SHIKOKU: treni, sorrisi, scorci rubati.


La mattina siamo andati in stazione. La mia prima volta con un treno ad alta velocità, destinazione Shikoku. A Takamatsu ci aspettava Maurizio del Centro Culturale Italia Giappone Sicomoro. L’associazione con cui, incautamente o fortunatamente per le mie sinapsi, ho iniziato a studiare giapponese l’anno scorso.

Non avendo prenotato nessun Shinkansen, di volta in volta prenotavamo il biglietto e il posto, abbiamo dovuto aspettare il primo con i posti prenotabili. Poco male: avevamo così parte della mattina libera davanti a noi, da spendere in un altro quartiere di Tokyo. Cosa che abbiamo fatto visitando Shinagawa.

Non sono riuscita a visitarla, o a vistare quello che la contraddistingue da altri quartieri quali l’acquario e l’ippodromo. In compenso, sono “inciampata” in qualche tempio e santuario.

Quindi ho anche il goshuin dello Shinagawa Shrine. Un Santuario che tu passi dalla strada e non vedi niente, sali qualche scala et voilà, Torii e luoghi immersi nel verde.

Siamo riusciti a fare anche una piccola capatina allo Sengaku-ji Temple, un tempio davvero incastonato tra i palazzi della città.

Infine siamo tornati alla stazione per salire sul nostro Nozomi che in tre ore ci avrebbe portato a Okayama, dove da lì avremmo preso il Marina Line che, a sua volta, in un’ora ci avrebbe portato a Takamatsu.

Il viaggio sullo shinkansen, non so spiegarvelo. La velocità del Nozomi arriva a 300km/h, quella media di 285km/h. Il treno è silenzioso, nessuna vibrazione e se non fosse per lo scorrimento velocissimo delle immagini ai finestrini, non ci si renderenne conto di nulla.
Ancora una volta ho apprezzato l’educazione giapponese: treni silenziosi, nessuno che mi facesse sentire i cavoletti di Bruxelles suoi ad alta voce. E nessun bambino urlante, che non guasta mai.
Io mi sono rilassata guardando un film sul tablet e, alla fine del viaggio ho “legato” con un bambino che, forse curioso dei capelli rossi abbinati a una lingua diversa, voleva sapere da dove venivo.

Siamo arrivati a Takamatsu che il sole era già tramontato.

Permettetemi di usare questo post anche per ringraziare di cuore Matteo in Europa, Maurizio e Brunella in Giappone. Tutti del Centro Culturale Italia Giappone Sicomoro.
Grazie a Matteo ho avuto un grande aiuto e supporto per la costruzione del mio viaggio 2025 in Giappone. Grazie a Maurizio e a Brunella, ho avuto la possibilità di conoscere luoghi, vivere dei momenti con loro, conoscere persone che altrimenti da “semplice turista” non avrei mai conosciuto. Ho avuto gentilezza, disponibilità e accoglienza. che non do mai per scontata. Con loro tre la conoscenza è andata oltre; è una linea di amicizia che è nata e spero perduri nel tempo.

Per questo mi permetto, e vi assicuro che non ho nessun tipo di ritorno nello scriverlo, di dire che se volete apprendere la lingua giapponese, sia in gruppo sia da soli, se volete conoscere qualcosa di più del Giappone, se volete farvi aiutare in un viaggio, fate un salto nella loro pagina. Se v’interessa associatevi e parlate con Matteo.
Se cliccate sull’immagine dell’associazione qua sotto arrivate direttamente al loro link:

"Clicca

Takamatsu ci ha accolto con il buio, ma con un tripudio di luci, oserei dire quasi natalizie, e con la calorosa accoglienza di Maurizio, che è venuto fino alla stazione per poi accompagnarci all’albergo.

Noi poi siamo usciti per andare alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti e per farlo abbiamo percorso le Shōtengai1 che a Takamatsu sono moderne e luminose. La serata è proseguita con la nostra cena a base di Udon, un piccolo giro al kombini e ritorno alla nostra camera, dove… ahi ahi… mi è scoppiato il raffreddore, giusto per non farmi mancare niente!

Il nostro arrivo nello Shikoku si concludeva così, in questa isola che ho amato molto, e nella quale ci siamo fermati qualche giorno. Ma questa è un’altra storia.

Ho poche immagini di quel giorno perché praticamente siamo stati sempre nei mezzi di trasporto. Però anche anche all’interno del Marina Line qualcosa d’interessante da fotografare l’ho trovato.

