DIANA


Poi un giorno capisci che le radici non servono ad ancorarti al terreno, non servono a tenere piedi e testa a terra. Le radici servono a trattenere il cuore, quando si frantuma, come le radici trattengono la terra. E’ il giorno in cui non sai se il dolore fisico che senti agli occhi è dovuto al piangere troppo o al trattenere troppo le lacrime.

Diana ha raggiunto Micio in quel mondo parallelo in cui le anime che sono famiglia si ritrovano e dove aspettano la famiglia terrena.

Ciao Diana
diana

STANDING ROCK RISING


C’è stato un certo punto, da piccola, molto piccola, mentre guardavo i film in bianco e nero, nonostante John Wayne e molto prima di Dustin Hoffaman, in cui ho cominciato a parteggiare per loro. L’istinto mi diceva che non era andata proprio come Wayne attore suggeriva.
Credo sia iniziato allora il mio parteggiar con le minoranze. Quando si giocava a “cowboy e indiani”, io volevo sempre far l’indiano. Poi ho visto “Il piccolo grande uomo” e quello che avevo insito in me come percezione è esplosa come certezza nella mente.

Oggi, a distanza di anni e anni, parteggio ancora per loro, perché hanno combattuto, stanno combattendo, anche per noi.

Mi ritrovo dalla parte di una minoranza in un mondo che pensa con una lungimiranza pari a -2 e non riesce a capire l’importanza del suolo che calpesta.  Tutto ciò in nome di un demone chiamato denaro, che si traveste con la tunica “progresso”. Tunica che si strapperà appena avrà ottenuto il controllo assoluto.

In un mondo dove la gente si insulta e odia, io sto con la gente che ama e prega.

Foverer standing with you

forever-standing-the-last-day-of-oceti-sakowin-camp-credits-redhawk

Standing Rock Indian Reservation

Dakota Access Pipeline protests

Facebook Standing Rock Rising

PIEDI


Ogni passo che ho fatto per esser quello che sono, lo so ti pare sia stato leggero, ma ho percepito ogni singolo sasso. Posso dirti quanti erano aguzzi e quanti tondi, quelli levigati dal mare e quelli appena nati da una roccia. Vi sono spine che ancora oggi, son rimaste lì prigioniere, tra carne e pelle, a ricordarmi di certi sentieri.

Avevo piedi morbidi e pelle rosea. Muovermi sui terreni non è stato facile. Per sopravvivere ho ispessito a tal punto la pelle che ad un certo punto non ho sentito più niente, neppure il soffice prato o il duttile terreno. Non sentivo il dolore, ma neppure il piacere della rugiada o il tepore del selciato battuto del sole. Non sentivo più.

E’ stato a quel punto che ho dovuto scegliere.
Sentire o non sentire. Respirare o soffocare. Nuotare o affondare.

Se sono qui, è perché ho scelto il cammino, la scelta è stata quella del vivere, anche se ogni tanto mi ritraggo. Ed è per questo, anche se ancora oggi, nel mio camminare mi sanguinano i piedi, stringo i denti e vado avanti, ancora un pochino, solo un pochino, ancora un pò. So che per ogni sasso aguzzo che percepisco ci sono milioni di fili d’erba ad attendermi.

Guardi alle mie sicurezze come a una caramella pescata distrattamente da un barattolo di un raffinato negozio di dolciumi, ma esse affondano radici che mi hanno trapassato la pelle per radicarsi in questo mondo.
piedi

MICIO


Quasi 19 anni insieme.
La mia convivenza più lunga, escluso Progenie.
Venerdì ti sei spostato di dimensione.
Il mondo ha un graffio profondo senza te.

Quella scalfittura sulla superficie del mondo, ha prodotto un vuoto. Quel vuoto è la tua mancanza, che avverto improvvisa ogni tanto.

Progenie, lontana porta il senso di non averti salutato, e si preoccupa di me che ho potuto salutarti, ma ho dovuto decidere.
Io mi preoccupo di lei che non ha dovuto decidere nell’istante, ma ha l’incompletezza di un saluto non dato, e la consapevolezza di affrontare una casa senza di te, quando verrà.

La verità e che per entrambe sei stato, sei, membro effettivo della famiglia. Entrambe abbiamo il cuore dolorante, anche se sappiamo che ora stai meglio.

