Io do un’anima a ogni cosa: alle piante, agli alberi, alle auto, al tavolo, ai fiori, ai campi di mais, (non parlo di animali qui perché non sono cose e per me, chiaramente, l’hanno come noi).
Lo faccio da quando ero piccola, prima ancora che imparassi a scrivere e a leggere. Per me ogni cosa ha sempre avuto un’anima.
Se urtavo un albero, se per errore inciampavo e davo un calcio a un vaso, a una porta o un masso dicevo: “Scusa”.
A volte davo una carezza a una foglia la salutavo, con un dito sfioravo i petali di un fiore e dicevo “Ciao”. Prendetemi per pazza, ma a volte lo faccio ancora.
Ciò che “vive” con me, poi ha un nome. La mia attuale macchina si chiama Consuelo, quella precedente Beatrice e la mia bici Sofia. L’ultimo arrivato di casa, un pupazzo (un pulcino) che mi hanno regalato, si chiama Alvaro.
Detto questo, e qui il paradosso, ci sono esseri umani che dovrebbero avere un’anima fin dal concepimento, ma vi giuro che io, in alcuni, proprio non riesco a vederla. Per quanto provi a “cercarla e scrutarla”, vedo solo vuoto dove dovrebbe esserci, al suo posto un enorme buco nero.
Sospetto l’abbiano perduta prima ancora di sapere cos’era, o forse, più probabilmente, quali novelli dottor Faust, l’hanno venduta al diavolo.
Altrimenti non si spiegherebbe.




