MINO AYATO


Mi sono innamorata in meno di un secondo di lui, anni fa, con una frase: “Arredare con il vuoto”.

Il mio amore per il Giappone è nato lì, sfogliando una rivista di architettura, in una frase letta per caso.

Sono consapevole che posso sembrare un po’ folle, non so neppure se riesco a comunicare con voi quello che voglio dire, se riesco a farvi capire, come una piccola frase letta per caso, abbia potuto farmi amare e innamorare di un paese di cui (allora) non conoscevo niente; eppure è successo.

Quella frase mi fece sentire a casa, avvolta in qualcosa di familiare. Percepii un modo di vivere e affrontare la vita, che in qualche modo era insita in me (non che io ne sia capace, la mia casa e la mia vita, è tutto tranne che contenuta nella frase “arredare con il vuoto”, direi di più che il mio arredatore è il Dr. Caos).

Lungi da me, ai tempi, la possibilità di approfondire e conoscere, ma rimase lì, come un piccolo seme nel cuore, in condizioni di non sviluppo. Negli ultimi anni quell’amore si è nutrito di arte visiva, di film, di libri e della loro dicotomia che ogni volta mi colpisce e affonda.

Un amore, a senso unico, durato anni. Neppure nei miei pensieri più lontani pensavo che sarei potuto andarci un giorno. Un sogno troppo grande, ed io ai sogni non credevo più.
E invece.

Invece scriverò qui del mio viaggio in Giappone di questi giorni, dell’aver scoperto che il Giappone mi ha amato, non so se quanto lo amo io, ma ogni giorno in cui sono stata, mi ha avvolto del suo amore e della sua gente.

Sono ritornata in Italia da pochi giorni e già manca, soffro di “mal di Giappone”. Scrivere dei giorni passati lì e mostrarvi le foto amatoriali (quindi perdonate se non sono perfette) che ho fatto, è il mio modo di lenire la sua mancanza.

Il Giappone dopo avermi conquistata con la frase “Arredare con il vuoto” mi ha fatto innamorare perdutamente di se con la sua “La presenza dell’assenza“.

Ps: se vi chiedete il perché del titolo… non lo so!
Me lo sono sognata questa notte. Non conosco nessuno che risponda a questo nome, non so neppure se sia un nome maschile o femminile, o se Mino sia un loro cognome, ma mi sembrava giusto dare questo titolo al mio primo post avendo Morfeo inviatomi questo misterioso input!

(C’è qualche Mino Ayato per caso nei dintorni?)

C’è chi in viaggio fotografa solo architettura e paesaggi e poi ci sono io.
Ecco a voi un buonissimo panino made in Japan imbottito di noodles!
(come fai a non amarli!?)

VERSIONE 3.0 E VIAGGI


Sono in un momento di “a breve si cambia” e la cosa mi piace, anche se un po’ di inquietudine mi pervade, perché allo stesso tempo non so esattamente, quale trasformazione avrò. Poi penso che in questi anni sono stata la signora della trasformazione, pur rimanendo la stessa, quindi “Inshallah”, se dio vorrà, avrò una versione 3.0 di me stessa.

Quest’anno è anche l’anno dei viaggi, cosa che mi sarebbe piaciuta sempre tanto fare, ma che per questioni di “money”, di tempo, di spazi e della peggiore che va sotto il nome “senso di colpa, lascio gli animali da soli a casa”, ho sempre rimandato. Nell’anno dell’ennesima mia trasformazione, però ho trovato una soluzione a tutte queste questioni, e quindi:

Berlino, a inizio aprile, da Progenie. A Berlino sono già stata, vivendo Progenie lì, e quindi è un tornare in luoghi “conosciuti” dove la lingua la prima volta in cui sono stata mi sembrava dura ed escludente, ora la trovo decisa e avvolgente.

Mi piace una città, tra le tante cose, in cui essere vegana è facile e dove la diversità coabita a distanza di pochi metri.

