AMICI MASCHI


Che poi a uscire solo con amici maschi a bere, poi finisci a parlare di donne. Edwige Fenech, Scarlett Johansson, Serena Grandi, Anne Hathaway e un sacco di altri nomi che manco ti ricordi più.
Meno male che poi mossi a pietà ti nominano Robert Redford, Robert Downey Jr, Keanu Reeves e Johnny Depp (ok ok gli ultimi due li nomini tu) ma sopra tutti sta lui
Paul Newman

Che poi a uscire con amici maschi non cucchi mai

Che poi a uscire con amici maschi finisci col bere sempre un po’ di più

Che poi con gli amici maschi finisci la serata ad abbracci e a ti voglio bene e scrivi post che aspetti a pubblicare, che non si sa mai che cosa scrivi

Che poi a uscire con amici maschi ti domandi com’è che con i maschi amici azzecchi sempre e con i maschi amori mai?

Che poi lo sai. Sei un’ottima amica ma una compagna disagevole. Ma chissenefrega, son anche serate come queste, fatte di amici, di vino rosso e di risate che rendono la tua vita speciale.
Poi, chissà, forse, un domani tra un sorso di rosso, una risata e una mano che porta il bicchiere alla bocca, troverai l’amore che alle labbra porterà un bacio.

MARTEDI’ SERA


Vivere la sera come un episodio di una situation comedy. Rider con gli amici per nascondere i pensieri. Prosciugare insieme bocce di vino, due valpolicella è un chianti. Stipulare un patto con il barista e far la tessera come per il caffè, ogni dieci uno in omaggio, ma per le bottiglie di vino. Perderla subito, la tessera, perché un po’ brilla lo sei e chiedere un duplicato. Parlare di donne. Far figure di pesce (perché cazzo non si può dire, ma forse si, siamo sul mio blog) e rider di se stessi. Far del martedì una tradizione. Mandar una buona notte e pensare che la vita, quando la costruisci tu, sì, è bella, sì, anche se quello spazio attende ancora il suo proprietario.

Ed è solo martedì sera.
Glass

I MIEI AMICI


Sono stata il copridivano domenicale del mio divano. Io e lui. La copertina e il pc sopra me. Netflix aperto e la quarta serie di “The new girl” che scorre davanti agli occhi.

Rido e penso.
Sarà che riconosco tanti discorsi, tanti “personaggi” seppur estremizzati fanno parte del mio vissuto. Rido di me, dei miei amici, rido di cuore, delle nostre imperfezioni, dei nostri “bisogni” d’amore, delle nostre paure e dei nostri difetti, i nostri lati fragili, del nostro cercar di vincere l’egoismo innato, del riuscirci a volte e a volte un po’ meno.
Rido e penso.

Penso a C. e ai “dai cinque minuti” su skype sabato pomeriggio che son diventati tre ore.

Ripenso alla pizza con le cipolle di sabato. Ricordo un barcollare ubriachi di una sera di luglio per le vie della città con l’ultimo bicchiere di mojito che passeggiava in mano nostra. Alle chiacchiere davanti a un tavolino, una candelina al centro, e tante parole in mezzo. All’abbraccio dato o preso per lenire un dolore. Alle risate, tante, per sconfiggere una vita che a volte ci vuole un po’ tristi.

Penso a D.E. che mi chiama alla dieci di sera per dirmi “Solo a confermarti di quello che dicevamo” ed io a rispondergli “Sì, ma te, solo psicopatiche”.

Amo questa serie perché amo i miei amici
The new girl

COME STAI?


Vedi tra amici veri, il come stai non dovrebbe mai esistere, tranne quando sai già che l’altro non sta bene e domandi non per chiedere, ma per affermare “sono qui per te”.

Tu forse non lo hai ancora compreso, ma i tuoi “Come stai?” sono la prova che amici non lo siamo più. Gli amici sanno sempre come stai. Se lo domandi, è perché non sai più nulla di me, a parte le parole che io dico. Quelle che uso per ricoprire le mie nudità davanti al mondo.

