UOMINI


Quelli che ho conosciuto e che mi hanno fatto conoscere il “buono” che c’era in loro e a quelli che mi hanno inflitto qualcosa di “cattivo”. Mi avete aiutato a crescere e a comprendere quello che non volevo essere.

Quelli che mi hanno amata e che io non ho amato, non come avrebbero voluto loro. Attraverso voi ho acquisito la capacità di accettare il rifiuto.

Quelli che ho amato e che mi hanno forgiato attraverso il dolore, anche grazie a loro, sono la persona che sono oggi.

Quelli che mi hanno compresa nell’anima e fatta sentire, per un attimo, meno sola in questo mondo. Voi avete riempito il mio cielo.

Quelli che mi hanno chiamata puttana, perché nel loro ferirmi mi hanno resa libera dal giudizio altrui.

Quelli che mi sono amici, quelli veri, che mi hanno fatto conoscere la bellezza, la profondità e la delicatezza del lato maschile.

Quelli che mi hanno resa così insicura, da determinarmi a trovarmi e con me, la mia sicurezza.

Quelli che non sanno neppure loro che vogliono da me, e spesso dalla vita, perché mi hanno dato la capacità di decisione.

Quelli che ho ferito, a volte per codardia a volte senza rendermene conto, perché mi hanno insegnato che a volte che è un attimo passare da vittima a carnefice.

Quelli che “Ci sono per te” e poi non ci sono mai. Mi hanno insegnato il valore di chi invece c’è.

A Voi regalo le parole di questa canzone che amo. Stamattina passava per radio e mi ha fatto venire in mente tutti voi.

Grazie. Sia che siate stati carezze o siate stati lame nella mia vita, mi avete dato il massimo di cui eravate capaci in quel momento.

La dedico anche a me, alla mia parte maschile. Oggi, scrivendo queste poche righe insieme alla mia parte femminile, mi ha fatto amare tutti voi, e così facendo, mi ha liberato.

RABARBARO


Ci sei tu, tu che hai più bisogno di sicurezza che non di verità. Poi ci sono io, io che oscillo tra il bisogno di una e l’irrinunciabilità dell’altra.

In questo ondeggiare mi perdo, tra quello che voglio e quello che fa di me chi sono.

Questo fluttuare mi porta in un equilibrio instabile. In sospensione.
Così capace con l’esterno, così cieca con l’interno.

Hai il sapore del rabarbaro, ma io il rabarbaro lo amo.

FORMA


La città dove vivo ricomincia a starmi stretta.

Mi stanno strette le abitudini, il far e rifare le stesse cose.
L’aver organizzato, minuto per minuto, almeno venti ore delle mie ventiquattro.
La ripetitività, la mancanza di spazi, l’esaurirsi di possibilità e i discorsi sempre uguali.

Questo andare incontro alle giornate come un interminabile giorno della marmotta. Sette giorni su sette so l’orario in cui squilla la sveglia. Quando le persone mi raccontano che gli accade, già davanti agli occhi mi si dipana, come una gif inceppata, la dinamica successiva.

O forse è solo ancora questo perdermi nelle nuvole basse, confondermi con loro e disperdermi nel mio lato malinconico.

Lo sapete che ho un lato malinconico molto forte? Talmente forte che è per quello che rido e scherzo molto, cerco di nutrirlo con le risate, in modo che sazio e satollo, si addormenti e mi lasci vivere senza struggermi nel rimpianto delle grandi possibilità della mia vita osservate morire d’inedia.

E ora osservo ancora questa vita, la mia, che si accartoccia in queste tradizioni del nulla, consumate nel tempo, dispersa nell’inutile.

Ecco, ecco, la vedete la malinconia sveglia?! Come si attorciglia nelle parole che portano a niente? Si nutre delle catene da me stessa create, dalla costruzione delle situazioni rassicuranti che tendo a erigere, per poi ritrovarmi ingabbiata da sola.

La città dove vivo ricomincia a starmi stretta. E come ogni volta cercherò di farmi piccola per indossarla ancora, per “starci dentro”, almeno fino alla prossima volta che i bottoni scoppieranno.

Ogni volta che qualcosa mi va “stretto” è perché io sto cambiando “forma”.

illustration-by-nathan-martinez