questo vuol dire invece dire che mi ero immedesimata e che la lettura mi aveva coinvolto. La seconda è quella in cui ho ritrovato un modus operandi letto anche in storie occidentali di eros sublimato in modo da viverlo. La terza, seppur permeata di tristezza è quella che ho amato di più. Nella terza si comprende bene del mutamento di Yeong-Hye, e la figura marginale della sorella diventa attore.

E’ un libro che racconta emozioni più che storie, ma non delicatamente, ma in modo cruento a volte psicologicamente violento, mentre un ambiente esterno duro e insensibile veste l’involontaria protagonista. Per certi versi mi ha fatto pensare al libro “La noia” di Moravia, anche se i due non hanno nulla in comune, a parte questa umanità che sopravvive a se stessa.

Ho fatto fatica a capire alcune dinamiche, ma credo questo dipenda dalla diversa formazione mentale e sociale di chi vive a Seul piuttosto che a Roma.
Confesso che mi sarebbe piaciuto (mi piacerebbe ancora) conoscere chi invece questa formazione sociale e mentale l’ha dalla nascita, per confrontarmi e capire quanto dipenda, il mio trovare aliene alcune dinamiche, dal mio essere occidentale o quanto invece è volutamente costruito dalla scrittrice.

Se vi piacciono i libri che scandagliano l’animo umano, questo libro potrebbe fare per voi.

Non vi dico edizione, pagine o altro, se cercate in rete, ne troverete più di una. Personalmente ho comprato un usato, spesso regalo una seconda vita ai libri dismessi da altri.

SFOGLIAMI


Se leggete solo i libri che stanno leggendo tutti gli altri, state pensando solo ciò che chiunque altro sta pensando.

E’ una frase tratta da un libro, Norwegian Wood, di uno scrittore giapponese che non conoscevo (e non conosco ancora, poiché l’unica cosa che ho letto è questa frase), Haruki Murakami.

Credo che questa frase mi abbia colpito per più di un motivo. Sicuramente uno di questi è che mi son resa conto di quanto tempo sprechiamo sui dispositivi elettronici, siano essi smartphone o smartv. Siamo un mercato formidabile per le loro pubblicità, mentre il nostro sistema neuronale muore d’inedia.

Un’altro è perché mi ha riportato ad un periodo lontanissimo della mia vita. Intorno ai nove anni, scoprii un luogo magico. La biblioteca pubblica. Fu amore. Un amore totalizzante. Io non giocavo con gli altri bambini, leggevo i libri.

Il mio uscire era diretto sempre alla biblioteca. Entravo in quell’edificio dalle mura altissime. Superate le prime due porte mi ritrovavo in una stanza con un tavolo e la bibliotecaria. Di fronte a lei, a un paio di metri di distanza, sulla parete gli schedari dei libri. Dei lunghissimi cassetti ricoprivano la parete ad altezza uomo.

Sorridevo alla bibliotecaria, le giravo le spalle e andavo davanti ai cassetti. Random li aprivo, tre diversi, e pescavo una scheda a caso.
Quei pezzetti di carta consunta scritta a mano erano il mio biglietto aereo per il mondo. Se il titolo mi piaceva lo tenevo, altrimenti pescavo ancora nello stesso cassetto. Quando ne avevo tre (il massimo consentito) tutta impettita e orgogliosa, andavo al tavolo e li consegnavo alla bibliotecaria. Lei spariva e poco dopo tornava con i libri. Non libri per bambini, ma i libri degli adulti, che a me delle figure colorate non importava nulla.

Davvero non so come potervi spiegare quel momento fatto d’intensità, eccitazione, desiderio, bramosia e felicità. Avevo ben tre libri da leggere tutti per me. Era come se davanti a me si dipanassero tutte le possibilità del mondo e io potessi pescarne a piacere. Solo a riscriverne mi risale quella sensazione dentro.

Io i libri non li leggevo, ci cadevo dentro.

Ho letto tanto, ma tanto, fino a che il lavoro non ha assorbito la maggior parte del mio tempo. La vita mi ha spintonato e fatto capire che quella realtà fuori dai libri dovevo affrontarla prima o poi. Lavoro, persone, esperienze, studio, riposo, figli, amore, tutto da stipare in sole 24 ore, e i libri sempre più in fondo, schiacciati dalla parola dovere.

Ho letto così tanto da bambina che l’oculista disse a mia madre che dovevo smettere di leggere, affaticavo troppo gli occhi. Mia madre mi proibì la lettura per un periodo, e io mi nascondevo sotto le coperte con una pila a leggere.

