ONIRICONAUTA


Quelle tre dita premute con forza sulla bocca dello stomaco mi spingono “oltre”.

L’ignoto mi congloba, ma quella mano che mi ha spinto non è nemica.
Quei tre o forse quattro punti bianchi luminosi che vedo poco sopra me, son solo l’apertura di qualcosa che mi è benevolo, ma la paura trattiene come tela di ragno.
Poi mi lascio andare.
water

Al risveglio non ricordo molto.
La memoria è cubetto di ghiaccio sulla sabbia rovente a mezzogiorno.
La sensazione rimane lo stesso, forte.
Il peggior nemico che ho, che abbiamo, è la paura di ciò che non conosciamo.

Noi cerchiamo di costruire castelli sulla terra, quando dovremmo ricordarci che la vita è un mare in movimento. Le acque possono esser pericolose vero, ma anche cullare come braccia di madre.

Lo scrivo qui per ricordarlo, perché non so voi, ma io lo dimentico troppo spesso.

DENTIFRICIO ALLA MENTA


Morfeo bacia morbido
labbra dischiudono
lingua di menta
cicatrice che pulsa
Photo by Ivan Tsupka

UNA VACCA TRAFITTA DA UN RAGGIO DI SOLE


Ti svegli, esci, e non ti aspetti certo di trovarti di fronte una lama di luce che attraversa il cielo per toccare la terra. L’abbinamento che fai con la poesia è immediato.

La poesia di Quasimodo te la ricordi bene. Quando l’hai letta la prima volta avevi 11 anni e ti è rimasta impressa a fuoco nelle sinapsi, subito!

L’hai amata, sentita, percepita e disperatamente sperato fosse non vera. Quasi sapessi già da allora… il “viaggio” sulla terra si fa da soli, nonostante tutti i tuoi tentativi negli anni di condividere il mondo, si cammina da soli. I più fortunati, per tratti, condividono un pezzo di percorso.

Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole
ed è subito sera.

Divago con la mente parlando a me stessa. Però, accadde proprio così. Questa poesia mi colpì come un pugno allo stomaco, questa è un’altra ancora di più. In tre anni di medie inferiori due poesie mi hanno segnato. Le altre son passate, si belle, ma percepite come ruscello che scorre.
Questa di Quasimodo e “La Vacca” di Esenin furono parole scritte che mi impregnarono l’anima scendendo in profondità nello stesso istante in cui le lessi. Ancora oggi mi domando se esse influenzarono la mia vita o semplicemente la sfumatura della mia anima era atta a comprenderle già da allora.

PS: Sì, in effetti, a pensarci bene, il titolo del post potrebbe essere fuorviante, ma adoro mischiare sacro e il profano 😉

PPS: giusto per farvi capire, quanto, sin da piccola fossi una tritura palle malinconica, vi metto qua sotto anche la poesia Di Esenin (scusa per poterla rileggere anche io)

La vacca
Decrepita, senza più denti,
sulle corna il volume degli anni,
la percuote l’uomo violento
lungo i campi e lungo gli stagni.
L’anima è aliena al rumore
mentre le talpe raspan nei campi,
in cuore essa medita ancora
al vitello dai piedi bianchi.

Le hanno tolto la sua creatura,
le han negato la gioia più bella.
Su un pertica oscilla alla furia
del vento la povera pelle.

Presto nei campi silvestri,
come hanno fatto al vitello,
le metteranno il capestro
e la condurranno al macello.

Le corna con un lamento
si pianteran nel terreno.
Essa sogna boschetti lucenti,
pascoli grassi e sereni.