Spesso rimaniamo legati a un’idea, un’immagine, un’emozione, una persona che ha radici nel passato che ora non c’è più. La vedi la catena? Ed io odio le catene.

Sento l’impulso ad andarmene, a chiudere dietro di me la porta, perché almeno dietro quell’uscio ci sarà il ricordo di qualcosa che è stato speciale, mentre ora lo vedo ricoprirsi di muffa e decomporsi lentamente nel vuoto.

Mi freme il cuore nel vederlo agonizzare, preferisco l’illusione che lo spazio e il tempo si sposteranno in mondi paralleli, in questo non c’è più ossigeno.

In questo ti lascio libero dalla tua promessa.

Photo by Anuchit Sundarakit

SCATTI


Non sono una fotografa. Non ho macchine sofisticate, se mi parli tecnico, ti guardo come se l’aramaico fosse la tua lingua. Uso un cellulare, non so photoshoppare, non so alterare, insomma non so, o meglio so di non sapere.

Fotografo prima con la mente, poi con gli occhi, poi ascolto l’immagine con il cuore e infine scatto.

A volte quello che esce non è quello che ho visto, rimango delusa dal non riuscire a portare nei pixel quello che ho visto. Altre invece, rimango stupita, nell’essere riuscita a tirare fuori più di quello che avevo visto. Rimango lì a osservare quello che prima non avevo scorto.

Tutto questo dire di foto, non è per disquisire di foto, ma per parlare di una foto che ho scattato ieri sera e stamattina mi son riguardata. Nulla di che. Tuttavia.
Red Wine ©Diamanta
Tuttavia io guardo e vedo in ogni sfumatura di rosso, in quel punto di luce, in quei giri concentrici, in quelle impronte è racchiusa una vita, la mia, ma non solo. In quei pixel ho fissato una sera, le risate, un affetto di sedici anni e uno che l’anno non lo ha ancora compiuto. Il sapore tannico, vellutato, armonico dei miei anni. Una progenie lontana, felice dové, ma che il quarto insieme l’avrebbe fatto. In quel rosso c’è il mio cuore che si apre alla vita insieme a cuori acciaccati come il mio, ma che di necessità virtù, brindiamo e ridiamo insieme.

La foto no, non è perfetta. Non è patinata, sofisticata, manca tecnica, manca perfezione. Però è viva. Io sono viva e ci son attimi di vita in cui la perfezione la rasento.

PEZZETTI DI VITA


E’ passata una settimana, sembra passata una vita.

Ho spostato la scrivania e anche il divano, per non lasciar immutata, come un’istantanea, qualcosa che è cambiato. Sedersi davanti è un altro discorso. Sappi che sono così orgogliosa di te, da rasentare quasi il magone, kartoffelollina mia.

Sabato sera pizza da asporto, cinque pizze e quattro amici in casa.
Loro bevono birra, io acqua. Discorsi da amici, dal pene che si odora all’inventar nuovi termini come “indistruggibile” (R. te lo ricorderemo a vita).
Netflix (grazie Chiwaz) e “Ghost in the Shell” nell’etere. Anime. In tutti i sensi. Anime dentro il video e anime accoccolate tra il divano e la poltrona.

Sabato, il prossimo, inizio la mia di avventura. Avventura giusta? La percezione che lo sia c’è. Se non lo fosse, aggiusteremo in corso d’opera. Perchè lo penso? Perché quando si presentano ostacoli, arrivano anche con le soluzioni. Perché se arrivano i dubbi e le incertezze, arrivano anche le risposte che li sciolgono. Insomma una strada da percorrere, ma con una pendenza a mio favore.