Il Giappone a fine aprile e inizio maggio, due settimane, dove si concretizza un piccolo sogno. Non so dirvi di preciso quanto è iniziato, ma so dirvi di preciso come mi sono innamorata di questo paese. Non con i manga, gli anime o i dorama, ma con una frase letta in un articolo di architettura anni fa, che parlava di questo paese. Una frase che a voi potrà dire poco o nulla, ma a me ha fatto sentire a casa.
La frase era: “Arredare con il vuoto“.

Se tra voi c’è qualche esperto di psicologia, magari mi saprà dire come al semplice leggere questa frase, io mi sia innamorata immediatamente di un paese lontano di cui non conoscevo nulla. Questo innamoramento è proseguito nel tempo, tenuto nascosto perché non razionale (come fai ad amare qualcosa che non conosci?), sepolto nel tempo, e negli ultimi anni riesploso, incontenibile.

Parigi a giugno. Non ci sono mai stata, a dire il vero non sono mai stata in Francia, sarà quindi la mia prima volta francese (se escludete la Corsica che i francesi pensano francese e i còrsi pensano còrsa).

Sarà un viaggio di gruppo con gli amici. Quattro giorni insieme. Sarà anche l’occasione in cui metterò alla prova il mio riuscire a condividere lo spazio con oltre due persone alla volta, per un tempo che supera le ventiquattro ore. Dico questo perché, non so voi, ma io ho bisogno di spazi, nell’arco di una giornata, in cui ci sono solo io e io, magari poco, magari solo mezz’ora, ma mi è vitale. Credo dipenda da anni e anni in cui padrona del cosa faccio, quando e dove sono solo io.

Poi riemergo sorridente, ma quello spazio è salvaguardia per me e per chi mi sta accanto.

RISQUE’ BUSINESS: JAPAN


RISQUE’ BUSINESS: JAPAN
Varietà – Talk Show – +16
Anno 2023
Sex Industry, Taboo, Sexual Content
6 episodi da circa 30 minuti
Su: Netflix

TRAMA

è un programma di varietà coreano, quindi non esiste trama, ma solo 6 episodi che spaziano nella cultura e l’industria del sesso in Giappone. 

Condotto dal comico Shin Dong Yup e dal cantante/attore Sung Si Kyung, entrambi coreani.

OPINIONE PERSONALE

Come ho già detto, non sono amante di programmi di varietà e talk show. Ho scoperto questo varietà casualmente e l’ho fatto iniziando con la stagione dedicata a Taiwan, questo mi ha spinto a vedere anche la stagione dedicata al Giappone.

Anche questa stagione mi è piaciuta molto, ma confesso che la mia preferita rimane quella su Taiwan. I due conduttori hanno portato avanti con garbo, gentilezza e ironia gli episodi. Mi hanno fatto osservare le differenze culturali, mentre mi facevano ridere.

In entrambe le stagioni ho amato molto le interazioni con le persone non facenti parte del business legato al sesso, cosa avvenuta più nella stagione dedicata a Taiwan che al Giappone, dove hanno esplorato di più l’industria dell’intrattenimento del sesso.


In questa stagione ho riso molto con gli attori maschili intervistati, e ho deciso di vedere i film porno costruiti su misura dalle donne per le donne con l’attore Ittetsu Suzuki, anzi se qualcuno sa come procurarli, batta un colpo!

Devo dire che sia gli attori (a parte Ittetsu di cui sono ufficialmente innamorata), sia le attrici, in entrambe le stagioni, anche se mi hanno fatto ridere e sorridere, li ho trovati meno spontanei, più legati al ruolo sexy del mestiere; hanno continuato a recitare il ruolo, seppur simpaticamente, legato al loro lavoro.

Se avete voglia di allegria e vedere le facce di due coreani davanti al settore dell’intrattenimento giapponese, è il varietà che fa per voi.