  1. Gli Shōtengai sono le vie commerciali coperte, tipiche di ogni città o quartiere giapponese. Si trovano negozi di ogni genere: vestiti, alimentari, farmacie, supermercati, ristoranti e servizi di altri generi. Tutto ciò che può servire per la vita quotidiana, negli Shōtengai lo puoi trovare. ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

TOKYO: luci, tentacoli e portafoglio in pericolo


Tokyo – Orange night
giorno 3 (parte 3)

L’ultima notte a Tokyo mi ha regalato luci e emozioni. Questa volta non parlo di Ren Nagase, ma di qualcosa visto un milione di volte nelle foto altrui, nelle riviste patinate, nei depliant di viaggio. Ora me la trovavo lì, a pochi passi, imponente e avvolgente.
Posso sembrare sciocca, o baka per dirla alla giapponese, ma è stata davvero un’emozione. Faceva parte del mio sogno chiamato “Giappone” che si realizzava. Ero vicina al simbolo della città simbolo di questo sogno.
Tutto quell’arancione che che avvolge e trasmette calore (certo forse il fatto che io a quell’arancione ora abbini anche Ren Nagase… forse influisce un pochetto) mi ha fatta sua.
Non ho altre parole da dire sulla Tokyo Tower, solo a parlarne, per un attimo mi ritrovo lì sotto. Metto solo qualche immagine tra quelle che ho fatto, nulla di che, in rete ne troverete di più spettacolari, più belle, più artistiche, più professionali, ma queste sono le mie e sono intrise delle mie emozioni e di quel momento.

Con tutto quel colore della torre alle spalle ci siamo avviati a piedi a Roppongi.
Tokyo di notte si riempie di luci in alcuni quartieri. Roppongi, l’alter ego di Itaewon (e viceversa) è uno di questi, è un quartiere pieno di locali notturni, discoteche, pub e hostess bar.
Ancora una volta, mentre ne parlo con il senno del poi, mi domando perché ho vissuto così poco la vita notturna di Tokyo, un vero peccato. Dovrò tornarci e fare solo vita notturna!

Momento cultura
In Giappone non c’è un orario di chiusura legale per i locali notturni e Roppongi sfrutta questa possibilità con moltissimi locali che rimangono aperti fino all’alba. Questo quartiere è il più internazionale, anche a causa-effetto del fatto che tantissime aziende internazionali hanno sede qui. Molti considerano Roppongi il confine tra Tokyo e il mondo.

Questo è un quartiere poliedrico, di sera centro di attività notturne, di giorno centro culturale di alto livello, con un grande spazio espositivo dedicato al design.
Roppongi è un quartiere moderno, internazionale e sofisticato che affonda le sue radici più profonde nella propria cultura, evidenziando ancora una volta questo aspetto tutto giapponese, antico e moderno che coabitano in armonia insieme.
Fine momento cultura

Dopo un’intera giornata a camminare ci siamo diretti ad Asakusa al nostro albergo, ma, per strada, la città tentacolare, mi ha “tentacolato” un’altra volta con uno dei suoi tentacoli: il Don Quijote. Questa catena di negozi fa parte dei “mali” che attentano al tuo portafoglio, mentre una vocina nella testa ti sussurra: “Tanto costa poco”.
Quei tanto “costa poco” si trasformano in pochi minuti in un: “Ho speso un patrimonio”.

Sappiate che sono uscita da quel luogo “malefico” quasi indenne. Quasi.

Il giorno dopo mi aspettava lo shinkansen, la mia prima volta con questo treno ad alta velocità e l’isola dello Shikoku. Ma questa è un’altra storia e un’altro post.

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

TOKYO: Ren Nagase, il mio cuore va in manutenzione


Tokyo – battiti del cuore mancanti
giorno 3 (parte 2)

L’ultimo giorno in cui saremmo rimasti a Tokyo stava terminando. Come da programma ci stavamo dirigendo verso la Tokyo Tower, quando sono “inciampata” in un tempio. Inciampare in un tempio o in un Santuario, in Giappone, è più facile e numeroso che inciampare in una chiesa in Italia.

Era un tempio buddhista, lo Zōjō-ji, e all’imbrunire ci ha regalato la prima immagine che rappresenta molto il Giappone, antico e moderno, che convivono perfettamente insieme.

Momento Svago
Ora, a parte il tempio e la torre, vedete quei due palazzi lì in lontananza? Ecco, nel primo subito dopo la torre, in una stanza d’albergo, hanno girato alcune scene di un drama con Ren Nagase. Nella scena si vede lui, di notte alla finestra, che osserva la torre. L’arancione illuminava l’oscurità, e nel mezzo il mio piccolo cuoricino perdeva battiti del cuore alla velocità della luce alla sua visione, non della torre eh! Parlo di Ren Nagase, di cui la regia manda foto esplicativa, e nel farlo il mio cuoricino continua a perdere battiti del cuore.