Mi vedo. Mi vedo dall’alto. Puntino in questo universo. Frammenti di vita, la mia, in un momento in cui di stabile ci sono solo io, e non è detto che lo sia mentalmente. Nuovi frammenti di vita che s’intersecano con me e vecchi frammenti destinati ad andarsene, come foglie in autunno.

Sono semplicemente in vita. Davanti a me ho tutte le possibilità aperte.
Ne sono consapevole, è un dono, per questo ho gratitudine nel cuore.
hope

SEMI


Volevo parlarvi di disgusto e grettezza e invece vi parlerò di una parte dei miei sogni d’oggi.

Sogno una casina piccola, un pezzettino di giardino, io e le mie bestie, boschi colorati di oro e rosso in alcuni momenti e multicolori in altri, passeggiate con code ritte e code che scodinzolano.

Sogno risate colorate di vino rosso, un camino, parole che scivolano tra uno sguardo e una castagna, mentre i fiocchi di neve si corteggiano tra loro.

Sogno di pensieri caldi. Chiacchiere che avvolgono, fatte con chi i sorrisi e l’amore, te li strappa, anche se non vuoi, senza neppure che te ne accorga.

Sogno le mie anime antiche, fatte carne, qui con me, sorseggiano te e caffè, qualcuna di loro si accende una sigaretta, qualcuna una canna. Io sorseggio spritz amaro che di dolce son già io.

Voi lo sapete vero, che i sogni, son i semi della realtà?
Sognate tantissimo, sognate intensamente, sognate allo sfinimento, più sogni piantate più la vostra vita sarà piena di colori.
colorful

HO IMPARATO


Sto imparando a tacere (bugia)
Sto imparando a contenermi (bugia)
Sto imparando a vivere (verità)

E non sempre mi riesce bene. A volte cado e mi sbuccio le ginocchia. Ma a volte mi riesce proprio bene, come mangiar caldarroste, una sera fredda d’inverno, davanti al camino con un bicchiere di vino rosso accanto e voci amiche che riscaldano il cuore.

Nel frattempo ho imparato a buttar fuori ciò che invece porta freddo, scuro, cupo. E da ciò ho appreso a diffidare di chi mi cerca solo nel momento del bisogno, da chi mi loda e m’imbroda, da chi mi esalta per comprarmi, dalle persone grette, da quelle false e da quelle che si piangono sempre addosso mentre fanno piangere gli altri, dagli scontenti e dagli imbronciati che aveva ragione mia zia a dir “dare a chi ride togliere a chi piange”.

Ho imparato a buttar fuori dalla mia vita tutto ciò, staccandomi da loro, come un vecchio petalo da un fiore.

E ho imparato che quando pensi di aver imparato, ti scopri solo a un nuovo punto di partenza.

Ma va bene così, perché ho imparato che i miei nuovi punti di partenza, son persone, anime come me fallaci, a volte un pò ingenue ma pulite. Se il mondo fosse pieno di loro sarebbe un posto migliore.

Io mi tengo il calore, i sorrisi, le persone vere e il cuore pulito il più possibile.

Photo by David Talley

IL FUTURO E’ OGGI


Thomas e Agata loro viaggiano, non fanno i turisti. Viaggiano. Nessun albergo prenotato, nessun ristorantino tipico. Viaggiano nel mondo. Se un posto gli piace, si fermano anche mesi, se non gli piace, vanno avanti.

Vale un giorno ha deciso. Non è stato semplice ma ha deciso, ha cominciato a viaggiare. Io non so neppure quanti paesi abbia visitato ormai e in quanti abbia vissuto. Le dico sempre che lei porta un mio pezzo del mio cuore in giro per il mondo.

Robi suona e ha portato se e la musica che amo, in giro per Gea. Ha lasciato musica e raccolto sorrisi, ha mosso energia e l’energia ha mosso le persone.

Annita, ha vissuto, in Spagna, in Inghilterra, a Berlino e ora è volata in California. Attraverso le sue foto e le sue parole vivo un presente che mi sarebbe piaciuto avere.

