PERSONAL INCEPTION


E’ buio, cammino nel giardino di casa. Un piccolo sentiero porta alla salita, dove c’è la siepe che circonda la casa e nel contempo porta all’uscita. Un fruscio tra le foglie e il mio cuore batte più velocemente. Sono sola e spaventata. Percepisco ma non vedo.
Come nei migliori film thriller chiedo a voce alta: “C’è qualcuno?” e come da trama nessuno risponde. Io so, lì c’è qualcuno che mi vuole far del male. Riesco ad intravedere un cane che ringhia, ma non chi si muove nella siepe.
La paura mi sta bloccando. All’improvviso capisco, sto sognando! Sollievo, se sto sognando basta che mi allontani e il pericolo e la paura spariranno. Inizio ad andarmene, poi mi blocco e torno indietro. Vada come vada, questo incubo lo affronto.
Salgo il sentiero, mi ritrovo nella mano il mio coltello da cucina, quello che maneggio con timore tanto è grande e affilato. Son in alto, vicino alla siepe e inizio, come una folle serial killer, a lanciare fendenti contro la siepe e l’aria, per quanto non so.
Respiro affannosamente. Sono stanca. Ad un certo punto mi fermo, non so se l’ho ucciso o no, ma so che se muoio io, lui verrà con me, non morirò da sola.

Mi sveglio. Ho ancora un pò di fiatone e rimasugli di paura scorrono nelle vene. Faccio fatica a tornate in questo mondo. Continuo a sognare di svegliarmi, ma non mi sveglio, poi infine ci riesco, ed eccolo lì, il mio pensiero “dito mediano alzato“. Non più preda impaurita, ma cacciatrice.

Sospiro. Richiudo gli occhi e mi riaddormento.
Sogno ancora. Sogno di sognare e nel sogno sogno, e in questo sogno so di sognare nel sogno.

TENSIONE EVOLUTIVA


Venerdì, mi è stato detta una cosa che già sapevo, ma sentirla dire a voce, da quella voce, è stata come l’ultima onda di uno tzunami, quella che si porta via tutto ciò che era vivo e dietro se lascia morte e macerie.
Ho guardato quello spettacolo di vuoto da ripulire, non è cosa da poco.
Del resto funziona così, per far arrivare il nuovo bisogna spazzare il vecchio, o almeno così dicono. Saperlo, in ogni caso, non mi ha fatto sentire meno amaro in bocca, per due giorni il pensiero tornava, mi lambiva la mente, anche di notte.  L’amaro è un sapore che resiste in bocca.

Sabato pranzo fuori, vetrata vista lago. Il cielo grigio, la pioggia, le nuvole cariche e il vento che fa muovere l’acqua del lago in piccole onde rabbiose. Osservo quel mondo freddo dal caldo del locale. Guardo quel paesaggio che conosco così bene, è casa, ma sento anche quella fitta che trapassa, è il tempo veloce che passa e che non è ben speso. Quella fitta ha un nome, rimpianto. Rimpianto di un tempo senza tempo, speso in sogni e progetti.

Cresce questa necessità di cambiare. Dovremmo ogni tot anni cambiare luogo, paese, abitudini, gente, lavoro. Perchè dove viviamo conosciamo, pian piano, tutto alla fine.  Questo ci toglie il piacere della scoperta, del tempo, del viver, del posto e delle persone.
In questo pezzo di terra, ci abito da una vita, so a memoria la pianta della città, so dietro ogni via cosa si cela, non c’è più vita e vivacità nel mio girare qui, tutto visto e rivisto. Ogni luogo ha un ricordo e una sua memoria che affiora, non lascia spazio a che se ne creino di nuovi.
Dovrei, vorrei andarmene, questo posto ormai mi consuma senza darmi niente in cambio. Mi blocca la paura, come sempre. Io e il mio bisogno di certezze, pur sapendo ormai, che di certezze la vita non da.

Sospiro, il mio oroscopo dice di portare pazienza, che arriverà l’estate. Non ho pazienza, ma so che nel mio mondo non ci sono solo splendidi papaveri rossi, ma anche giornate di pioggia che accompagnano e fanno scivolare in profondità.
Devo solo ricordarmi di aprire l’ombrello, quando la pioggia è troppo forte, se poi lo trovo del colore dei papaveri, ancora meglio.

