PROFEZIA


Che era così lo sapevi già.
Loro appartengono a quelli che comprendono solo quando capita anche loro.
Photo by Erwin Olaf

Lo avevi intuito, quando avevi il petto squarciato, ferita aperta al mondo. Loro non compresero e lentamente scivolarono via da te. Lasciandoti nel buio.

Ti hanno lasciato solo. Lì in quelle giornate vuote in cui precipitavi con il peso delle domande sopra di te. Ti hanno dimenticato nelle loro tiepide serate estive, mentre tu gelavi al freddo. Ti hanno scordato a bordo strada sotto la cocente realtà. E no, non hanno capito, che il tuo ululare era solo la paura di una nuova lama nel dorso, e non l’attacco alle loro gole.

Si lo sapevi, sarebbe arrivato il momento, la ferita aperta sarebbe stata la loro. Sarebbero arrivati a te per chiederti quello che loro non avevano dato.

Pregustavi il momento, quello in cui li avresti coperti d’insulti, li avresti cacciati a malo modo, fuori nel freddo, con le loro ferite aperte a errare da soli, come avevi fatto tu.

Ne eri sicuro, il dolore acuisce la preveggenza, sarebbero arrivati.

Ora che il primo di loro è qui. Ora puoi rivalerti, mentre il silenzio avvolge.
Abbassi lo sguardo sulla sua schiena piegata dal dolore. E’ così facile. La tua mano cinge la lama. Ti chini. Sospiri. Fai cadere la lama e protendi la mano verso lui. Lo aiuti a rialzarsi.

Non capirà, non capirà cosa hai fatto, ma tu sì e questo ti basta.

GRATITUDINE


Ho tepore nel cuore oggi.
Perdono e leggerezza aleggiano in me, come ali dello stesso uccello.
Colori autunnali red passion risaltano in questo pallido sole che si stempera nella nebbia.
Photo by diamanta

Chissà se il merito è loro, delle mie scelte, o delle due messe insieme, ma sento il soffuso tepore della mia anima fino alla pelle.

Ci sono persone che mi rendono migliore e persone che mi rendono peggiore, lo vedo scritto nelle nuvole striate nel cielo

Delle seconde ora non mi importa; ora son solo grata alle prime, devo a loro la legna di questo calduccio.

MULINI A VENTO



Combatto mulini a vento consapevolmente.
Ne sono certa tra di loro si celano mostri.
Folle, si lo sono, meno di quanto credete più di quanto vorrei.

Sogno l’amore e credo in quello che non vedo.
Mi capita di perdermi in labirinti umani.
Passeggio tra campi fioriti e cloache dalle labbra pittate.
Clown mi sorridono, aprono le fauci, moderni It.
Canto alla luna grata. Mi salvo sempre.

Non pensavo sarebbe stato così difficile,
non sapevo neppure di essere così forte.

COLORI


Intingo in me.
Colori con cui parlare e quelli con cui plasmarmi.
Respiro lieve in questo mondo concitato.
Strattonarmi è inutile.
Il mio passo è discorde.

LE MILLE ME


Se lo sapessimo all’inizio forse non lo faremmo.
Rinasciamo senza memoria perché altrimenti avremmo difficoltà a intraprendere un nuovo viaggio.
Cancellarci per tornare è il primo inganno che ci aspetta, un inganno che forse abbiamo scelto noi.

Ho un ricordo lontano l’aver lasciato quel luogo con quella sensazione che un solo aggettivo non può contenere.
Pioggia e neve mista, la mia emozione, dolore e amore insieme.
I magneti fanno quello che sanno fare, anche se non vogliono.

Cammino questo sentiero con la speranza che ricorderò di più, sarò più forte, apprenderò ancora e la distanza sarà sempre meno, ma questa è un’altra storia, quella delle mille me che mi accompagnano in silenzio.

La strada è lastricata d’inganni, i più terribili, come il primo son quelli che ci facciamo da soli. Quelli degli altri son solo la conseguenza dei nostri.