CURIOSITA’

come già scritto, esiste anche una versione di “Risqué Business: Taiwan”.

CONDUTTORI

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AVREI DOVUTO DIRTELO UN MILIONE DI VOLTE


Avrei Dovuto Dirtelo Un Milione Di Volte
Anno 2023
Romantico, Soprannaturale, MiIstero
10 episodi da circa 55 minuti
Su: Netflix

TRAMA

Yui Soma (Inoue Mao) è una parrucchiera, incontra casualmente dopo anni Naoki (Takeru Sato), un suo amico dalle medie. I due iniziano a frequentarsi, ma improvvisamente Naoki scompare.

Yui si rivolge alla polizia per denunciarne la scomparsa e conosce così Yuzuru Uozumi (Matsuyama Kenichi), un detective. Quest’ultimo mentre indaga su un altro omicidio, inizia a vedere il fantasma di Naoki, si rende conto che è l’unico che lo vede.

Il legame tra Yui e Naoki è così forte che neppure la morte riesce a separarli.

Si crea così uno strano legame tra Yui, Naoki e Yuzuru, nel mentre cercano di capire cosa sia successo a Naoki, perché lui non ha memoria di cosa gli sia successo.

OPINIONE PERSONALE

Avviso sempre che quando si tratta del Giappone, di base già mi sciolgo, perché le loro trame toccano sempre delle corde a me sensibili. 
Accade anche con questo dorama, il mio romanticismo si è avvinghiato a questa trama, come un amante che non vede il suo amato da mesi.

Peccato che nell’ultima puntata, pur finendo in maniera ineccepibile (per me), abbiano infarcito nella prima parte dell’episodio un eccesso di “buonismo” per me stucchevole. Concedetemi questo termine perché non posso dire altro senza fare spoiler. 

INTERPRETI

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OOKU – LE STANZE PROIBITE


Ooku – Le stanze proibite
Anno 2023
Anime, Fantastorico, Ucroina
1° episodio da circa 80 minuti +
9 episodi da circa 30 minuti
Su: Netflix

TRAMA

Giappone del Periodo Edo, una terribile epidemia, chiamata “vaiolo dalla faccia rossa”, colpisce tutta la popolazione maschile, ma in modo particolare i ragazzi giovani tra i dodici e diciassette anni.

Il “vaiolo dalla faccia rossa” ha un tasso di mortalità altissimo, ogni dieci uomini colpiti dalla malattia, circa otto muoiono.

Questa malattia porta in breve tempo alla decimazione degli uomini, portando una proporzione tra donne e uomini di uno a quattro.

Cento anni dopo, il “vaiolo dalla faccia rossa” continua a imperversare e quindi la popolazione maschile rimane sempre in netta minoranza su quella femminile. La struttura della società è ormai del tutto cambiata, retta da donne. Anche lo shogun è una donna: Tokugawa Yoshimune. Tra i suoi diritti, c’è quello di avere un ooku personale (un harem di centinaia di uomini bellissimi), un lusso senza pari in un Giappone afflitto dalla scarsità di uomini.

E’ nell’ooku che si sviluppa la storia di quest’anime.

OPINIONE PERSONALE

Io non sono un’appassionata di anime, preferisco gli attori in carne e ossa, ma devo dire che quest’anime vale davvero la pena di vederlo. Sarà per la trama fantastorica, sarà perché questa inversione di genere mette lo sguardo sulle disparità reali, sarà perché (come spesso accade con i Giapponesi) il confine tra giusto e sbagliato è sempre così labile e fa riflettere. Insomma un anime da vedere.

CURIOSITA’

La regia di questo anime è di Noriyuki Abe, mentre la sceneggiatura è di Rika Takasugi, ed è una produzione animata dello Studio Deen. La serie è tratta da un manga di Fumi Yoshinaga.

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LA MOGLIE COREANA


Ho comprato questo libro oltre un anno fa, incuriosita dalla Corea, cercavo, attraverso i loro scrittori, una comprensione maggiore del loro pensare.