Fine momento svago

Scusate, mi sono distratta un attimo, stavamo dicendo? Ah sì, il tempio, ho scoperto dopo che è un importante tempio buddhista della scuola Terra Pura, una delle più importanti in oriente, specialmente in Giappone. In questo tempio c’erano le divinità custodi della cura dei bambini. Il tempio è anche storicamente importante per essere stato, nel tempo, il tempio familiare degli Shogun Tokugawa, ospitando le tombe di sei di loro.

Momento Cultura
Le statue Jizō sono le “divinità custodi della cura dei bambini”, sono dedicate alla crescita sicura dei bambini e dei nipoti. Al contempo sono usate nei servizi commemorativi per i bambini nati morti o per gli aborti spontanei. Per proteggere i bambini, vengono dedicate alle divinità il cappello rosso, il grembiule rosso e la girandola.
Fine momento cultura

Ora dovrei parlarvi della torre vera e propria, ma sono ancora sotto scompenso cardiaco, e poi la torre di notte merita un post a sé, quindi nuovo appuntamento alla Tokyo Tower. Ci vediamo direttamente là sotto.

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

TOKYO: Monaci, Kannushi, robot e altre opinioni non richieste.


Tokyo – Inciampi culturali
giorno 3 (parte 1)

Il terzo giorno a Tokyo è stata una giornata “da turista”. Quando uso questa parola intendo che ho avuto pochissimo contatto diretto e vero con le persone del luogo. Ricordo che per me, le persone, sono il vero viaggio di un paese.

La prima parte della giornata è stata dedicata principalmente ai musei, ma prima siamo ritornati Senso-Ji Asakusa che il giorno prima avevamo visto velocemente. Lì ho preso il mio secondo goshuin, quindi il mio primo timbro di questo viaggio.

Non chiedetemi cosa hanno scritto in kanji: potrebbe essere una benedizione, i dati del tempio o magari una frase tipo: “Ma come sono baka questi gaijin a pagare per una cosa in cui neppure credono”.
Con tutto il dovuto rispetto sia per i monaci buddhisti che per i sacerdoti shintoisti1, ho notato che l’anno scorso il goshuin costava circa 200 yen e quest’anno ovunque era 500 yen. Mi sembra che abbiano assorbito bene la mentalità business dei gaijin. Pur capendo che i luoghi sacri hanno le loro spese, e qualche yen non cambia la vita, un aumento del 250% mi ha colpito.

Momento cultura
Il goshuincho è un quaderno che raccoglie tutti i goshuin: un sigillo sacro e una scritta calligrafica caratteristici di ogni tempio schintoista e buddhista, che certifica la visita di un pellegrinaggio o di una semplice visita al luogo sacro. Rappresentano un ricordo fisico e spirituale del luogo visitato. Il goshuin è unico, raccoglie informazioni come il nome del tempio, la data e il nome della divinità. Goshuin significa “sigillo rosso” ed è un’usanza nata nel periodo Edo.
Fine momento cultura

Dopo il tempio, ci siamo lentamente avviati a piedi verso il museo degli origami che avevamo in lista tra le cose da vedere. Sono sincera, il museo più che un museo sembrava (era) un negozio che vendeva carta e libri per origami ed esponeva alcuni origami. Ma capita di cadere in qualche trappola per turisti ogni tanto.

La cosa più bella è stata la camminata lungo il fiume Sumida per arrivare a questo “museo”. Una passeggiata sulla Sumida River Walk: scorci da altri punti di vista, statue e file di bambini piccoli con i loro cappellini gialli che ti salutano sorridenti con la manina.

Da lì avevamo già programmato di dirigerci verso il quartiere Aomi, l’obiettivo era il museo nazionale delle scienze emergenti e dell’innovazione, il Museo Miraikan. Questo museo è un grande museo interattivo. La maggior parte dei visitatori erano scolaresche giapponesi, qualche famiglia con bambini e due occidentali a caso, noi. Non sto a raccontarvi tutto quello che ho visto o fatto, ma alcune cose mi sono rimaste in mente in modo particolare.

C’era una piccola installazione in cui dei piccoli rettangoli posti uno accanto all’altro rappresentavano gli esseri umani, delle palline, alcune piccole e altre grandi, rappresentavano le catastrofi naturali quali terremoti o tsunami. Ogni tanto gruppi di queste palline scendevano insieme e colpivano i rettangoli, lasciandone in piedi solo alcuni. Una rappresentazione potente di come il tema della vita e della morte, sia visto fin da piccoli, e spiega molto della loro cultura.