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IL TUNNEL – LA FINE E L’INIZIO



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Non so se quel barlume di luce che ho visto in lontananza sia l’uscita o semplicemente qualche altra sfera che viaggiava nell’oscurità.
In lontananza sento delle voci, si sono voci, ci sono persone che mi stanno aspettando. Sorrido, la fine del tunnel è vicina, non ci posso credere, è stato molto meno lungo di quello che credevo.
Mi fermo, non per paura di uscire, ma solo perchè devo capire come ne uscirò.
E gioisco. Pulita, senza emozioni negative, nessun rancore, chiudo gli occhi e penso a Lui.

Ti ho aspettato tanto, non posso più, non ha più senso in questa vita, abbiamo fallito entrambi e non è colpa di nessuno dei due se siamo stati incapaci di migliorarci, di cambiare, di comprenderci. Ti auguro solo bene, solo la forza di superare le tue prove, ti auguro di innamorarti profondamente ed essere profondamente riamato, perchè è l’unico modo perchè tu possa capire comè ingiusto per te e gli altri la tua chiusura alla vita e all’amore.
Avrei voluto essere io la donna in cui tu ti saresti perduto, come io mi ero persa in te. Ma abbiamo fatto scelte diverse.
Col tempo, forse, riuscirò a starti accanto come persona, in attesa di un’altro tempo, un’altra epoca, un’altra opportunità, ognuno dei due vivrà la sua vita”

I pensieri si bloccano di colpo, congelati da un attacco di paura.
Cè qualcuno nel tunnel, una presenza umana, comè possibile? Nessuna energia umana può entrare qui, nessuna, non è possibile

Nessuna…… nessuna tranne chi ha fatto si che io entrassi qui, nessuno tranne chi avendolo costruito, impastato i mattoni di cui è fatto, sa come e dove entrare, dove ci sono porte nascoste, via di fuga celate, nessuno tranne Lui.

E ti sento, mi giri intorno impalpabile ma presente come non mai.

Cosa ci fai qui? Cosa sei venuto a fare qui? Ti avevo supplicato di non venire a riprendermi. Ti avevo chiesto torna solo se cambi idea, solo se sei disposto a rischiare di vivere la vita insieme a me.

Non rispondi, non dici nulla, mi giri attorno, mi sfiori, sento le tue labbra sulla spalla, sulla pelle, sul collo, le tue mani mi sfiorano.

Ti prego vattene, non farmi del male ancora, lo sai che ti amo, che mi basta un tuo sguardo, un tuo semplice tocco, perchè io mi abbandoni ancora a te, ti prego….

Non rispondi e non ti fermi, io lotto con me stessa e con te allo stesso tempo, una guerra persa in partenza, non riesco a combattere su due fronti contemporaneamente.
Mi prendi, mi stringi e mi sento sollevare in alto, sempre di più, non tocchiamo più la terra, insieme abbracciati, risaliamo fuori dal tunnel verso un cielo grigio e plumbeo.

Ho paura
Quando riesco a riaprire gli occhi, vedo sotto di noi, una terra strana, desolata e al contempo nel suo profondo ricca.

Tu mi guardi e sorridi, mi stringi, mi sfiori, scivoli in me, mi confondo in te, ti confondi in me, sospesi nel vuoto.
Vorrei dirti di no, ma rispondo si, come sempre.

Forse, ha capito, forse ha ricordato, forse sta rischiando, forse….

Pensieri che si perdono, appena tu mi richiami a te, ancora, avvolgendomi, abbracciandomi, coccolandomi come mai non hai fatto.
Dentro di me sono terrorizzata e se mi illudessi ancora?
Ma potrebbe ferirmi ancora così tanto sapendo di farlo?
Non riesco a credere che tu possa essere così, e mi abbandono a te, apro ogni porta, ogni parte di me, anche se il battito del cuore continua a rimanere accelerato come quello di una preda in trappola.

Quanto tempo è passato, qui non esiste il tempo vero, ma fuori, al di fuori di questo luogo quanto tempo è passato? Due giorni?
Siamo sospesi in questo cielo, la terra sotto di noi è lontana. Ti guardo e con la paura nel cuore ti domando se sei tornato perchè qualcosa è cambiato.
E rispondi non rispondendo, ed io insisto, e tu continui a dire non dicendo, fintanto che io capisco cosa vuol dire quel tuo non dire.
Mi rannicchio in una posizione fetale, mio Dio ti prego, questa lama affonda e brucia trapassandomi ogni cosa.

