THE PINK BAG


Uno dei miei gatti per “segnarmi” e far sapere agli altri cinque che sono “sua”, mi ha fatto pipì sulla borsa. Chi ha gatti sa cosa vuol dire l’odore della pipì dei gatti, chi non li ha, fidatevi, anche con il raffreddore sentireste l’odore. Scrivo solo ciò come premessa per dire che per colpa (o grazie) di ciò ho buttato via la borsa che avevo e son andata a recuperarne un’altra nell’armadio.

E lì l’ho ritrovata, sapevo che c’era, non la usavo mai per paura di rovinarla. Era rimasta una decina d’anni nella sua custodia al buio. Una borsa primaverile estiva rosa chiaro. Una borsa che mi piaceva così tanto, che il semplice usarla mi faceva sentire più bella. Quindi mi son detta, ma dai usiamola, e l’ho rimessa in uso.

Lasciata senza il suo scopo, lasciata lì, nella custodia senza utilizzarla e nel momento in cui lo faccio, dopo aver rinunciato a usarla per paura di rovinarla, dopo aver pensato di volta in volta: “No, poi la macchio… poi si sciupa… poi la distruggo”.
Dopo tutta questa attenzione per preservarla, dopo tutto questo rinunciare per non logorala, dopo tutto ciò la borsa è rovinata… di vecchiaia e inutilizzo. Perde pezzetti di se nel semplice uso senza averla mai vissuta.

Questa borsa è la metafora della mia vita.

Bisogna vivere quando è il momento, e io non ne sono ancora capace.

ORA


Se una foto è molto bella, diciamo “Sembra un dipinto”.

Se un dipinto è molto bello diciamo, “Sembra una foto”

Di base pensiamo che il meglio sia sempre qualcos’altro, da qualche altra parte, in un altro momento.

Quindi viviamo in sospensione. Tra un “si stava meglio quando si stava peggio” e un “domani sarà meglio”.

Ma la vita è qui, ora in questo esatto momento. Ora sento il sapore. Ora sento l’aria riempire i polmoni. Ora, se mi baci, caccio la mia lingua nella tua bocca. Ora sento il tuo profumo. Ora puoi farmi venire la pelle che un’oca m’invidierebbe.

Ieri si confonde e confonde come le nebbie delle coste lacustri, domani è una voluta di fumo che cerchi di ghermire con un retino.

Conta solo ora.

Carpe diem dicevano, ma non serve cogliere un attimo fuggevole, basta vivere al massimo delle nostre possibilità, ora.

ISTANTE


Poi arriva un giorno, stai facendo una cosa semplice o stupida, il pensiero ti lambisce. Tempo. Il tuo che se ne va.

Ti rendi conto che non sei stato così bravo, che non hai seguito il consiglio del professor John Keating, tu non hai colto quasi mai, e solo ora ti sei reso conto che “Aspettiamo la battaglia mentre in realtà stiamo già combattendo“.

E’ a questo punto che diventi insofferente alle rotture di cazzo, da chiunque vengano. Al lavoro che ti occupa spazio, ai perditempo emotivi, ai succhiatori di energia, a quelli che non sanno che vogliono e non intendono scoprirlo ancora a lungo, ai tentennatori, agli egocentrici, a chi si appoggia sul tuo tempo, a chi te lo usa a mo’ di carta igienica perché preserva il suo.

Ti annoi nei soliti discorsi, nei ritrovi fotocopia, nel far e rifare le stesse cose. Cadi nel silenzio nel veder svolgersi davanti a te dinamiche che riconosci a occhi chiusi. Ti rammarichi del tuo esser così, non è colpa loro è tua e del tuo poco tempo, che reclama respiri di nuovo o di te, o meglio ancora di te con il nuovo.

Non che tu debba far chissà cosa del tuo tempo. Non hai progetti di grandi palazzi da sviluppare, ne hai la capacità di creare opere artistiche, non sei un genio e neppure un grande medico che salva vite, tantomeno un innovatore che cambierà il corso della storia. Non detieni nemmeno il potere di svelarlo ad altri, ma è il tuo tempo e se proprio qualcuno deve sprecarlo, quello sei tu, non altri.
Chapel of Thanksgiving Dallas
Chiunque tu sia, se vuoi condividere il tuo con me, sappi che il mio è una spirale e non una linea retta, semplice e complicato son aspetti dello stesso momento.