Altro momento particolare è stato la parte “Cute Robot“, che da una parte mi ha fatto sciogliere come una porzione di burro nel microonde, e dall’altra mi ha fatto pensare che abituarsi a un legame con un robot che ti conferma sempre, potrebbe allontanare dalle relazioni reali. Soprattutto in una società come quella giapponese.

Le frasi dei totem accanto alla zona dei robot erano:
– “Un cucciolo robot fatto per stare vicino alle persone e per essere amato. E’ progettato per interagire e stare con le persone di casa, per alimentare la gioia di crescere e di essere amato

– “Lovot diventa gradualmente parte della famiglia. E’ progettato per creare un forte legame emotivo con le persone. Combina caratteristiche come un corpo morbido e caldo, oltre a un miliardo di variazioni di occhi e voce, che ti fa venire voglia di abbracciarlo.”

– “I robot partner: saresti felice del tuo robort partner? Ti sentiresti come se avessi degli amici? O ti sentiresti spaventato? Quando un robot diventa il tuo partner, il vostro rapporto cambierà nel tempo”.

Uno di questi robot rappresentava un bambino e si chiamava “affetto”. Questo mi ha colpito molto, l’uso di una parola italiana, per esprimere un’emozione in un robot giapponese. Del resto questo collegamento e affinità tra Italia e Giappone c’è da molto2, o forse uno compensa l’altro. Troppo espansivo uno, troppo introverso l’altro.

Ora, a parte che un “robot partner come voglio io”, sarei la prima a comprarlo, ho iniziato a chiedermi se la timidezza tipica di certi dorama giapponesi, così affascinante nei drama, alla lunga possa pesare alle persone che la vivono, e se questi surrogati diventino una via di fuga emotiva. Non ho risposte certe, solo dubbi e domande.

Come ben sapete non posso mettere video qua, altrimenti ve li avrei fatti vedere.

Infine per la gioia del mio cuore e della mia pancia, il museo aveva opzioni vegan già pronte, senza che io dovessi chiedere: “Per favore può non mettere carne, pesce, uova, dashi ecc”. Vi posso assicurare che li ho amati, tanto.

Tra visita e pranzo, siamo rimasti nel museo qualche ora. Una volta usciti ci siamo diretti verso la metropolitana per andare al quartiere di Minato, dove ci saremmo incamminati verso una cosa che volevo assolutamente vedere, non solo perché è un’attrazione turistica classica, ma soprattutto perché una serie televisiva giapponese mi aveva rimescolato l’anima (la storia ma, diciamolo, anche l’attore protagonista maschile). Attrazione e drama portano lo stesso nome: Tokyo Tower.

Ma di questo e di quello che è successo dopo ne parlerò nel prossimo post, ora vi lascio appuntamento all’uscita della metro di Minato, da lì andremo insieme alla Tokyo Tower.

  1. I luoghi sacri dei buddisti sono i templi e gli officianti sono i Monaci, chiamati anche Bonzi. Per gli Shintoisti i luoghi sacri sono i Santuari e i loro officianti sono gli Kannushi, chiamati anche Shinshoku. In ogni caso entrambe le religioni convivono tranquillamente tra loro e a volte condividono le stesse aree. ↩︎
  2. No, non sto parlando delle potenze dell’asse, quando eravamo insieme nel patto tripartitico del 1940 o chiamato anche Asse Roma-Berlino-Tokyo, quando parlavamo di intendi militari e politici comuni. Si, proprio quelle tre potenze che persero la seconda guerra mondiale e per questo, da allora, non possono avere un esercito offensivo proprio, ma solo difensivo (ah scusa l’Italia si arrese prima, firmò l’armistizio, tradendo gli alleati). Anche se negli ultimi tempi tutti e tre si stanno ributtando su una corsa al riarmo. La storia non insegna o sono gli stupidi che non imparano? ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

TOKYO: la morte mia… gatti e sakè


Tokyo – Che confusione, sarà perché ti amo
Giorno 2 (parte 2)

Nel post precedente vi avevo lasciato parcheggiati davanti ai Torii della Mandarake, e da qui ripartiamo. L’idea era di andare a Shinjuku, al Palazzo del Governo, per vedere Tokyo dall’alto senza pagare biglietti tipo la Tokyo Tower, anche perché per la Tokyo Tower devi prenotare in anticipo, e noi non l’avevamo fatto.

La giornata non era tra le più belle come limpidezza e colori, il grigio permeava tutta la città, anche se per una donna con tendenze alla malinconia come me, a volte le città avvolte nel grigio hanno un fascino tutto loro.