Mi abbracci mentre rimango rannicchiata e ti chiedo
“Perchè?”
Mi stringi
“Perchè sapendo che ti facevo del male?”
Voglio sapere, voglio almeno capire
“Si”

Che suono ha il silenzio? Come può essere così assordante il silenzio?
La tua risposta è stata il silenzio più profondo e assordante che io ricordi.

Il peso del tuo silenzio si adagia su me, mi schiaccia, cado verso il terreno, non riesco neppure a reagire, che senso ha reagire, contro cosa o chi?
Precipito, mi contraggo e rannicchio solo di più.

L’impatto al suolo è devastante, non cè una parte di me che non si spezzi, non riesco a muovermi, sento dolore ovunque, lo so non mi perdonerò mai di averti permesso di ferirmi ancora.
Non odio te, odio me.

Sei ancora accanto a me, mi accarezzi, usi un tono di voce caldo e dolce, vuoi che io rimanga nella tua vita, mi dici che io e te abbiamo un legame che supera le barriere del tempo e delle cose, che non comprendi perchè non ti voglio più vedere, questo legame esiste e ci sarà sempre. Di non rifiutarlo.

Quanto dolore sento, aiuto, qualcuno mi aiuti, mi vuoi nel tuo letto, nella tua vita ma non nel tuo cuore. E con il dolore sale ancora, possente, rinvigorito, quell’emozione, il rancore.

Come hai potuto? Come puoi? Di cosa sei fatto? Ma hai emozioni che non riguardino la tua persona? A che mondo appartieni? Ti sei mai reso conto che non esiste solo il tuo dolore? Hai mai capito che il fatto che qualcuno ti ha ferito non ti autorizza a farlo agli altri? O sei convinto che il tuo dolore sia diverso da quello degli altri? Che a te spetta il diritto di ferire gli altri perchè qualcuno a ferito te?
Hai mai compreso che la somma di due errori non ha mai fatto una cosa giusta?

Ti ringrazio Dio di non darmi forza ora, perchè se lo facessi, io lo distruggerei, lo annienterei, lo annullerei, lo farei sentire come Lui ha fatto sentire le persone, me compresa.
Ti ringrazio Dio di avermi aiutato in questa vita a non diventare come Lui.

Sono a terra impossibilitata a muovermi, non ho un osso che non sia spezzato, eppure sto andando via.
Te ne accorgi, mi stringi a te, mi accarezzi, mi vuoi, cerchi di portarmi a te con l’unica cosa in cui pensi di essere maestro, senza aver mai compreso che tra noi è sempre stato senza fine e stanchezza perchè eravamo due maestri e due allievi, ognuno insegnava all’altro la sua materia e apprendeva dall’altro.
Non hai mai compreso quali energie si focalizzavano, confluivano, pensando che era la parte materiale quello che lo faceva divenire speciale.

E accade, non pensavo, eppure accade, ti bastava uno sguardo, un tuo sfiorarmi leggermente, un tocco seppur involontario, e ora invece, mentre ti guardo negli occhi per la prima volta lo dico, stupendo le mie stesse orecchie

non ho voglia di far l’amore

non mi credi, non è mai accaduto, e insisti ed io continuo a dirtelo, perchè è la verita. La mia anima si è staccata dal corpo, non sento nulla, ne piacere ne fastidio, nulla.
Non mi credi, cerchi di spostarmi dalla mia posizione fetale, ti lascio fare, tanto non ti sento, ti guardo, continui mentre rimango immobile. Mi domando chi sei, come fai a non accorgerti, pensi che stia combattendo per non darmi e non comprendi che mi sto forzando per non andarmene.

non ho voglia di far l’amore

mi giro, ritorno nella mia posizione fetale, e chiudo gli occhi.
Insisti ancora e io mi domando se mi hai fatto il più piccolo sforzo che capire chi ero, che volevo, che cercavo, come vivevo, come amavo, ciò che mi rendeva felice o ciò che mi procurava dolore. Ti sei mai chiesto quanto ho pianto per te?
Infine desisti, ti accoccoli a me, e ti addormenti.

