SHIKOKU: treni, sorrisi, scorci rubati.


La mattina siamo andati in stazione. La mia prima volta con un treno ad alta velocità, destinazione Shikoku. A Takamatsu ci aspettava Maurizio del Centro Culturale Italia Giappone Sicomoro. L’associazione con cui, incautamente o fortunatamente per le mie sinapsi, ho iniziato a studiare giapponese l’anno scorso.

Non avendo prenotato nessun Shinkansen, di volta in volta prenotavamo il biglietto e il posto, abbiamo dovuto aspettare il primo con i posti prenotabili. Poco male: avevamo così parte della mattina libera davanti a noi, da spendere in un altro quartiere di Tokyo. Cosa che abbiamo fatto visitando Shinagawa.

Non sono riuscita a visitarla, o a vistare quello che la contraddistingue da altri quartieri quali l’acquario e l’ippodromo. In compenso, sono “inciampata” in qualche tempio e santuario.

Quindi ho anche il goshuin dello Shinagawa Shrine. Un Santuario che tu passi dalla strada e non vedi niente, sali qualche scala et voilà, Torii e luoghi immersi nel verde.

Siamo riusciti a fare anche una piccola capatina allo Sengaku-ji Temple, un tempio davvero incastonato tra i palazzi della città.

Infine siamo tornati alla stazione per salire sul nostro Nozomi che in tre ore ci avrebbe portato a Okayama, dove da lì avremmo preso il Marina Line che, a sua volta, in un’ora ci avrebbe portato a Takamatsu.

Il viaggio sullo shinkansen, non so spiegarvelo. La velocità del Nozomi arriva a 300km/h, quella media di 285km/h. Il treno è silenzioso, nessuna vibrazione e se non fosse per lo scorrimento velocissimo delle immagini ai finestrini, non ci si renderenne conto di nulla.
Ancora una volta ho apprezzato l’educazione giapponese: treni silenziosi, nessuno che mi facesse sentire i cavoletti di Bruxelles suoi ad alta voce. E nessun bambino urlante, che non guasta mai.
Io mi sono rilassata guardando un film sul tablet e, alla fine del viaggio ho “legato” con un bambino che, forse curioso dei capelli rossi abbinati a una lingua diversa, voleva sapere da dove venivo.

Siamo arrivati a Takamatsu che il sole era già tramontato.

Permettetemi di usare questo post anche per ringraziare di cuore Matteo in Europa, Maurizio e Brunella in Giappone. Tutti del Centro Culturale Italia Giappone Sicomoro.
Grazie a Matteo ho avuto un grande aiuto e supporto per la costruzione del mio viaggio 2025 in Giappone. Grazie a Maurizio e a Brunella, ho avuto la possibilità di conoscere luoghi, vivere dei momenti con loro, conoscere persone che altrimenti da “semplice turista” non avrei mai conosciuto. Ho avuto gentilezza, disponibilità e accoglienza. che non do mai per scontata. Con loro tre la conoscenza è andata oltre; è una linea di amicizia che è nata e spero perduri nel tempo.

Per questo mi permetto, e vi assicuro che non ho nessun tipo di ritorno nello scriverlo, di dire che se volete apprendere la lingua giapponese, sia in gruppo sia da soli, se volete conoscere qualcosa di più del Giappone, se volete farvi aiutare in un viaggio, fate un salto nella loro pagina. Se v’interessa associatevi e parlate con Matteo.
Se cliccate sull’immagine dell’associazione qua sotto arrivate direttamente al loro link:

"Clicca

Takamatsu ci ha accolto con il buio, ma con un tripudio di luci, oserei dire quasi natalizie, e con la calorosa accoglienza di Maurizio, che è venuto fino alla stazione per poi accompagnarci all’albergo.

Noi poi siamo usciti per andare alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti e per farlo abbiamo percorso le Shōtengai1 che a Takamatsu sono moderne e luminose. La serata è proseguita con la nostra cena a base di Udon, un piccolo giro al kombini e ritorno alla nostra camera, dove… ahi ahi… mi è scoppiato il raffreddore, giusto per non farmi mancare niente!

Il nostro arrivo nello Shikoku si concludeva così, in questa isola che ho amato molto, e nella quale ci siamo fermati qualche giorno. Ma questa è un’altra storia.

Ho poche immagini di quel giorno perché praticamente siamo stati sempre nei mezzi di trasporto. Però anche anche all’interno del Marina Line qualcosa d’interessante da fotografare l’ho trovato.

  1. Gli Shōtengai sono le vie commerciali coperte, tipiche di ogni città o quartiere giapponese. Si trovano negozi di ogni genere: vestiti, alimentari, farmacie, supermercati, ristoranti e servizi di altri generi. Tutto ciò che può servire per la vita quotidiana, negli Shōtengai lo puoi trovare. ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

SHIRAHAMA (Oceano pacifico e onsen)


Abbiamo salutato Kyoto con questo azzurro, la nostra meta finale era Shingu, ma avremmo fatto tappa a Shirahama, sull’oceano pacifico, e questo azzurro era l’ideale per quello che avevamo in mente.