L’ingresso del Palazzo del Governo1 è una cosa davvero imponente, mi è piaciuto molto. Siccome è sia la sede amministrativa del Governo Metropolitano di Tokyo che un’attrazione turistica, prima di accedere agli ascensori è necessario passare attraverso un controllo di sicurezza. L’ascensore velocissimo ci ha portato in meno di un minuto al 45 piano, da qui si può osservare a 360° la città. Si vedono, tra le altre cose, la Tokyo Sky Tree, la torre di Tokyo, il Tokyo Dome, il Santuario Meiji e il Parco Yoyogi. Mi hanno detto che in giornate limpide si vede anche il Monte Fuji.

Purtroppo il riverbero del vetro ha fatto sì che le foto siano di qualità scadente, ne metto solo una per darvi un’idea della vista.

All’interno del 45 piano ho trovato una piacevole sorpresa: un pianoforte a disposizione di chiunque lo volesse suonare. Nel tempo in cui sono rimasta lì si sono alternate un paio di persone, tutte insospettabilmente brave. Vorrei farvi vedere i video che ho registrato, ma ho un piano a pagamento basic per il blog, senza pubblicità per la felicità dei vostri occhietti, ma non mi permette il caricamento di video. Per ora accontentatevi della foto e dell’immaginazione.
il pianoforte che vedete, non è un pianoforte qualsiasi: è stato dipinto dall’artista Yayoi Kusama.2Una chicca stile Tokyo.

Scesi dal Palazzo del Governo, sempre a Shinijuku, siamo passati a salutare il neko 3D più famoso del Giappone, quello che sbuca dal schermo curvo di Shinijuku. Anche qui avrei un video pronto, ma come detto sopra al momento dovete affidarvi solo alla vostra immaginazione.

Dopo il micione ci siamo diretti verso Shibuya. Questo quartiere di Tokyo è conosciuto principalmente per due motivi: il famoso incrocio pedonale di Tokyo, il più trafficato del mondo e per la sua vita notturna, molto vivace.
Noi però ci siamo stati verso tardo pomeriggio, inizio crepuscolo. Ora che ci penso, della vita notturna di Tokyo, non ho vissuto quasi nulla. Dovrò porre rimedio a questa mancanza e tornare a Tokyo per viverla by night!

La giornata stava finendo, ma avevo appuntamento con Yoko per un caffè dopo il suo lavoro. Immagino già la domanda: “Mo’ ora, sta Yoko da dove salta fuori!?”.
Spiegarvelo ora sarebbe lungo. Vi faccio il bigino: “Yoko è amica di un’amica che vive a Berlino. Yoko è andata a Berlino mesi fa e ha saputo che sarei andata in Giappone qualche mese dopo. Da questo è iniziata un’amicizia on line via Line3, che ci ha portati a Tokyo, dal virtuale al reale.”.

Il caffè è diventato una cena, la cena si è trasformata in un momento alcolico con il sakè… due sakè… anzi tre!
Non viene il dubbio anche a voi che anche questa sia una vacanza made in Japan un pochetto alcolica come quella dell’anno scorso? Non so, so che il sakè mi rende sorridente…

PS: il contenitore davanti a noi è per il mio amato sakè nella sua versione “kan sake” ovvero sakè caldo. Al ristorante ci hanno portato questo tokkuri moderno e gigante per portarlo, e mantenerlo, alla giusta temperatura. Non che con noi servisse conservarlo caldo… visto che finiva subito.

  1. Questo edificio è stato progettato dall’architetto giapponese Kenzo Tange. E’ ispirato alla cattedrale Notre Dame di Parigi. E’ uno dei più alti edifici di Tokyo. E’ alto 243 metri ed ha 51 piani. ↩︎
  2. E’ un’artista contemporanea giapponese, famosa per le sue opere che utilizzano motivi a pois, zucche e installazioni immersive. Tutto il suo lavoro è influenzato dalle allucinazioni visive avute fino da quando era bambina, allucinazioni che lei trasforma in arte. Nonostante i problemi di salute mentale, ha raggiunto una fama internazionale, diventando l’artista vivente più venduta al mondo.
    La sua ultima mostra in Italia è avvenuta nel 2023 a Bergamo-Brescia. ↩︎
  3. In Giappone pochissimi, quasi nessuno, usa whatsApp o Telegram. Le due app funzionano perfettamente anche lì, ma le persone usano una loro app che si chiama Line. ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.


TOKYO: dal jet lag alla dipendenza da sakè in 24 ore


Tokyo – Che confusione, sarà perché ti amo
Giorno 2 (parte 1).

La regione dove abito potrebbe inserirsi quasi 4 volte nell’area di Tokyo, mentre la città dove abito potrebbe starci comodamente 83 volte. La mia regione ha circa 10 milioni di abitanti, la mia città circa 47.000, la megalopoli di Tokyo ha circa 37/39 milioni di abitanti.