Rimango lì ferma, gli occhi chiusi e la mente sveglia, questo precipitare mi ha totalmente… mi ha totalmente… mi ha totalmente… non lo so, non lo so, non so più nulla ora.
Non voglio provare rancore, questa emozione mi consuma e mi fa star male.
Io lo so, dentro te, nascosto da qualche parte cè l’uomo che ho visto e di cui mi sono innamorata. Imprigionato in una gabbia, di paure e egoismo.
L’uomo che mi diceva “Sei troppo in alto per me” e io piangendo gridavo “Guardami, non sono più in alto di te, sono al tuo fianco, guardami”. Lo stesso che esausto con gli chiusi diceva “Sono stanco di proteggerti da me, io ti porto nella merda” e che non hai mai capito che per me non esisteva merda dove c’era Lui.

Sono stanca, riapro gli occhi, mi alzo, cerco di far piano per non svegliarti, ma tu ti accorgi e mi prendi la mano, provi ancora a condurmi a te.
Ti guardo, sorrido con pò di amarezza, ti bacio in fronte, ti amo ma non ho più voglia di far l’amore con te, non ho più la capacità di aspettare quell’uomo che anche tu non vedi a volte, quell’anima che conosco da molto e in questo tempo non riesce a fuggire dalla gabbia in cui è rinchiuso.

Se tu ti amassi la metà di quanto ti amo io…..

Mi dai un bacio leggero e mi dici ciao, ricambio il tuo bacio ma rimango in silenzio, perchè io non ti sto dicendo ciao. Anche se ti vedrò ancora, anche se saremo vicini a volte, il mio è un’addio, non a te ma al carceriere che in questa epoca non riesci a combattere.

Devo andare amore mio, chi ti tiene prigioniero sta cercando di uccidermi e non posso difendermi senza ferire te.
Devo andare amore mio, ma è solo per poco, sappiamo entrambi che il tempo tra noi è solo una concezione senza senso, devo lasciarti per darti la possibilità di vincere i tuoi demoni.
Devo andare amore mio, ma ti aspetterò in un’altro tempo e in un’altro luogo

Camminare lontano da te mi costa fatica, le fratture mi fanno procedere lentamente e ad ogni passo sento dolore, ma non posso fermarmi, devo allontanarmi, non so per quanto tempo sarò così forte da poter rinunciare a te.

Guardo il cielo, è cambiato.

non posso più rientrare nel tunnel, mi ritrovo su questa terra senza più punti di riferimento, senza più sapere dove andare. Esserne uscita non mi fa provare meno dolore, ne fa sentire meno il vuoto che ho, è comunque un nuovo inizio, zoppicando cammino avanti, prima o poi saprò dove sto andando, prima o poi ci ritroveremo.

25 CHILI E IL CIELO STELLATO DI SOLI


Di questo ultimo anno mi porto dietro una corazza di grasso a protezione di un cuore, 25 chili di spessore tra me e il mondo per paura di sentire ancora dolore, per allontanare uomini che hanno una visione epidermica della vita e di me, per soffocare la perdita di un’amicizia.

In questo ultimo anno ho perso la speranza, il credo, le fondamenta, le pareti di me stessa e per questo ho cercato il “suicidio” attraverso il cibo. Però ho combattuto a modo mio, ho chiesto aiuto e ho stressato chi mi è vissuto accanto con la visione cupa e senza speranza del mondo. Nondimeno, mentre ciò accadeva io combattevo, a modo mio, muovevo energia a caso, camminavo senza direzione, tutto pur di allontanarmi da quel punto. Ho camminato davvero senza speranza, senza sapere dove ero e dove andavo, ma non mi sono mai fermata, o non più di tanto almeno.

Ma a fine di questo anno ho imparato. Ho imparato a perdonare, o quanto meno ad andare oltre, perché non tutti siamo allo stesso punto di comprensione della vita e come annaspo io, annaspano anche gli altri nella vita.
Ho appreso che il perdono implica il dare in ogni caso ad ognuno le proprie responsabilità e il dover affrontare le conseguenze delle proprie azioni.

Alla fine di questo anno, ho capito che il mio camminare senza meta, il mio cercare, il mio muovermi era rivolto a me stessa, mi stavo cercando e mi son trovata, ritrovata. Quando questo è accaduto, la mia vita ha ripreso a scorrere e son arrivate persone luminose.

