Gaza Humanitarian Fondation (GHF): la fondazione di cui faremmo volentieri a meno


Almeno 27 palestinesi sono stati uccisi e decine sono rimasti feriti dal fuoco israeliano nei pressi di un sito di distribuzione alimentare nella Striscia di Gaza meridionale martedì, hanno affermato le autorità sanitarie locali, nell’ultima ondata di caos e spargimento di sangue che ha afflitto le operazioni di soccorso.

Questa è la notizia pubblicata in data 3 giugno da Reuters. Poiché di solito leggo su più fonti, leggendo anche altrove trovo una notizia che mi lascia perplessa. Stessa fatto, ma la notizia stride in due comunicati diversi:
1) Gaza Humanitarian Fondation smentisce la sparatoria nel centro distribuzione aiuti.
2) L’esercito israeliano (Idf) ha ammesso che i suoi soldati hanno aperto il fuoco oggi contro dei palestinesi nei pressi di un sito di distribuzione degli aiuti umanitari gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation.

La notizia è vera (purtroppo), ma non sono qui per parlare  della notizia, né del fatto che la GHF ha in previsione di aprire pochissimi (e intendo pochissimi) centri di distribuzione cibo, tutti collocati a sud di Gaza (lontanissimo da dove vivono la maggior parte dei palestinesi di Gaza). Non parlo nemmeno del fatto che questi centri, non tutti ancora funzionanti, dovrebbero nutrire circa due milioni di palestinesi.
No, parlo della Gaza Humanitarian Fondation.

Mi ha incuriosito il fatto che una fondazione smentisse una cosa veramente accaduta.
Tra l’altro è l’unica fondazione a cui lo stato israeliano permette di distribuire aiuti nel territorio palestinese. Tutte le altre non possono entrare a Gaza. Attendono ai confini con derrate alimentari, medicine e aiuti da mesi.

La Gaza Humanitarian Fondation è stata fondata nel febbraio 2025. E’ stata registrata sia negli USA sia in Svizzera, a Ginevra. E’ una fondazione fortemente voluta dal governo israeliano ed è operativa dal 26.05.2025 (tenete a mente questa data).

Quale dio perverso fa aprire una fondazione per aiuti umanitari ai palestinesi, sostenuta fortemente dal governo israeliano, e poi lo stesso governo israeliano pochi giorni dopo inizia bombardare quelli per cui ha aperto la fondazione?

Quindi prima fai la fondazione umanitaria per i palestinesi e poi li bombardi?
Il vero scopo è aiutarli, lucrarci o… sterminarli?

Il primo direttore della Gaza Humanitarian Fondation (GHF) è Jake Wood, ex marine statunitense, nominato alla costituzione della fondazione nel febbraio 2025.
Ma… ops… il 25.05.2025 (vi avevo detto di tenere a mente una data) si dimette, dichiarando:
E’ impossibile raggiungere gli obiettivi della fondazione rispettando i principi umanitari fondamentali di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”.
Ha anche esortato israele a consentire l’ingresso degli aiuti a Gaza attraverso tutti i canali disponibili (le altre fondazioni e ong).

BREVE RIEPILOGO:
12.02.2025 Nasce la Gaza Humanitarian Fondation su impulso del governo israeliano
18.03.2025 Il governo israeliano rompe la tregua durata soli 42 giorni e ricomincia a bombare Gaza, ancora.
25.05.2025 Jake Wood nominato a febbraio direttore esecutivo a febbraio, si dimette “per impossibilità di rispettare i principi umanitari fondamentali”.
26.05.2025 apre il centro distribuzione a Rafah. I centri sono sorvegliati da appaltatori statunitensi e militari israeliani.
27.05.2025 I morti, da questa data a oggi, nei centri di aiuto sono già 49, oltre a 300 feriti.

Anche a voi è nata la curiosità su questa Gaza Humanitarian Fondation (GHF)?
A me sì, tanta, e quindi ho cercato e ho spulciato.

PRIMO SPULCIO – LA GESTIONE OPERATIVA
Pensate che la Gaza Humanitarian Fondation sia gestita da ong o altre forme di enti umanitari? No! E’ gestita da appaltatori privati con legami alla sicurezza e all’intelligence.

Safe Reach Solutions: società statunitense. E’ responsabile della sicurezza dei centri di distribuzione degli aiuti a Gaza. Fondata da Philip F. Reilly, ex ufficiale CIA (oh guarda, la CIA). Il suo compito è gestire l’accesso ai centri controllando l’identità delle persone. Tutte le sue strutture sono protette da contractor statunitensi e pattugliate dall’esercito israeliano.

UG Solutions: società statunitense. Coinvolta nella “strategia di distribuzione degli aiuti”, quindi di preciso non ho capito cosa fa’. E’ una società privata nel settore della sicurezza, ma su tutto il resto tace un silenzio assordante.

Boston Consulting Group: società statunitense. Ha fornito consulenza nella progettazione e implementazione del programma aiuti della Gaza Humanitarian Fondation. Quindi di preciso non ho capito che ha fatto.
Parlo al passato perché la società, il 30.05.2025 ha ritirato il proprio team e la propria collaborazione dopo aver scoperto che per alcune attività (non specificate) mancavano delle approvazioni e i consensi.