Avevo una media di tre libri ogni dieci giorni. Amavo i libri con tante pagine, così avevo molto più da leggere.
I nomi dei libri, dopo averli letti, sparivano dalla mia mente. I nomi degli scrittori, mi spiace per i loro ego, mi entravano dalla pupilla dell’occhio sinistro e uscivano immediatamente da quella dell’occhio destro. Ciò che contava era solo quel libro, quella carta con le parole scritte. E questo, tranne rare eccezioni accade anche oggi.

Non so da dove nascesse questo profondo amore per i libri, non appartengo a una famiglia di lettori, anzi.
So però, che sono fatta di pagine di carta lette negli anni, pagine come foglie autunnali, si sono depositate nella mia psiche accanto alla mia anima.
So però, che spesso vedo le persone come libri, a volte bellissimi, a volte un pò meno. Ma sono “libri” con storie che non conosco e che potrebbero farmi vedere mondi che altrimenti non vedrei mai.
So però, che a volte mi capita, mi si accende la speranza che qualcuno veda me come un libro, e che a quel qualcuno ho voglia di dire “sfogliami”.

PS: Ho detto sfogliami, non spogliami!
(che qualcuno di voi lo conosco)

COGITO, ERGO SCLERUM


Penso che dovrei staccare, dall’anta interna della cucina, il foglietto con scritto gli orari e le medicine che Micio prendeva. E’ lì da anni e neppure lo guardavo più. Un promemoria per ricordarmi di ricordare che non avevo bisogno di un promemoria.

Penso che non sono ancora pronta a farlo. Staccare quel foglietto 11×14 è come staccarmi un lembo di pelle lacerata.

Penso che dovrò farlo prima che ritorni Progenie.

Penso che Progenie è lontana e cambia ed io non vedo il suo mutamento. E lei non vede il mio, anche se muto più lentamente di lei.

Penso che il “nocciolo” delle persone è dato nel momento in cui ci si adagia nel ventre, e non muta. Quello che mi manca è vedere i “semi” che ha deciso lasciar germogliare.

Penso che il mio tempo è prezioso, e mi sembra di sprecarlo, tra tasti della tastiera e della calcolatrice, mentre ascolto telefonate che irritano la mente. Dover trovar così tanto tempo per il “fuori” e averne così poco per il “dentro”.

Penso che il coraggio di mollare tutto ancora non ce l’ho. E mi tartasso un pò per questo.

Penso che certi libri andrebbero letti due volte, forse tre, per capire veramente cosa vi è scritto in ogni riga e comprendere di cosa è impregnata la carta. Eppure son mesi che neppure riesco a finirne uno. Leggendo creavo mondi in cui mi perdevo. Mi mancano.

Penso che amo la vita, profondamente, più divento grande, più vedo la sua infinita bellezza (pur sapendo i demoni che si celano nelle sue ombre), ma che non la vivo. Mi son messa ai bordi e la vedo scorrere.

Penso che sarei dovuta nascer farfalla, tante son le volte che mi son rinchiusa a bozzolo e son nata poi a nuova vita.

Penso che spesso le mie parole scritte non son altro che questo, i filamenti dei bozzoli, in cui mi rinchiudo, per poi un giorno leggermi e scoprirmi diversa.

Penso che penso troppo. Anzi penso che penso e mi ascolto con il cuore, ma lascio parlare anche lui e la psiche ha imparato ad ascoltarlo. Penso che se non fosse così, non si spiegherebbero quelle risate nascoste nelle pieghe della saudade con cui sono costruita.

Penso che è ora che smetta di scriver questo post. Io e la mia capacità di segaiolità mentale, non abbiano limiti.

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COSE CHE FACCIO


Cose che faccio:

avere nell’iphone le previsioni della mia città e di Berlino, per sentirmi un po’ più vicina a Progenie

fermare l’auto bordo strada per scrivere il pensiero improvviso che mi è venuto

permettere alla musica di portarmi, in un attimo, dentro un’emozione antica

aver voglia di urlare la rabbia e rimanere silente

ballare da sola, in casa, sulle note di “Sofia” di Alvaro Soler, mentre tutti i miei gatti arrivano a veder che faccio, e rider con loro

comprare libri e non trovare tempo per leggerli

sapere che far una cosa è uno sbaglio e farla lo stesso

scrivere, perché per me è come respirare, quando la vita l’aria un po’ me la toglie

vivere, o almeno provarci, al meglio questa vita
Photo by Alicia Savage

INNAMORATA


Tra il runner in palestra e il divano (copertina annessa), Coelho dopo molto è tornato a far parte del mio spazio.