Ora, in fondo a questo anno, mi trovo con questi 25 chili che da protezione son diventati prigione angusta e non mi appartengono. Da questa prigione io vorrei uscire ed è ora che cominci a picconare questo muro da qualche parte.

Questo post, questo scritto, serve a me per metter un punto e un fissar un obiettivo, ma mi serve anche per dire a chi passa un momento cupo della sua vita, di non smettere mai e poi mai di cercare dentro di se. Alla fine tutto l’universo è lì dentro, sole compreso, quando lo troviamo, quando ci troviamo, altri universi arrivano a noi, altri soli illuminano con noi la vita.

Oggi io ho un cielo stellato a giorno pieno di soli.

Insomma, non smettere mai di cercare di sorridere e credere, nulla e per sempre vero, neppure il buio.

CONSAPEVOLEZZA


Spuntava l’alba. Di quella mattina ricordo il mio guidare pigro, l’odore di lui sulla pelle, la luce che lentamente colorava tutto come un pennello dai mille colori, la mente piena di pensieri che si attorcigliavano come serpenti e il cuore appoggiato lì sopra. Poi quello squarcio interiore.

Una marea emotiva, una sensazione di pienezza e comunione. Un pensiero su tutti che si innalza da quel groviglio annullando tutti gli altri:  “Sento. Sento così tanto da espandermi in ogni cosa.  Amo così tanto, da riempire ogni cosa dentro e fuori me, così tanto da bastarmi. Dio, ho la fortuna di essere capace di amare in questo modo.”
Mentre pensavo a questo mi sentivo stupida, piangevo e ridevo insieme. Un frammento di gioia allo stato puro. Un minuscolo frammento di consapevolezza, che avrebbe fatto la differenza sul capire molte cose nel futuro, anche la consapevolezza che avrei pagato ogni singola lacrima di gioia che stava scendendo in quel momento. Pochi minuti.

Non pensate a misticismo vario e assortito o a Dio che apre le nuvole e mi parla, oppure a una delle mie personalità, quella pazza, abbia preso il sopravvento. Solo la sensazione di essere un tutt’uno con il mondo e l’aver pensato che “Non aver mai amato veramente è come essere uno zombie emotivo, ed io non lo sono. Non lo sono mai stata. Controllata si, spaventata si, nascosta si, timorosa si, prigioniera si, ma sempre viva e vera”.

In quello squarcio, in quella esplosione, in quel minuscolo frammento di capacità, sentivo il collegamento con l’universo fuori e il mio universo dentro, quella sensazione di esser capace di amore, di quell’amore che basta a se stesso. Quell’attimo nessuno avrebbe mai più potuto togliermelo.
Nello stesso momento in cui provavo questo, sapevo già, che in questo mondo, ogni cosa ha il suo alter ego opposto. In quella stessa scheggia di tempo in cui piangevo così intensamente di gioia, sapevo che avrei pianto con la stessa intensità, di dolore.
E cosi fu.

La consapevolezza non è riuscire ad evitare il dolore, ma avere la capacità di affrontarlo.

LE MENZOGNE INDOTTE


Questa mattina ho letto  Pinocchio , scriveva di bugie.
(Pinocchio certo che con un nick come il tuo parlare di bugie).

Commentandolo raffrontavo che senso avevano per me le bugie, le mezze verità e le omissione di verità. Insomma diciamolo per me son parenti stretti tra loro, cugini di primo grado, facenti parti della tribù degli inganni.
Le bugie richiamano altre bugie e rendono schiavi e ricattabili chi le dice. Diciamolo, le bugie non mi piacciono per niente, ne dirle, ne riceverle (consapevole che son umana fallace ed erro anche io).

Poi venendo in ufficio oggi, mi son ricordata che ci son bugie non bugie. Quelle dei vigliacchi. Ne scrissi pochi anni fa.

Le menzogne indotte

Le menzogne indotte sono quelle che non vengono dette esplicitamente, ma ti vengono soffiate leggere e impalpabili nel cuore.

Le frasi a metà, lo sguardo che devi interpretare, la domanda che fai e alla quale come risposta hai un’altra domanda.

Le menzogne indotte sono peggiori delle menzogne palesi, non hai difese e chi te le dice non le ha dette, te le ha solo suggerite.