Nell’attesa che la pigna sul mio comodino scendesse per arrivare a lui, in Corea decidevano di farne un drama “Pachinko” (che non ho ancora visto), per questo oggi potere trovarlo negli scaffali delle librerie più facilmente con questo nome.

(Questa volta è la piccola Sophie che vi presenta il libro)

Il libro racconta attraverso quattro generazioni, la saga di una famiglia coreana, uno spaccato storico che inizia nel 1910 in Corea e termina nel 1989 in Giappone.

Non è un romanzo d’amore, anche se una storia d’amore fa iniziare il tutto rimanendo di sottofondo a tutto lo svolgimento della trama, ne diventa il canovaccio sul quale sono ricamati tutti i personaggi successivamente. Amore e storia si intrecciano per portarci con loro.

Parla di un popolo, quello Coreano, divenuto colonia forzatamente di un altro popolo, quello Giapponese.

Parla di donne e del loro adattarsi a un mondo costruito ad immagine degli uomini, ma in cui loro fanno da traino. Come le vacche con il carro. Senza di loro il carro sarebbe fermo, ma nessuno le considera e non hanno potere sulla loro stessa vita.

Parla di uomini, del loro sopravvivere, in un mondo che li rifiuta.

Parla di razzismo, in un Giappone dei primi anni venti, dove la persecuzione razziale da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei coreani, causò la morte di migliaia di loro e la detenzione di altre migliaia.

Parla degli “zainichi”, dei ghetti a loro “assegnati”, della povertà, della rassegnazione e della privazione dei diritti, ma parla anche di speranza, determinazione, coraggio, orgoglio e forza di volontà.

In tutto questo si intrecciano amori, storie, situazioni, una guerra mondiale, e la bomba atomica.

Un libro che si legge facilmente, scorre veloce e appassiona nelle vicende dei protagonisti che si susseguono negli anni. Un romanzo che può piacere a chi ama la Corea, a chi è curioso del suo popolo, a chi vuole andare oltre alla conoscenza data dai drama e film, e a chi vuole conoscere, seppur romanzati, dei periodi storici.

CONSIDERAZIONI PERSONALI
Quando leggo, sento, parlo della Corea, spesso trovo analogie e similitudini con dinamiche italiane, sia in positivo sia in negativo, questo me la fa amare e comprendere ancora di più. Detto ciò, sono consapevole che è un discorso arrogante il mio, perché se il sapere totale relativo alla Corea fosse cento, io al momento conosco solo uno (scarso).

Non ho altre considerazioni da fare su questo libro, aggiungo solo alcune delle frasi che mi hanno colpito e mi hanno fatto riflettere.

“Vuoi vedere un uomo dare il peggio di sé? Trasformalo da uomo comune in uomo di successo oltre ogni sua immaginazione, e vediamo se continua a comportarsi bene quando può fare tutto ciò che vuole.”

“Sunja era una donna pragmatica, ma persino lei rimase stupita dalla crudeltà di Hansu. Più conosceva quell’uomo, più si rendeva conto che da ragazza aveva amato un’idea di lui… sentimenti che non avevano riscontro nella realtà.”

“Noa la fissò. Akiko lo avrebbe sempre considerato una persona diversa da quella che era: non lui, ma lo straniero idealizzato che aveva nella mente.”

“I coreani nati in Giappone dopo il 1952 dovevano presentarsi al distretto di zona al compimento del quattordicesimo anno d’età per richiedere il permesso di permanenza in Giappone. Questo ogni tre anni.”

In fondo tutto il mondo e paese e gli uomini non apprendono mai dalla storia.

TITOLO E DATI BIBLIOGRAFICI
La moglie Coreana.
Io ho preso un usato, è un’Edizione Piemme del 2018. Le pagine del racconto sono 583, oltre ad alcune pagine di glossario dei termini coreani usati.