Il primo e vero e proprio giorno a Tokyo per me è stato “confuso”. Questo nonostante Rodi per qualche ora sia rimasto con noi. Le domande nella mia mente erano: “Ma da cosa parto? Cosa vedo? Come faccio a capire cosa mi conviene vedere per primo e a cosa è vicino?”.

Ho fatto questa premessa per farvi capire che la giornata successiva al mio arrivo a Tokyo è stata allo stesso tempo bella, caotica e confusamente mescolata nella mia mente. Detto questo… pronti, partenza, via!

La mattina, complice anche il fuso orario interiore, ci siamo svegliati presto e siccome a tre minuti dal nostro albergo c’era il Sensoji Temple, un tempio buddista, ci siamo diretti lì. A quell’orario, a parte qualche turista che faceva foto, era tutto chiuso. Quel giorno ci siamo limitati a una veloce visita del tempio esterno.

Momento cultura
Questo tempio è stato costruito per la prima volta nel 628 D.C., dico” “la prima volta” perché, tra incendi e guerre, è stato ricostruito una ventina di volte fino ad oggi.
C’è una leggenda legata a questo tempio buddista: dei pescatori trovarono una statua di Kannon, nel fiume Sumida. Questo tempio fu costruito apposta per custodirla.
Tra le tante immagini che ho trovato della dea, ho scelto per rappresentarla e abbinarla alle mie foto, quella con gesto tipicamente rock. Scherzo. Però mi ha fatto venire in mente in un attimo la mia Jrock band preferita: gli One Ok Rock.
Fine momento cultura

Dopo qualche veloce foto, siamo andati all’ingresso della metro più vicina e ci siamo diretti a Shibuya. Questo ci ha fatto subito capire quanto le distanze siano sempre da tenere in considerazione: 45 minuti di viaggio in metro per essere sempre nella città di Tokyo.

A Shibuya abbiamo fatto solo un passaggio veloce, ci saremmo ritornati più tardi, perché era solo il punto di partenza per passeggiare per Omotesando mentre ci recavamo al Santuario Meiji.

Momento cultura
Il quartiere Omotesando è situato nel cuore di Tokyo. Il suo nome significa “ingresso frontale a un santuario” proprio perché è la strada, la via di accesso al Santuario Meiji.
Sono sincera, a me Omotesando non è piaciuta molto: piena di negozi di lusso e boutique, per certi versi molto simile a tante città occidentali. Se non avessi saputo di essere in Giappone, avrei potuto pensare di essere in una grande citta in Francia o in Italia (a parte le scritte in Hiragana e Kanji).
Fine momento cultura

Davanti all’ingresso del Meiji, sono ricaduta per un attimo nel kdrama. Ho visto un baracchino lato strada che vendeva le famose patate dolci, quelle arrostite, che si vedono sempre mangiare nei drama coreani. Potevo esimermi? No! L’ho acquistata e mangiata avvolta nella carta dei giornali quotidiani. Quei giornali di riciclo, passati da non si sa quante mani e non si sa dove siano stati. Devo confessare che era molto buona e saziava tanto (forse complici i milioni di batteri che dal giornale avevano traslocato su di lei), tanto che ne ho avanzata la metà. La metà porzione residua è finita nel mio stomaco alle tre del mattino, in un attimo di jet lag. Comunque, nonostante il momento igiene “parliamone”, sono ancora viva.

Il Santuario Meiji è il santuario shintoista più grande di Tokyo, è ancora in attività e non di rado si può assistere a qualche cerimonia dal vivo. Il Santuario è all’interno del Parco Yoyogi1, il polmone verde di Tokyo, un pò come il Central Park di New York.

Ora lo so che sono una brutta persona, ma a me, quel giorno, fino a quel momento, oltre i Torii che amo, le cose che mi sono rimaste più in mente sono state le botti di sakè.
L’anno scorso (per chi mi ha letto) sa che parlavo continuamente del Makgeolli… beh, quest’anno, preparatevi, ho cambiato, sono passata al sakè. Del resto sono una persona molto spirituale: poi che sia spirito alcolico o spirito religioso… two is megl che uan!

Ora non so se la colpa sia delle “botti, botti di sakè ovunque” viste al Santuario Meiji o della confusione che questa città può provocare al primo impatto, fatto sta che, da quel momento in poi, i ricordi sono un po’ sparsi nella mia mente.

Uscita dal Santuario Meiji, ci siamo diretti a Nakano, dove siamo andati a mangiare in un locale di ramen frequentato solo da giapponesi. Ora non vorrei sembrare esagerata, ma quel ramen mi manca, era davvero “oishi”, delizioso!
Ero a Nakano, non vuoi fare un salto al Nakano brodwey2, considerato che ero ancora alla ricerca dei manga introvabili per la mia amica? Non vuoi fare un saltino alla sede centrale della Mandarake? Spoiler, non ho trovato neppure qui i manga introvabili.