Le menzogne indotte sono veleno dell’anima, ti fanno sbagliare le scelte di vita e ti fanno tradire te stessa.

Le menzogne indotte sono bombe a orologeria, quando esplodono ti squarciano i polmoni e non riesci più a respirare.

Le menzogne indotte vengono usate da chi non ha il coraggio della verità, ma neppure della menzogna.

Le menzogne indotte corrompono chi le suggerisce e chi le ascolta, e a volte si nascondono sotto candide lenzuola.

UN SILENZIO ASSORDANTE


Scrivo poco nel blog perché ho tanto da dire. Ossimoro veritiero.

Parole che sfrecciano nella mente ed emozioni che navigano placidamente.
Pensieri che in fila si accalcano per uscire dalle dita e facendolo ingolfano l’uscita.
Il cuore trabocca, tento inutilmente di sorvegliarlo, mentre cerco un contenitore in cui versare.
Silenzi rumorosi mi assordano l’anima.

Mi manca il tempo manca per scrivere delle mie parole, delle emozioni, dei pensieri e di questo cuore che ogni volta pensa di non farcela più e ogni volta risorge.

DISTACCO


Ci son giorni in cui percepisci il mondo come un’estensione di te. Sai perfettamente dove termini e dove inizia il resto, ma in qualche modo sei collegata.
Questi giorni ti portano a capire e ti conducono a certe notti in cui i sogni son particolari, le sensazioni son diverse e tu sai che non è proprio un sogno. Stai bene, sei avvolta, qualcuno comunica per aiutarti e tu assorbi come carta assorbente per comprendere.

In qualche modo tu sai, che quella sensazione è reale. Al risveglio porti con te un ricordo, un insegnamento, che cerchi di memorizzare continuamente altrimenti man mano che la luce splende, si scioglierà come neve al sole. E rammenti che ti sei detta la parola da ricordare.

Ecco, la mia parola da ricordare di questa notte è distacco. Non freddezza, separazione o lontananza, ma solo il distacco per “vedere” mentre partecipi alla vita, per essere obiettivi e veri. Quel distacco che ti serve per non perderti ancora o farti rubare mentre vivi.

Respiro, ho ritrovato il mio cammino.

MAGIA


La riconosco. E’ nell’aria. Energia o Magia, chiamatela come preferite.

Ci son attimi, momenti in cui l’aria ne è impregnata, l’avverto intorno, mi avvolge come uno scialle e penetra in me quasi fossi un terreno e lei acqua.
Non magia per me, non qualcosa che viene per me.  Attorno, invisibile, ma c’è.
E’ come la brezza, la senti sulla pelle, l’avverti nelle orecchie, l’assaggi con la punta della lingua.  Ma la brezza non è lì per te.

A volte avverto energie così, attimi, bolle. Mi fanno stare bene. A volte sorrido e a volte mi mettono quella punta di malinconia che non uccide, ma amplia la percezione. Come se tutta la conoscenza fosse lì a portata di mano. Ti allunghi per prenderla ma per quanto ti sforzi manca sempre un millimetro. Non ci riesci ma pensi la prossima ci riuscirò.

Socchiudo gli occhi. Assaggio con la punta della lingua.

VI LOVVO


Ho poco tempo e sarò breve. Scrivo perché non posso contenere il piacere di avervi conosciuto dal “vero”, scrivo per ringraziare  il cielo, il periodo, il momento, il mondo, di esser stata con voi sabato a Bologna . Si lo so, paio un pò zuccherosa, al limite del diabete, ma oggi va così.

Conoscere le persone non è facile, conoscerle davvero in rete ancora meno, non sai mai chi aspettarti. Infatti, anche con voi, la sorpresa c’è stata. Siete diversi (un pò) dall’immagine data dalle parole del vostro blog, siete decisamente meglio. Le parole che usate per dipingervi in rete non rendono tutto ciò siete: veri, ironici, intensi, sorridenti e ricchi di calore.

Ok ok anche le mie son parole di blog e di conseguenza non rendono.  Chi c’è stato sa cosa intendo, chi non c’è stato potrà la prossima volta che organizzeremo, perché lo faremo!
Sappiate che già mi mancate. VI LOVVO.

In stretto ordine alfabetico….
Baol
BriCciole Di Te
Elena
En Joy
Gio
Mirko
Olivia
Un uomo in cammino