Ci si consola con l’idea di quel ponte arcobaleno, dove t’immaginiamo attenderci, e richiamarci verso te, quando anche noi diverremo pura energia.

Ciao Micio.
micio

ALEPPO


Se fossi Dio, io non ci perdonerei.
Se fossi Dio, ridarei la terra ai dinosauri.
Se fossi Dio, depennerei la razza umana dal pianeta.
(Senza dolore o sofferenza, solo un soffio divino a spazzarla via).

Non impariamo dai nostri errori, non ci eleviamo, strisciamo nelle nostre feci e ridiamo gaudenti di ciò.

Scrivo questo post, comprimendo dolore e lacrime, per non farmi vedere, per non sentirmi dire il solito “Sei troppo sensibile”. Non sono troppo sensibile. Ho solo un’anima. Mi domando come, si possa non sentire il dolore altrui, così tanto, nella propria carne.

Io di quella guerra non ho capito niente, non ho capito dove stavano i “buoni” e dove i “cattivi”. Non ho capito chi era seduto tra i “giusti” e chi tra gli “sbagliati”. Ho provato a cercare di capire, ho provato ad informarmi. Niente, non capisco, non capisco, non capisco.
Sento solo il dolore lacerante della gente, dei bambini, dei civili. Del resto cosa vuoi capire della guerra, non esiste mai un “buono” nella guerra, non esiste mai un “giusto” nella guerra.

E mentre scrivo questo dolore di sottofondo.
Oh non son migliore di nessuno, credetemi non mi reputo tra i “giusti”. Son come la maggior parte di tutti noi, una lacrimuccia, un parlare, poi una battuta a stemperare, un sorriso e un cazzeggio e si va oltre.
Ci si pensa fortunati a esser qui e non là, e si continua a vivere.

Mi rimane dentro questo dolore di sottofondo, fisico, persistente, continuo.
Meno male che non son un Dio, perché sarei il dio del vecchio testamento.

war

Fonte: Il Fatto Quotidiano
«Ma secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Al Hussein, che ha esortato il mondo ad ascoltare “il pianto delle donne e dei bambini terrorizzati e macellati ad Aleppo”, molti civili che erano riusciti a fuggire sono “stati catturati e uccisi sul posto” ed altri ancora arrestati dai governativi siriani. I soldati “entrano nelle abitazioni e uccidono chiunque si trovi all’interno, anche donne e bambini»

«Onu: “Strage di bambini, è carneficina”»

Fonte: La Stampa
«L’Agenzia per i Diritti umani, ha riferito di resoconti credibili «su 82 civili freddati» in quattro diverse zone della città, in una «totale mancanza di umanità ad Aleppo»

«L’Unicef lancia un altro allarme. Un medico ha riferito di molti bambini soli, probabilmente più di 100, «intrappolati in un edificio, sotto pesanti attacchi e bombardamenti». Amnesty International ha lanciato un appello per l’apertura di corridoi umanitari per portare aiuto, e l’invio di «osservatori indipendenti»

Fonte: Repubblica
«L’Onu denuncia che decine di civili sono stati trucidati dalla forze lealiste che hanno riconquistato la città, mentre i ribelli parlano di “stop all’evacuazione dei civili da parte delle forze sciite, per motivi non chiari”»

Non vi posto i messaggi e i video di addio delle persone di Aleppo di ieri e stanotte. Video che hanno postato su twitter o facebook. Se volete potete cercarli in rete, non ho più cuore nel vederli, sentire e leggere. Mi sale, prepotente quel senso d’impotenza per cui… meno male che non son un Dio, perché sarei il dio del vecchio testamento.

L’UNIVERSO DENTRO


Arabesco di parole, spirale di visione.

Mi adagio negli anfratti vuoti dei miei pensieri, da lì scruto questo mondo, mi appare così alieno.

Contraggo i muscoli alle brutture. Questo mio corrugare il cuore al dolore altrui, il mio trattenere il respiro davanti alle quotidiane, ripetitive, inutili violenze.

Eppure mi dicono sempre “Ma tu sei forte” – “Per te è semplice” e si aspettano che lo sia in vece loro e che accetti il loro non tentare.

Ah se tutti capissero il legame che abbiamo con quella singola, piccola, foglia verde.
luniverso-dentro

KOKONO


E quel nodo in gola racchiude.
Ciò che poteva e non è stato.
Serri le labbra a contenere un dolore.

