Ogni giorno entrerei in quel bistrot.
Porterei i miei cinque gatti e i libri e le parole da stendere come tovagliette americane sui tavolini.
Mi siederei su quella sedia, vicino al vetro, dove la luce inonda, la cagnolina al fianco e la tazza di caffè sul tavolino.
Potrei leggere le rughe della gente e dir loro che futuro avranno
Che se ci pensi bene anche le zingare leggono le rughe, ma quelle delle mani.
Io leggo quelle del volto, perché l’anima è più vicina agli occhi che alle unghie.
Le persone si siederebbero di fronte a me senza dire nulla.
Alzerei lo sguardo dal libro e leggerei loro.
In ogni ruga adagiata, vedrei le notti, i cieli stellati, i pianti, i dolori, le risate allegre nei giorni che furono, le gioie sopite e il tormento che si portano ancora oggi, e poi, nei solchi della pelle, come nei terreni arati, i semi del futuro.
Poi un giorno, alzerò lo sguardo e ti vedrò seduto di fronte a me.
Vedrò le tue rughe che combaciano perfettamente con le mie.
Le seguirò lentamente con le dita per scoprire che, alcune delle mie, mi son servite per arrivare a te.
Nel mentre ci osserveremo, sui nostri visi le rughe cambieranno, si intreccerrano, come le nostre mani, a formare un nuovo disegno.
Nei solchi i semi di un futuro. Il nostro.