Ci isoliamo per ritrovarci per capire chi siamo e finalmente comprendere che il regalo più grande è insito in noi. L’amore per noi stessi è la base dell’amore per gli altri. Per questo è così difficile trovare l’amore.

Se il dolore non mi avesse insinuato quella pulce nell’orecchio.
Eppure lo so, il segreto è lì in quell’abbraccio incondizionato che non sono ancora in grado di fare.

GRADI DI SEPARAZIONE INTERIORE


La verità e che a volte percepisco così tanto il fuori da me, da non scinderlo più da me.

Nel silenzio mi osservo a cercare la linea dove inizio io e dove inizia l’altro, ma nella vita linee nette non esistono.

Spesso ho invidiato chi attraversava la vita con piglio deciso e sicuro, incurante di ciò che accadeva negli universi accanto a lui, o di cosa abbia procurato agli altri mondi il suo muoversi.

Il mio sentir gli aliti di vento, il mio camminar tentennante, la sensazione della piuma o della lama sulla pelle, i miei dubbi, che mi hanno vestito anche quando il mio passo sembrava sicuro, me lo ha impedito.
Ho provato a sentir di meno, a cercar sollievo nell’assenza, ma se escludo gli altri, escludo anche me stessa. E diventa un viver senza sentirsi, consapevole di ciò, e per questo straziante.

Mi son addormentata zampa nella mano, al suono di campane tibetane, cerco sollievo nel sonno e nei sogni, ottengo solo di scendere più in profondità. Al mattino quando risalgo è lì.
Forse tra qualche ora sarà sciolta, come la bruma del mattino con il sole, ma al momento avvolge la mia gola come sciarpa troppo stretta. E’ il silenzio la mia arma e lo scrivere il mio rifugio.

Del resto ci è stata data la vita, ma non ci è stato detto che sarebbe stato facile.

UN UOMO


Voi non lo fate?
Io sì, lo faccio. Sempre.
In quasi tutti i settori, ho “una base”, quella che ritengo migliore, con cui fare un termine di raffronto.

Raffronto quanto pulisce un detersivo piuttosto che un’altro, quanto un balsamo renda i capelli più morbidi, quanto il sapore di un olio. Ad un certo punto ne scelgo uno, e quello per me sarà la base su cui confronterò tutti gli altri.
Non lo faccio solo con le cose.

Così un amore, in genere quello che ti ha devastato, lo raffronterai con tutte le storie successive, e un’amicizia, la più importante, sarà termine di paragone della tua vita.

Poi un giorno arriva una persona nella tua vita, per caso, mica l’hai cercata. Neppure nei pensieri più lontani avresti potuto pensare di conoscerla, è così lontana (apparentemente) da quello che sei che fai, ma arriva. Una manciata di ore nella tua vita e tu cominci a far di confronti in un settore in cui non lo avevi mai fatto. Lui è un uomo.

E niente. Ora il problema è quello, senza nulla togliere a nessuno, lui è un uomo. Solo questo, nessun altro scopo o intenzione celata in quello che dico, solo questa piccola e unica considerazione, lui è un uomo.

La grandezza di un uomo risiede per noi nel fatto che egli porta il suo destino come Atlante portava sulle spalle la volta celeste.  (Milan Kundera)
La grandezza di un uomo risiede per noi nel fatto che egli porta il suo destino come Atlante portava sulle spalle la volta celeste.
(Milan Kundera)

Forse dovrei definire cosa è un uomo per me, ma non lo farò, non ne ho bisogno. So che ho guardato il cielo stamattina e un sacco di cose e persone si sono ridimensionate, e di molto, anche me stessa.

RICHIAMI


Parole altrui che scivolano nell’anima come una lama incandescente in un panetto di burro. Parole crude, ma io leggo solo amore, non ho mai letto tanto amore come in quella lama incandescente.

Parole mie che sgorgano dal quarto chakra, giunte al quinto si bloccano a causa di quel nodo che a volte il cuore stesso crea, il sesto lo salto, non ho bisogno di vedere già so, e arrivano al settimo perchè da li comunico davvero.

