TI VOGLIO BENE


Il “ti voglio bene” per me è una frase difficile, per me dirla vuol dire esporre la parte più indifesa e delicata di me.

E’ una frase complicata per le mie labbra, non perché non lo pensi o non lo provi ma solo per quella tremenda sensazione che nel dirlo squarcio un attimo la mia corazza, ritrovandomi “nuda” davanti al mondo.

L’altra sera sono uscite da sole, inaspettatamente anche per me, in quell’abbraccio di saluto post pizza e birra. Avrei voluto dirti anche cosa quel “ti voglio bene” conteneva, ma non sono andata oltre.

Avrei voluto dirti che anche se ci si vede random, perché il nostro quotidiano ci riempie d’impegni e doveri, in questa mia vita io ti sento presente, da anni, a differenza di tante altre persone.

Avrei voluto dirti che mi ricordo ancora quando alla tua festa di laurea mi hai chiesto la macchina fotografica con cui immortalavo la festa, e al momento della stampa, sei chiappe di cui due tue, erano presenti.

Avrei voluto dirti quanto sia ancora presente il ricordo di quando ci hai accompagnato (me e Progenie, agendo d’istinto e d’impulso, chiedendo un permesso al lavoro) in un lungo viaggio in auto, salvandoci da una situazione pesante, in cui portavamo il corpo materico di mia madre nella terra delle sue origini.

Avrei voluto dirti che sei entrato in questo cuore in maniera definitiva, permanente e indelebile quando dopo la morte di mia madre, tu l’unico, sei stato presente non a parole ma con i fatti; per oltre una settimana con il sacchetto della spesa, arrivavi a casa da me e cucinavi per me e Progenie.

Avrei voluto dirti che, quando ormai adulta e con una figlia a sua volta adulta, ho avuto un “ritardo di quasi un mese”, tu sei stato l’unico, quello con cui uscivo e parlavo a cuore aperto del mio terrore, poi rientrato.

Avrei voluto dirti che mi ricordavo anche le serate alcoliche, i tuoi compleanni in posti improponibili, il tuo non dire e comprimere quello che provi, il tuo tenere tutto dentro per non pesare sugli altri, ma che io vedo.

Avrei voluto tante altre cose, ma è uscito solo quel veloce “ti voglio bene” mentre ti abbracciavo e salutavo.

E tutti quei “ti voglio bene” non detti l’altra sera, te li dico ora, da lontano, così non mi prendi in giro (perché lo faresti) e così non mi vergogno io, di mostrami “nuda” nei miei sentimenti.
Oggi trovo il coraggio e mi mostro “nuda” al mondo per dirtelo, amico mio

TI VOGLIO BENE

(e ora vado a nascondermi da qualche parte)

I PIEDI NEL CUORE


Sai è una giornata strana oggi, tra il desiderio di fanculizzare il mondo intero e lo stemperarmi in un abbraccio.
Del resto, lo sai, io son sempre stata quella delle contraddizioni insite, del si e del no, del prendimi e del stammi lontano.
Ho ossimori attaccati alla catena del dna, del resto anche lei è duplice.

E’ così oggi. Con voce flebile ho detto al telefono “Ti voglio bene”, ripetuto, in un addio che mi incrina e mi scioglie nella dolcezza, e nello stesso tempo mi domando come posso far parte di questo baraccone chiamato terra.
Apro il cuore e poi costruisco lastre di ghiaccio.

A volte il dotto non è un sapiente, ma solo il santo graal delle nostre lacrime.
Se ci pensi, le lacrime son come me, piene di contraddizioni, escono quando senti dolore e anche quando senti gioia.

Mi adagio sui miei pensieri e affondo i piedi nel cuore.
Non so ancora leggere le note, la vita la suono a orecchio.
Piano