Dopo il giro tra i mille otaku presenti, ci siamo diretti verso Shinjuku, ma di questo ve ne parlerò nel post che pubblicherò successivamente. Personalmente odio i post troppo lunghi, quindi vi lascio davanti ai torii della Mandrake, che mi sembra un buon punto per salutarsi… per ora.

PS: l’immagine di copertina è un ricordo uscito da una “UFO Catcher“, ovvero le claw crane machines: quelle macchinette giapponesi con cui, tramite una piccola gru, devi cercare di prendere un oggetto. Insomma, quegli aggeggi infernali con cui, per avere un oggetto del valore di 100 yen, ne spendi 10000.

  1. L’apertura al pubblico di questo parco è avvenuta solo nel 1967. Il Parco Yoyogi non è una foresta “naturale” ma un’area creata e progettata dall’uomo. E’ un progetto di architettura del paesaggio su un’area che prima era il villaggio olimpico costruito per le olimpiadi del 1964.  Progetto che ha permesso, nel tempo, la formazione della fitta vegetazione odierna. ↩︎
  2. Nakano Broadway è un centro commerciale al coperto, un “paradiso per gli otaku”. E’ un punto di ritrovo per gli appassionati di cultura pop giapponese in generale, con particolare attenzione agli anime, manga e collezionismo. Al suo interno c’è la sede principale della Mandarake che offre moltissimo assortimento di merce nuova e “vecchia”. ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

TOKYO: Arrivare a Akihabara senza finire a Sapporo.


Tokyo l’arrivo – giorno 1.

Willy è un mio amico che “sopporto” da più di vent’anni, è già questo dice parecchio. Viviamo a centinaia di chilometri di distanza, ma l’amicizia nel tempo è sopravvissuta anche alla distanza. Quando ha saputo che andavo in Giappone mi ha chiesto se poteva aggregarsi. Credo che viaggiare in compagnia sia, di solito, meglio che da farlo da soli. Si condividono momenti, quindi ho accettato con piacere.

Inoltre… Willy se mi leggi, ti ricordo che poiché ti sopporto da lunga data, per ricompensarmi, puoi sempre farlo comprandomi una casetta in Giappone!
(Sono mesi che lo tartasso con questa richiesta, lui nicchia, ma si sa la goccia scava la roccia).

A Roma abbiamo ingannato l’attesa del volo per Tokyo con un rilassante per il sonno: il luppolo. Così avremmo dormito meglio durante il volo. Questa era la teoria. In pratica sono stata sveglia come un gufo di notte.

Sono giunta in Giappone verso il mezzogiorno. Questa volta atterravo a Tokyo, mentre lo scorso anno ero partita e arrivata da Osaka. In aeroporto ci aspettava Rodi.1

Rodi è un ragazzo italiano che vive a Tokyo da diciotto anni, è stato il mio aggancio con la città il primo giorno. Questo viaggio lo avevo programmato in solitaria, avendo un solo terrore: “Usare la metro e i mezzi di Tokyo” senza perdermi e trovarmi da Tokyo a Sapporo.
Per questo, tramite un gruppo di chi si organizza da solo il proprio viaggio in Giappone, avevo conosciuto lui. Il suo compito principale era: “Insegnami a usare i mezzi e la metro di Tokyo”. Tutti mi dicevano: “Vedrai, è facile”, ma la metro di Tokyo un po’ mi spaventava.

Contattarlo è stata la scelta giusta. Carinamente, è venuto in aeroporto a prenderci, ci ha accompagnato subito al cambio dei contanti da euro in yen, ci ha aiutato con l’acquisto della Suica, tutto ciò in meno di 15 minuti. Lui parla giapponese, io no e avrei fatto la turista confusa davanti agli sportelli, impiegandoci il doppio del tempo (se non il triplo). Infine ci ha accompagnati all’albergo, dove abbiamo depositato le valigie e abbiamo iniziato un primo piccolo giro per apprendimento della metro “tokyese”.

Con Rodi ho avuto la strana sensazione di conoscerlo da sempre, e non lo dico per fare scena, con lui è stato così dalla prima telefonata in cui ci siamo sentiti mesi e mesi fa.
Rodi mi ha parlato anche della sua vita e del perché si trova in Giappone. Ho visto le foto della sua bimba, Nana. Insomma, ho iniziato a conoscere Tokyo attraverso una persona che la vive davvero.

Il primo quartiere che ho visto, escluso quello dell’albergo, è stato Akihabara. Avevo una missione: cercare due manga praticamente introvabili per un’amica. Neppure l’Animate di Akihabara ha compiuto il miracolo.