Ci sono anime antiche, ci sono vite che apprendono in questa, chi ha ferito ieri medica oggi, chi ha curato ieri può permettersi di apprendere oggi. Siamo volpe, siamo rosa, siamo l’aviatore. Siamo foglie dello stesso ramo, si vibra alla stessa intensità seppur in maniera diversa. Quando il “vento” passa ci muoviamo tutte pur non capendo perché. Ci si richiama in ogni vita.

Non ho altre parole se non quelle di una fiaba per bambini.
“Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.”

COZZE E FARFALLE


Ci son incappata per caso. Diciamolo, nell’ultimo periodo son piena di “caso”. Quel caso che pare ci sia qualcuno davanti a spianar la strada, e tutto diventa più easy.

Di “easità” ne ho bisogno. In tutto questo ultimo abbondante anno, ho sempre sentito il peso del dovere e la necessità di un aiuto ad affrontare quello che avevo davanti.

Il peso del dovere c’è ancora, mi grava addosso, ma spesso lo fanculizzo. Per quanto concerne l’aiuto, il detto “aiutati che dio ti aiuta” è sempre vero. Questo non vuol dire che sei solo, ma significa che quando muovi energia, prima o poi gli aiuti arrivano.

I miei aiuti hanno avuto molteplici forme. La forma di amici del mio stesso segno zodiacale (cosa strana per me); hanno avuto e hanno una forma veneta e una romana; hanno avuto la forma di gesti concreti e di parole; hanno la forma di affetto e di piadine a mezzanotte; hanno anche la forma del mio nuovo capire attraverso il distacco. Ma non era di questo che volevo parlare, mi son distratta, volevo parlare di quello in cui sono incappati i miei occhi.

Sono incappata in una foto. Una foto di Oriol Jolonch. Perché son lì, mi ci vedo.
Oriol Jolonch

Per me l’idea di una cozza che si trasforma in farfalla, è geniale. Tanta della mia vita è rappresentata lì. Le mie varie mutazioni, metamorfosi di crescita, che a volte ho scelto e a volte la vita mi ha imposto.

Perché un pò cozza mi ci son sempre sentita, anche quando mutavo in farfalla, io dentro conservavo la sensazione di esserlo un pò cozza, e questo mi ha salvata.

Comunque ci siamo. Siamo un’altra volta nella fase cozza in trasformazione. Speriamo che tutto vada a buon fine e che anche questa volta, a mutazione avvenuta, la parte cozza rimanga lì a ricordare alla farfalla da che parte arriva.

SFERE


Da ieri questa sensazione è più forte del solito. Si lo ammetto, un pò l’ho sempre avuta, intendo la sensazione di non essere totalmente sincronizzata con l’ambiente intorno a me. Però ultimamente lo “scronicismo” aumentava in maniera esponenziale, e ciò nonostante cercassi di tenerlo a bada.
L’osservare che le persone, una volta più vicine a me per indole, son diventate lontane nel vivere, nel pensare e nei valori mi fa vivere su un piano parallelo.
Ma sarà che son fuori io posto in questo mondo?

Per questo osservo senza giudizio di nessun tipo, verso nessuno, ognuno ha il suo personale percorso di crescita di cui io non posso sapere davvero niente. Ciò non toglie, però, che mi ritrovi spaesata e non riconosca più nessuno, come in labyrinth. Eppure mi sembra di aver più volte usato anche io la “sedia”, o forse proprio per questo, non so… so che la vita consuma.

PS: Certo che se anche nel mio mondo immaginario ci fosse stato Bowie, uscire dalla sfera avrebbe richiesto più forza di volonta per non rimanere con lui (la serietà non riesce mai a giungere alla fine dei miei post, portate pazienza)

PPS: se non capite perchè parlo di sedie, Bowie e labyrinth cliccate su di lui e sentirete anche la musica che accompagna le mie dita sulla tastiera.