Mentre leggevo il suo ultimo libro, la domanda che continuava a infilarsi tra una pagina e l’altra e che mi riproponevo di fargli era “Ma perché lo hai scritto?”.

E’ uno dei miei autori preferiti. Il mio amore per lui credo sia dipeso dal primo libro che mi arrivò tra le mani. Letto in pochissimo tempo, con una grande illuminazione sulla mia vita alla fine.

Lo ammetto, io quello scrittore più che leggerlo, lo uso. Lo uso per leggere me stessa.

In fondo la domanda vera, ora lo so, è “Ma perché l’ho letto io?”

Nel frattempo che mi do una risposta, che credo già in parte di sapere, sappiate che ieri mi hanno domandato: “Ma che bel sorriso! Ma sei innamorato di un uomo o della vita?”.

Qui la mia risposta è stata senza esitazione: “Della vita”.

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SILENZIO


I primi 16 anni della mia vita li ho passati in silenzio. Poca musica e molti scritti, miei e altrui. Libri, tanti libri.

Osservavo il mondo tramite loro e gli occhi.
Photo by Bastien HaJDuk

Poi la spinta della natura mi ha portato in un luogo che non mi apparteneva e lentamente ho aperto al mondo il mio mondo. Chissà forse avrei fatto meglio a far come Emily Dickinson. Ancora oggi son so, se son stata più coraggiosa di lei, o solo più incosciente.

Più crescevo più parlavo, fintanto che il suono delle mie parole ha ricoperto ogni mio incedere nelle vita e mi ha confusa.

Ho appreso nel silenzio. Credo sia per questo che ho ripreso ad usarlo.
Sono stanca di parole vuote, di persone che si (mi) assordano di se stesse, per non pensare a se stesse.

Mi manca il privilegio di osservare il mondo attraverso gli occhi, senza esser strattonato da esso.

DI ANIME, DI LIBRI E DI STEFANIA


Ci sono anime che ti accompagnano nei secoli. Legami antichi che si intrecciano fin dall’origine. Li senti, li percepisci, alcuni son tormentati, contorti e ogni volta che li incroci in qualche modo dolorosi, perché non riesci ancora a risolverli e li rimandi a una vita futura. Altri no.

Altri son legami di luce. Connessioni e patti scritti nell’amore. Alleanze d’amore. Anime che si ritrovano nel corso della vita ad un certo punto, si riconoscono, è quella sensazione a pelle, difficile da spiegare con le parole. Le riconosci. Punto.
Quando sei nelle “vicinanze” di quella persona, tutto appare più semplice, risolvibile, luce che illumina le nostre paure e i nostri lati oscuri. In qualche modo anche la parte della nostra anima in tormento si accetta.

Questi legami non sono moltissimi in una vita.  Un’attrazione irresistibile mi porta verso loro.

LEI è una di loro. Lei è un legame di luce, l’ho vista e percepita la prima volta, come lei ha visto e percepito me, tra le interlinee che separano le parole scritte.

Non so dire, come quando e perché. Non so dire in quale secolo, in quale situazione e chi o cosa. Sento il legame di luce, come fosse un diapason che vibra nel cuore.

Questo sabato appena passato son riandata a trovarla alla presentazione del suo (secondo) libro a Coccaglio. Andrò ancora il 20 all’Alveare a Milano. Può sembrare che faccia promozione, ma non lo è, o meglio un pò lo è, ma è un invito a conoscerla personalmente a parte i suoi libri, vi invito a conoscere lei come persona.

Comunque i suoi libri io li letti chiaramente, e come potete vedere anche una parte della mia famiglia felina li apprezza.

Loki predilige "IoAmo"
Loki predilige “IoAmo”

Moka ha una preferenza per "Bocca di Lupa"
Moka ha una preferenza per “Bocca di Lupa”

PS: Grazie al Chiwaz che questo sabato mi ha accompagnato alla serata di Coccaglio e con me ha ascoltato le parole del libro di Stefania. Lo ringrazio perché lui amante degli Iron Maiden e dei Metallica ha ascoltato senza smetter di volermi bene le romanze liriche e il violino 😉

PPS: correzione da Iron Man a Iron Maiden effettuata dopo ore di figura barbina, grazie a Letture Disoccupate, senza il quale avreste continuato a prendermi in giro per la mia ignoranza in tale materia