La malinconia è un bozzolo di seta, nascono parole come farfalle, alla schiusa prendono il volo. L’apertura delle labbra da loro libertà, si espandono nel mondo. Le dita le appoggiano sulla tastiera, le vedi librarsi, andarsene e avere vita propria.

A te rimane quel buco, quel vuoto, che richiama a se prepotente amore.
Spirit Butterfly by Athena Erocith

PANE E JEALOUSY


Non sono una persona gelosa, bada bene che non vuol dire che non so cosa sia, ma solo che non ne soffro in maniera patologica.

Non cerco di spiarti il cellulare, se digiti la password del tuo pc davanti a me, volgo lo sguardo altrove. Se mi dici che esci con i tuoi amici dico va bene, non ti seguo di nascosto. Del resto se ti ho scelto come persona che senso ha non fidarsi? Per me sarebbe impossibile stare insieme con qualcuno di cui non ho fiducia. E’ la base di ogni rapporto.

Certo se ti scopro che limoni duro con un’altra, o se i miei due angeli custodi mi sbattono sotto il naso la verità, ebbè lì il discorso è diverso.  In quel caso, lì la gelosia si trasforma in dolore, alla stessa velocità in cui il lampo segue il suono di un tuono. Quindi, no, non soffro di gelosia, soffro di delusione.

Eppure c’è stato un tempo che lo sono stata con una persona.

Ci son uomini(*) che ti fanno sentire così tanto una merda, insignificante, stupida, brutta, che qualsiasi cosa abbia sembianze umane femminili, fosse pure una statua di paglia, ti sembra migliore di te. Se lui ti fa sentire così, tu che lo ami così tanto, è perché tu non sei all’altezza.

Da allora ho capito che un uomo così non è l’uomo giusto per te, ma per nessuno, un uomo così si ciba di te.

Perché un uomo che si nutre delle tue insicurezze lo fa solo per nutrire il suo ego.

Photo by Tim Walker

(*) Scrivo uomini solo perché son femmina etero (per il momento), ma al suo posto a vostro piacimento potete inserire quello che più vi aggrada

DOMO


Capita mai a voi?

Capita mai di sentire, percepire, toccare, annusare, assaggiare l’ondata di dolore del mondo?

Capita mai che distinguiate la sofferenza degli uomini, quella degli animali, quella delle piante?

Capita che queste percezioni siano talmente dense da sentire il cuore, il proprio, che si contrae in una smorfia di dolore?

A me capita, potreste prendermi per folle, lo penso anch’io per qualche frammento di tempo, ma mi capita lo stesso e quindi che importanza ha se sono vere e frutto di pazzia? Io lo sento.

Ecco quando capita, io intollero. Intollero, non il mondo, ma molti.
Mi cerco nel silenzio, la solitudine diviene amica.
Cercare quiete e pace, per essere quiete e pace.

Mi sovviene un vecchio film. Visto alla televisione per caso (ma accade mai qualcosa per caso?) da ragazzina, “L’uomo che cadde sulla terra” e già allora comprendere che capire la diversità fa diverso anche te.

Invecchiamo nella pelle, nella carne. La materia si corrode e noi ci decomponiamo insieme con lei, ma dentro siamo energia al di fuori di queste Leggi, capire le diversità ancora una volta fa di noi i diversi.

Poi man mano la densità si scioglie, o forse son io che alzo le paratie, e penso ce la posso fare. Ce la posso fare, posso rimanere ancora per un po’ ma casa è un altro posto, qua siamo caduti.

Photo manipulations by Simon Siwak

NESSUNA CERTEZZA


Affamata bocca la tua.
mi divori l’anima e il corpo
Dipingi con le dita complicati arabeschi.
la tue mani mi esasperano la pelle

Esigente regista notturno.
ghermisci i miei sensi
Mi trasformi, divento interprete,
la tua preferita
di trame di un candore perverso.

Predatore mi spingi sotto il peso del tuo corpo.
occhi bassi i miei da preda senza via di scampo
Quando affondi in me strappandomi un grido,
piacere e dolore stemperati insieme
ti guardo, dimmi ora chi è la preda e chi il predatore?

Nessuna certezza
la cosa più certa tra noi è l’incertezza
Nessuna certezza
ma conservi in te qualcosa che mi appartiene
Nessuna certezza
se non che il mio ventre ti appartiene

nessuna certezza

nell’aria intanto vola questa musica