Momento cultura
Akihabara è chiamata anche Akihabara Electric Town. Questo quartiere è famoso in tutto il mondo, pare essere la più vasta area di vendita (per la sua concentrazione) di negozi di apparecchi elettronici, videogiochi, manga, anime e articoli per adulti.
Fine momento cultura

Ora che ne scrivo mi sono resa conto che non ho visto nessun negozio per adulti…
Mi toccherà tornarci.

Avevamo solo mezza giornata a disposizione e dopo aver assaggiato un dolce che ho visto millanta volte nei drama giapponesi e coreani, il tayaki, ci siamo diretti all’albergo, che era nel quartiere di Asakusa.

Momento cultura
Taiyaki vuol dire “orata al forno” è un dolce giapponese a forma di pesce. Il ripieno, solitamente, è composto dalla pasta di fagioli di azuki zuccherati. Ma, come si suol dire, quello che metti trovi. Quindi si possono trovare ripieni di crema, cioccolato, formaggio e così via. Il taiyaki nasce a Tokyo nel 1909. Lo si può trovare anche in Corea del Sud con il nome di Bungeo-ppang. Venne importato dal Giappone durante il periodo dell’occupazione giapponese.
Fine momento cultura

Tokyo quella sera ha deciso di farmi un regalo. Dalla finestra della mia camera vedevo la Skytree illuminarsi e cambiare colori come se stesse respirando. Questo mi ha reso sopportabile la microscopicità della camera. Le catene di alberghi giapponesi, a Tokyo, tendono al lillipuziano. In compenso sono pulite, accessoriate, vicine alle stazioni della metro e con personale gentile.

Il giorno seguente avrei iniziato a visitare un’altra parte di Tokyo.

  1. Se volete andare in Giappone, e anche voi vorreste un primo aggancio per Tokyo, cliccate qui sul suo nome RODI, vi porterà direttamente alla sua pagina di facebook, se voleste contattarlo su messenger. ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

JAPAN 2.0


Sono tornata dal mio viaggio in Giappone, il secondo.

Questo ritorno mi ha trovato ancora innamorata, ma più consapevole. Questo è stato un viaggio tra terre e persone. Personalmente amo i viaggi delle terre attraverso le loro persone, e questo è accaduto anche questa volta.

E’ stato un ritorno con meno occhi a cuoricino ma con più presenza, complice anche una Tokyo che ancora oggi non so dirvi se mi piace o no. Un po’ come la persona che ami, ma di cui a volte non comprendi alcuni suoi aspetti. Sono sincera, in questo viaggio ho amato molto di più altre città.

Detto questo, ho lasciato quella terra con ancora voglia di tornarci.

A Tokyo, complessivamente, sono stata sette giorni, tre all’arrivo e quattro alla partenza. Con questa megalopoli ho un aspetto emotivamente ambivalente. Aspetto che ben è rappresentato dalle foto della vista della finestra dei miei due alberghi. Quello dell’arrivo e quello del ritorno. Entrambi erano ai piani alti, ma con viste differenti…

Mi ha incantato la prima, mi ha perplesso la seconda. Ecco con questa città ho questo strano rapporto. Incantesimo e perplessità che coabitano insieme.
Certo, non posso conoscere una città come Tokyo in solo sette giorni; il fatto di averla girata molto meno attraverso le persone (rispetto ad altri posti) e più come “turista” non me l’ha fatta davvero conoscere. Mi riservo di “visitarla” ancora e di farlo con le “sue persone”. L’etichetta su questa città di “Incantesimo e perplessità” la lascio al momento, pronta a cambiarla in un attimo.

Questo post è solo il prologo di quelli che seguiranno. Post che davvero parleranno del mio viaggio. Questa è solo un’introduzione a un viaggio organizzato da sola per quanto riguarda il percorso e con l’aiuto del Centro Culturale Italia Giappone “Sicomoro” 1 (Se cliccate sul nome andate direttamente al loro link) per quanto riguarda l’isola dello Shikoku.

Ringrazio di cuore Matteo, Maurizio e Brunella. Grazie a loro il mio viaggio di questa terra, attraverso le persone, si è rivelato ricco, profondo e intenso. Del loro centro parlerò anche in altri post successivi.

Insomma, questo è un post per dire: “A raga’, so’ tornata!”.

  1. Il Centro Culturale Italia Giappone “Sicomoro”, è l’associazione con cui ho iniziato a studiare giapponese l’anno scorso. L’associazione nasce nel 2006 a Takamatsu, una città di circa 420.000 abitanti, situata nell’isola di Shikoku, opera sia in Italia che in Giappone. ↩︎

Infine solo per ricordare che non dimentico, e anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.