PER – DONO


Io perdono per egoismo.

Ho appurato, negli anni, che il perdono non serve a chi è stato fallace e quindi lo cerca (non sempre), ma serve a chi ha subito il fallo (e non nel senso erotico del termine). Non subito, ma io perdono. A volte ci metto anni, a volte ore.

Perdono anche chi il perdono non me lo ha chiesto. Perdonare serve a me per andare oltre, per lasciarmi alle spalle l’accaduto, per creare nuovo spazio altrimenti occupato da rancore, rabbia, impotenza e acredine. Tutte emozioni che distruggono chi le prova.

Perdono è vero, ma non confondete il “mio perdono” con un “come se non fosse successo”.
Perdono per egoismo, e quindi sì, io vado oltre, non ci penso più, ma tu “fallace” che mi hai ferito volontariamente, non vieni con me nell’oltre.

Parlo di “volontariamente” perché a volte c’è un “involontariamente”, ma qui il discorso diventa troppo ampio. Con l’involontario sono più comprensiva, del resto riconosco la nostra umanità e l’errore fa parte del nostro vivere in questo mondo.

Perdono, anche se a volte il mio marte in scorpione vorrebbe vedere il sangue (copioso) e la sofferenza (atroce) condita da ampie spruzzate di vendetta (servita sia calda che fredda) di chi lo ha risvegliato.

Quando perdono, vado avanti, mi lascio il passato alle spalle e faccio mia una frase dettami anni fa: “Tieni l’insegnamento, abbandona il dolore”.

Io per-dono, mi faccio il dono di vivere bene.

LEGGO DI ME


Ripiego le mie parole una a una. Allineo le emozioni scombinate. Distendo i pensieri attorcigliati. Lentamente sciolgo ogni nodo e compongo delle piccole matassine colorate e le metto accanto alle parole ripiegate.

Non dimentico niente, ma non conservo con me il peso del ricordo. Lo ripiego, in piccole scatoline, insieme alle parole in fondo un cassetto, non quello dei sogni, in un’altro.

Non dimentico niente, perché dimenticare non sempre è un bene. Altrimenti non impareremmo mai nulla dalle cose che ci accadono. Ogni volta con la fiamma ci bruceremmo, non ricorderemmo di buttare la buccia e mangiare solo il frutto. Le cose che mi accadono quindi le ripiego e le conservo nei cassetti della memoria. Belle o brutte che siano.

Poi arriva un momento nel quale avverto il sentore della cosa già accaduta. Vado allora a riaprire i cassetti, scartabello e cerco, finché non trovo. Trovo tutte le volte che è accaduta. Allora sommo. Uno più uno più uno più uno. Quella cosa è già accaduta altre volte.
Così scopro le dinamiche, positive o negative, mi accorgo in quel modo delle ripetizioni costanti della mia vita.

Se la ripetizione è bella, sorrido e ringrazio questo mondo per il dono. Ripiego i pensieri e le parole, li rimetto nel cassetto, e conservo con me l’emozione nel cuore.

Accade più sovente il contrario, la dinamica tossica, che avvelena, che ti mangia e consuma. A quel punto ne prendo atto.

Uno più uno più uno più uno più uno = troppo.

Prendo tutte le parole, i pensieri, le emozioni che la riguardano. Dispiego tutto davanti a me. Osservo lentamente. Leggo di me.
Possono passare ore o anche giorni. Mi faccio una visione d’insieme della dinamica, tiro fuori l’insegnamento, poi accartoccio. Accartoccio tutto insieme. Accartoccio come si fa con un foglio di alluminio. Accartoccio in una piccola palla e butto via.
Accartoccio pensieri, ricordi, frasi, emozioni e persone. Faccio spazio perché in quel vuoto ci possa entrare il nuovo.

DISTACCO


Ci son giorni in cui percepisci il mondo come un’estensione di te. Sai perfettamente dove termini e dove inizia il resto, ma in qualche modo sei collegata.
Questi giorni ti portano a capire e ti conducono a certe notti in cui i sogni son particolari, le sensazioni son diverse e tu sai che non è proprio un sogno. Stai bene, sei avvolta, qualcuno comunica per aiutarti e tu assorbi come carta assorbente per comprendere.

In qualche modo tu sai, che quella sensazione è reale. Al risveglio porti con te un ricordo, un insegnamento, che cerchi di memorizzare continuamente altrimenti man mano che la luce splende, si scioglierà come neve al sole. E rammenti che ti sei detta la parola da ricordare.

Ecco, la mia parola da ricordare di questa notte è distacco. Non freddezza, separazione o lontananza, ma solo il distacco per “vedere” mentre partecipi alla vita, per essere obiettivi e veri. Quel distacco che ti serve per non perderti ancora o farti rubare mentre vivi.

Respiro, ho ritrovato il mio cammino.