Loro son pezzi della mia tribe. Guardo loro e me lo domando: “Dio la mia anima è così, perché mi hai dato una mente così poco coraggiosa per seguirla?

So che mi hanno ancorato le mie insicurezze giovanili trascinate anche quando la parola “giovane” fa sorridere benevolmente. So che le mie catene hanno il nome di “bisogno di certezze e sicurezze”, quando in questo mondo non esiste nulla di certo e sicuro.
La mia anima non ha mai chiesto certezze e sicurezze ma solo di volare.

Scrivo nel blog anche per questo credo, rinchiusa tra doveri, ufficio, responsabilità, attraverso le parole scritte, attraverso questo piccolo spazio nella rete, metto ali alla mia anima, così che almeno lei possa viaggiare. Lei lo fa, e vede mondi diversi, non rimane prigioniera di quello che la mia mente ha costruito.
E’ stata la mia anima a salvare la mia mente nei momenti bui, mai viceversa.

Tutto questo solo per dire, andate avanti, non credere a chi butta sabbia cui vostri sogni che hanno cominciato ad ardere, credete a voi e solo a voi. Qualche sogno si frantumerà, qualcuno non vedrà mai la luce, ma qualcuno sarà il motivo per cui sorriderete tutte le mattine.

Non credete mai a chi vi dice “non riuscirai”, anzi cominciate ad evitarle come la peste nera, perché in fondo la peste nera la portano. Portano l’embrione della rassegnazione e del fallimento.

Se credete a chi vi dice che non c’è la farete, non c’è la farete sicuramente. Il contrario non assicura la possibilità certa, la possibilità è l’inizio del farcela.

Non credete a chi vi dice “ma ieri”, ieri son le radici sepolte nella terra.
Non credete a chi vi rimanda al futuro, perché il futuro è oggi.

Son comparsa tanti anni fa su questa terra, da allora, a modo mio, anche fallendo, ho fatto di tutto per non esser “comparsa” nella vita. Non faccio tappezzeria ai bordi nella vita, anche se non sono al centro assoluto del palcoscenico, non importa. Dalla tappezzeria mi son scollata.

Io son quella che balla se osservi il palcoscenico della vita.
Photo by Gabor Csorgo

L’ASSENZA


Che io sia esigente è cosa che pensano in molti. In verità sono meno esigente di quello che sembro. Ho solo dei punti cardine quasi inamovibili. Detto ciò, nonostante i miei principi, i miei integralismi e questa mia “esigenticità”, capita che cada nel cuore di alcuni, e alcuni cadano nel mio. Quando ciò accade, io divento presenza.

Spesso, invece, mi ritrovo a che fare con l’assenza.
A volte sospetto che sia lo stesso problema del fare. Se faccio io, non lascio spazio a che facciano gli altri. Se parlo io, non c’è spazio per le parole altrui.

Dovrei assentarmi, celarmi tra le pieghe dei miei pensieri e lasciarmi alle spalle tutte queste piccole assenze, che in giorni come questi, si vestono di nuovo, formano un unico vuoto.

Le assenze sono fatte di parole vuote, si specchiano nell’altro ma non lo vedono, vestite d’ipocrisia portano con sé fiori velenosi.

Le presenze sono nude, si spogliano sotto i tuoi occhi, con le rughe a vista quale mappa delle terre visitate su questo mondo e le smagliature a ricordare che la vita non lascia nulla di immutato.

Presenze

Le assenze son camaleonti discreti, non fanno rumore, si riempiono di vuoto, falsi sorrisi, amori servi di poteri, paure e bisogni.

Le presenze fanno rumore, infastidiscono, chiassose nel loro silenzio, ingombranti nel loro guardarti, a volte morbide a volte pungenti nel loro dire.

Le assenze di valori, di amore, di principi, di sorrisi, di cuore, di rispetto, di verità, di presenza, di vita.

Io non potrò mai abituarmi all’assenza.