La traduttrice è Federica Merani.

Il libro è stato finalista al National Book Award nel 2017 e secondo classificato nel 2018 al Dayton Literary Peace Price.

AUTORE
Min Jin Lee è nata a Seul nel 1968, ma all’età di sette anni emigra negli Stati Uniti con la famiglia, dove è cresciuta.
Questo fa sì che l’autrice unisca in questo romanzo, oriente e occidente. Lo definirei un libro scritto con radici coreane e con uno sguardo occidentale.

L’ATTRITO DELL’ARIA


𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑔𝑙𝑖 𝑢𝑚𝑎𝑛𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑐𝑟𝑒𝑎𝑡𝑢𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑑𝑜𝑛𝑜 𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑒, 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑒̀ 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑎𝑟𝑙𝑒.
𝑃𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑖𝑛 𝑓𝑖𝑠𝑖𝑐𝑎: “𝑇𝑢𝑡𝑡𝑎𝑣𝑖𝑎 𝑙’𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 𝑠𝑎𝑟𝑎̀ 𝑟𝑖𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑎 𝑧𝑒𝑟𝑜”?
𝑁𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑙’𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑧𝑒𝑟𝑜.
𝑁𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑟𝑖𝑎.
𝑇𝑢𝑡𝑡𝑎𝑣𝑖𝑎, 𝑠𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑖̀, 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑟𝑙𝑜. 𝑄𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖 𝑟𝑒𝑛𝑑𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑒 𝑒 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑙’𝑒𝑐𝑐𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑜𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑜.

Me lo ha detto un mio amico.
Gli umani hanno la tendenza a semplificare il mondo per capirlo.
Non voglio farlo.
Azzerare l’attrito ignorando la resistenza dell’aria.
Non voglio fingere di aver capito.
Non voglio giudicare

𝘿𝙖𝙞𝙘𝙝𝙞 𝙆𝙖𝙣𝙚𝙠𝙤 𝑛𝑒𝑙 𝑟𝑢𝑜𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝐴𝑛𝑑𝑜𝑢 𝐽𝑢𝑛 𝑖𝑛 𝐹𝑢𝑗𝑜𝑠ℎ𝑖, 𝑈𝑘𝑘𝑎𝑟𝑖 𝐺𝑒𝑖 𝑛𝑖 𝐾𝑜𝑘𝑢𝑟𝑢

BIZEN


Neve a Bizen
Ferro e fuoco
Forgi acciaio e il mio cuore
L’uomo che io sono scompare.

Petali di pesco.
L’anima mi hai forgiato.
La forma è quella del tuo cuore
L’uomo che io ero non è più.

Nespole color oro
Le labbra tue son la mia dimora.
Del mondo farò la tua.
Tu farai di me l’uomo che sarò.

L’acero ci avvolge.
Premonizione di sangue le sue foglie.
Per salvare te, devo morire io.
Tu farai di me l’uomo che non sarò più.

clan

Liberamente tratto dalla mia memoria antica. Da un giappone che non esiste più. Storia di un clan, di acciaio, di lame affilate, di vita, di fuoco, di morte e di due uomini che si amavano.

OH PERBACCOLINA!


Io amo il Giappone. Quello onirico che mi porta in parti di me che tendo a celare.
Amo gli artisti del sol levante, il loro surrealismo. Solo chi nasce e cresce in uno sputo di terra sconquassato da terremoti e maremoti può averlo.
Infine amo quello che riescono a farmi sempre. Sorprendermi.

E lo hanno fatto dopo che avevo già scoperto:

* L’amplificazione del punto G

* La riverginizzazione

* Lo sbiancamento anale

* Lo sbiancamento vaginale

* il make up della patonza

Loro son riusciti ancora a sorprendermi con lo sbiancamento del capezzolo!
Pare che da loro l’ultima moda sia quella, sbiancarseli, che scuri pare brutto…

Ditemi come non “amarli”?! 🙂