Il suo ingresso è stato plateale, occhi spalancati sul mondo e mano chiusa intorno al cordone ombelicale, come fosse aggrappata al palo dell’autobus e aspettasse la sua fermata per scendere. Il suo indice di Apgar fu 10, fin da allora intenta ad ottenere il voto più alto.
Qualche anno dopo all’asilo era una testa di riccioli impossibili, due occhioni e una forma di tenerezza-protezione verso quelli più piccoli di lei, uno dei pochi momenti in cui ha permesso a questa parte dei lei di essere visibile (si lo so, un po’ mi detesterai perché lo dico).
Alle medie inferiori, un’adolescenza precoce (del resto dall’indice di Apgar in poi ha sempre cercato di arrivare prima in ogni dove) sconvolse me, madre, convinta di aver sbagliato tutto, educazione compresa. Di non aver fatto nulla di buono e di aver fallito.
Alle superiori il suo forare l’adolescenza verso la forma adulta non fu indolore, ancora oggi cicatrici di quel periodo glielo rammentano e coincisero con il mio forare la vita verso la consapevolezza. Ripenso ad allora, sospiro di sollievo all’idea di quanto siamo state entrambe baciate dalla fortuna e nel contempo consapevolmente determinate. Del resto la fortuna aiuta gli audaci.
Poi l’università tra scelte di studi e crescita, tra la ricerca di se e la ricerca del mondo, in qualche modo han fatto passare gli anni cercando di centrare l’obiettivo. Per lei e il suo interiore “Indice di Apgar” è stato stressante e spesso lo è ancora.
Lo studio all’estero, la laurea, il 110 con lode, il master ancora all’estero, il ritorno in italia, il programmare un secondo anno di master, la ricerca infruttuosa di una temporanea fonte di cash per il secondo anno di master, è stato un attimo, senza nemmeno accorgersi si arriva ad oggi.
Oggi il tuo essere donna fatta di mille sfaccettature, le tue paranoie e le tue idee geniali, la tua forza e i tuoi timori, il tuo interiore esposto così tanto da celarsi a quasi tutti, l’essere quella che sei anche con quei lati del carattere che a volte veramente ti prenderei per i capelli e ti fracasserei i denti sullo spigolo del tavolo (ma con amore naturalmente), l’ironia, il cinismo, la correttezza e l’uso della verità. Tutte queste cose, e altro che non cito, fanno di te, la persona, non solo la figlia, la donna che in tutti questi anni ha continuato a farmi dire: “Se non fosse mia figlia, la vorrei come amica“.
Accade a volte che il mio lato oscuro caratteriale, il mio stress e il mio nervosismo prendano il sopravvento e ti feriscano o quantomeno ti facciano incazzare, rendendoti difficilissimo rapportarti a me che in quel momento pungo. Sappi che nel momento stesso in cui me lo dici, me ne rendo conto. In quell’attimo chiederti scusa è difficile, la parte negativa dell’orgoglio e lo stress che accompagna quei momenti è troppo forte. Lo faccio ora per allora, scusa.
Quest’anno il due sarà per l’ultima volta davanti ai tuoi anni. Avrei voluto aver la possibilità di festeggiare in modo diverso, più “ricco”, ma come ben sai il periodo è quello che è. Una semplice pizza stasera e questo mio scritto son il tuo regalo di compleanno.
Auguri Progenie, auguri bimba mia, anche se non sempre sembra, io scoppio di orgoglio costantemente per te.
Ti voglio bene.
Mater

Photo by Chiwaz 2014 – Gabriele Castelli