Kyoto Tower

Arrivate a Shirahama stazione, abbiamo preso un bus che ci avrebbe portato qualche chilometro più avanti, dove ci aspettava un onsen a cielo aperto fronte oceano.
Non ho foto dell’onsen e/o all’interno perché (chiaramente) è vietato scattare foto, essendo tutti nudi come mamma ci fece. Noi siamo andate a un onsen pubblico, quindi con separazione uomini-donne. In particolare questo onsen era frequentato solo dagli abitanti del luogo (i posti migliori) e costava pochissimo, 500¥ che al cambio diventavano 3€.

Saki-no-Yu Onsen

Questo era il primo ingresso, si scendeva ancora una ventina di metri e ti trovavi fronte oceano, al vero ingresso dell’onsen.

L’onsen è una sorgente termale naturale d’acqua geotermale calda della terra (il lato positivo dei vulcani).  L’acqua degli onsen giapponesi è considerata tra le più curative al mondo.  Cosa fa? Tra le tante cose, migliora la circolazione sanguigna, abbassa lo stress, aiuta nei dolori articolari e fa diventare la pelle più sana e bella.

C’è un’etichetta per entrare negli onsen: lavarsi prima di entrare e una volta entrati essere rispettosi degli altri, quindi non parlare a voce alta, non nuotare, non fare spruzzi e tenere i capelli legati lunghi in modo che non entrino nell’acqua.

In alcuni onsen è vietato entrare con i tatuaggi. Io e Paola siamo portatrici sane di tatuaggi, prima di entrare abbiamo chiesto se potevamo farlo; in questo era possibile (ormai moltissimi permettono i tatuaggi).

Consigliano di non restare in acqua troppo a lungo (io non sarei mai uscita), perché immersioni prolungate possono disidratare (pare assurdo poiché si è in acqua). Le donne locali, di tutte le età dai pochi anni agli ottanta, infatti, rimanevano 10/15 minuti, e poi uscivano. Inoltre sarebbe meglio non lavarsi una volta terminato, così che i minerali contenuti nell’acqua termale continuino a lavorare sulla pelle.

Uscite dall’onsen abbiamo fatto un giretto lì intorno, anche alla ricerca di un kombini. Non avete idea di quanto io ami questi paesini, dove il decadente e il lussuoso, coabitano senza problemi a distanza di pochi metri.

Come la chiamano loro Wabi Sabi? La bellezza dell’imperfezione e della transitorietà.
Forse vi parrò strana, ma io trovo una poesia struggente in questo, forse complice anche un carattere con una vena varicosa di malinconia, fin dalla nascita.

Non solo, a volte trovi il kitsch, che ti domandi perché e trovi tombini che vorresti portarti a casa.

Alla fine siamo riuscite a trovare un 7-eleven dove comprarci la cena (saremmo arrivate tardi a Shingu, nel nostro hotel tempio) e la merenda. L’onsen ci aveva messo una fame incredibile. E lì ho trovato un pezzo di Italia, che mai avrei pensato di trovare in un paesino della prefettura di Wakayama.

Con la cena e la merenda nel sacchetto siamo ritornate alla stazione per prendere il treno che ci avrebbe condotto a Shingu. Non so se lo sapete, ma in Giappone non puoi mangiare camminando. Puoi solo nelle aree attrezzate (se ci sono, e non sempre ci sono) dei kombini o dei locali che vendono cibo. Quindi eravamo in stazione con una fame tremenda e la non possibilità di mangiare. Abbiamo visto delle panchine imboscate e abbiamo chiesto al capostazione se potevamo mangiare lì. Lui gentilissimo ci ha dato il permesso, praticamente eravamo accanto alla zona fumatori (è vietato anche fumare all’aria aperta se non nelle apposite zone).
Ragazzi, nonostante il permesso, mi sembrava di commettere un atto altamente illegale!

Finita la merenda, avendo ancora molto tempo prima dell’arrivo del treno, abbiamo deciso di fare un giro della zona, e siamo piombate in un anime di Makoto Shinkai.

Magliette appese alla finestra ad asciugare,
è stato un attimo sentirsi dentro un anime di Makoto Shinkai

Passeggiavamo in questo paesino di campagna nel nulla, silenzioso e solo con noi che camminavamo, con immagini davvero da anime.

All’improvviso, tra magliette stese al vento ad asciugare, distese di campagna verde e arance che maturavano lungo la strada, è partita in lontananza, ma ben udibile, la campanella della scuola.
Se non siete otaku (grandi o piccole che sia), se non avete visto almeno un anime, non potete capire la commozione di sentire quell’inconfondibile suono, la campanella della scuola (uguale in tutto il Giappone), quella che segna l’inizio e la fine della scuola (quindi noi sapevamo che erano le cinque del pomeriggio).
E niente… piombate del tutto nel mondo di Makoto Shinkai e Hayao Miyazaki!

Dopo esserci riprese dall’intenso momento di commozione della campanella, siamo ritornate alla stazione, dove ci aspettava il treno.

Ve l’ho già detto che amo i Giapponesi vero?

Questa era la stazione e il treno che in tarda serata ci avrebbe portato a Shingu, ma questo è un’altro post.