A SHOP FOR KILLERS


A SHOP FOR KILLERS
(The Killer’s Shopping Mall)
Azione, Thriller, Mistero, +18
Anno 2024 – 8 episodi da circa 51m
Su: Disney+

TRAMA

Jeong Ji An (Kim Hye Joon), dopo essere rimasta orfana, vive fin da piccola con lo zio Jeong Jin Man (Lee Dong Wook).

Poco dopo essere entrata al college, riceve una chiamata dalla polizia locale, dove Ji An viveva con lo zio, in cui la avvisano che suo zio si è suicidato. Conoscendo lo zio, ha dei dubbi sul suicidio, ma non ha nemmeno il tempo di pensare che la sua vita è in pericolo, un attacco di droni assassini l’assale, mentre, inspiegabilmente dei killers molto qualificati tentano in tutti i modi di ucciderla.

Ji An rimane così bloccata e circondata nella casa dello zio, mentre cerca di capire cosa sta succedendo e di sopravvivere grazie all’addestramento (che lei aveva sempre trovato strano) che lo zio le aveva dato in quegli anni. 

OPINIONE PERSONALE

Adorato in meno di cinque secondi. Il giusto ritmo, il giusto equilibrio tra mistero e azione ti tiene incollata alla serie.

Confermo ancora una volta che Lee Song Wook è un signor attore. Questa cosa risalta sempre, ogni volta che interpreta dei ruoli in cui la sua bellezza viene messa in secondo piano a favore delle sue capacità recitative.

Devo essere sincera, qua tutto il cast è spettacolare, dagli attori principali a quelli secondari. Una menzione particolare devo farla a Ahn Se Bin, che interpreta Jeong Ji An da bambina. Vederla recitare ti fa domandare se da quelle parti comincino ad imparare a recitare nel grembo delle loro madri.

Lo consiglio? Lo straconsiglio a chi piace il genere.

INTERPRETI

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THE X-FILES BAMBI


Warning: Questo post nasce dalla diatriba nata sulla pubblicità di una merendina italiana, pubblicità che personalmente non ha suscitato nessuna reazione (né positiva, né negativa), ma la diatriba scaturita ha portato alla mente il ricordo di un ricordar un ricordo.

Bambi, il film della Disney visto da bambina, fu per me un trauma. Talmente profondo che, (venni a sapere anni dopo) appena morì la mamma di Bambi, iniziai a piangere. Lo feci per tutto il tempo del film e per le due ore successive all’uscita del cinema. Inconsolabile, l’aggettivo.

Dopodiché feci una cosa che si chiama “rimozione di un ricordo traumatico”. La mente stabilisce che non hai vissuto quella situazione, qualsiasi essa sia, perché il dolore è insormontabile e insopportabile, e tu “dimentichi”.

La “rimozione di un ricordo traumatico” non è effettiva. Il nostro cervello per proteggerci lo manda nell’antro più oscuro della nostra mente, dove noi difficilmente andiamo di nostra volontà, e lì lo deposita. Una specie di X-files de noartri. Io archiviai un X-files di “dolore empatico” in quell’antro.

Oltre trent’anni dopo, mentre guardavo una cassetta con Progenie(*), mi resi conto che intuivo esattamente ciò che sarebbe accaduto nella scena successiva. Non possedendo doti di preveggenza non riuscivo a comprendere come fosse possibile. Non capivo, non avevo mai visto quel film.

Arrivai a chiedere a mia madre se lo avevo visto da piccola. Lei mi rispose di no. Ma quella sensazione deja vu era persistente, tanto che qualche giorno dopo sentendo al telefono mia zia, quella che mi fece da mamma i primi anni di vita, lo richiesi a lei.

Così arrivò in superficie, che si l’avevo visto e che avevo pianto a dirotto per ore, mentre lei raccontava, ricordavo anch’io.

Questa cosa fu sconvolgente per me.
Tutte le certezze del mentale messe in dubbio. Chissà quante cose abbiamo rimosso e non lo sappiamo e non sapremo (a meno di non trovarci davanti a un effetto scatenante). Chissà quante cose abbiamo rimosso e al loro posto abbiamo messo ricordi per noi più accettabili, ma non veri.

Da allora un paio di dubbi mi accompagnano sempre. Il primo: se quello che penso e dico, sia quello veramente accaduto od ho una visione corretta e rivisitata. Il secondo che, che tu, persona (qualsiasi tu sia) quando mi parli, mi racconti quello che è accaduto o mi racconti la favola che ti stai raccontando.

La realtà questa magnifica sconosciuta.

Raccontiamo bugie, omettiamo verità, inconsapevolmente (alcuni, sappiatelo, consapevolmente). Modifichiamo la percezione di noi, degli altri, degli avvenimenti e delle situazioni, e quindi diamo indicazioni sbagliate a noi stessi e agli altri. Poi ci sorprendiamo che le cose non vadano quasi mai come vorremmo. Da presupposti sbagliati, nascono situazione sbagliate.

Ora (chi mi conosce) capite questo mio bisogno costante di arrivare il più possibile vicino alla verità?

(*) Fu il periodo in cui la Disney fece uscire le vhs dei suoi film, quando avendo una MiniProgenie e pensando di fare la brava mamma, le comprai tutte (o quasi) man mano che uscivano. MiniProgenie ed io le guardavamo insieme, così vedevamo le fiabe, le fiabe belle…

Progenie ti prego, perdono, se oltre ai traumi del “Ti devo parlare” con cui ho minato la tua adolescenza, ti ho esposto all’omicidio della mamma di Bambi, alla morte traumatica del padre del Re Leone, al cacciatore che espianta cuori di Biancaneve. Non ne ero consapevole.