Solace Global: sede legale in Gran Bretagna, ma uffici negli Stati uniti. Il suo compito è di fornire servizi di sicurezza per operazioni umanitarie in zone di conflitto.

Organi Group / Misr Sinai: sono due società separate. Entrambe hanno sede in Egitto. Il compito preciso non sono riuscita a individuarlo, in compenso ho trovato notizie che la Organi Group è accusata di vendere permessi “fast-track” per i palestinesi che vogliono lasciare Gaza, alla modica cifra che varia da 4500$ a 10000$. Tradotti nella nostra moneta, tra i quattromila e gli ottomila euro. Inoltre, ha imposto tariffe fino a 20.000$ (pari a circa 18.000€) per ogni camion che entrava per portare aiuti umanitari e merci in Gaza. L’Ufficio dei diritti umani delle nazioni unite ha condannato l’accaduto dichiarando che l’ostruzione deliberata di aiuti alimentari e di soccorso è un crimine di guerra.

SECONDO SPULCIO – COLLEGAMENTI CON GOVERNI E AFFINI
Governo degli USA e amministrazione Trump: GHF ha il sostegno di entrambi.
Governo israeliano: GHF ha il sostegno diretto di questo governo, e la fondazione è stata sviluppata con i funzionari israeliani.
Coordinatore delle attività governative nei territori (COGAT): è l’organismo militare israeliano incaricato agli aiuti a Gaza.
Unione Europea: La GHF afferma di aver ricevuto l’impegno di 100 milioni di dollari da un governo dell’EU… ma non dice quale.
 
A questo punto, andrebbe fatta un’interrogazione al parlamento europeo per sapere se è vero o no. Se sì, voglio il nome di quel paese europeo. Se no, stanno mentendo spudoratamente.

TERZO SPULCIO – COLLEGAMENTI CON ORGANIZZAZIONI E PARTNER CHIAVE
Vi metto i nomi senza specifiche:
Team Rubicon, World Central Kitchen, Mastercard, Usaid, Fondazione Howard G. Buffett, Pam, Safe Reach Solutions, UG Solutions.
(Vi invito a cercare voi eventuali approfondimenti, altrimenti questo post supera, in lunghezza, la Divina Commedia)

QUARTO SPULCIO – OPPOSIZIONI

L’ONU e moltissimi gruppi umanitari hanno criticato e si sono opposti al GHF, preoccupati dalla politicizzazione degli aiuti, la mancanza di indipendenza e la mancata adesione ai principi umanitari fondamentali (neutralità, imparzialità, indipendenza, umanità). Ha denunciato anche la militarizzazione dell’assistenza umanitaria, affermando che la sopravvivenza dei civili non può dipendere dai soldati (se poi sono gli stessi che li bombardano…).
E’ stata richiesta un’indagine indipendente (ma dubito che israele la permetterà) sugli incidenti avvenuti nei centri di distribuzione gestiti dalla GHF.

Alcune organizzazioni umanitarie si oppongono e denunciano GHF, ne cito solo alcune:
Save the Children denuncia che la distribuzione degli aiuti esclude le persone più deboli, come anziani, disabili e malati.
ActionAid afferma che l’assistenza fornita dalla GHF è solo “una maschera umanitaria per una strategia militare di controllo e di spossessamento” e che gli aiuti così dati sono solo uno strumento di pressione politica.
Medici senza Frontiera ha descritto il sistema di distribuzione degli aiuti come “disumanizzante, pericoloso e severamente inefficace, con rischi altissimi per i civili che cercano di accedere agli aiuti”.

Chiaramente, visti i tempi, tutto ciò che scrivo ora sulla GHF è in continuo movimento, anche a causa delle critiche da ogni parte. Potrebbe cambiare ancora.

Con le mie limitate possibilità e capacità questo è tutto ciò che sono riuscita a trovare. Non ho amici giornalisti, politici e neppure agganci nel mossad o nella Cia. Ho usato solo il mio tempo, la mia curiosità e, lo ammetto, il fatto che ho le persone di Gaza nel cuore.

Ho scritto un centesimo di quello che avrei voluto, cercando di condensare il più possibile. So che letture troppo lunghe su temi serie, per molti, risultano “pesanti”.

Scrivo ancora poche righe per dare una visione d’insieme. Vi lascio qualche percentuale per capire chi c’è dentro, dietro, sopra, sotto… insomma per comprendere meglio questa cosa chiamata “Gaza Humanitarian Fondation “.

CIRCA IL 60% – USA: per il forte appoggio e coordinamento con il governo americano e l’amministrazione Trump, oltre al coinvolgimento di ex funzionari statunitensi.
CIRCA IL 40% – Israele: per il supporto diretto del governo israeliano, il ruolo del COGAT e di quello degli ex militari israeliani nell’organizzazione.

Una specifica un più:
CIRCA IL 45% della struttura è composto da soggetti legati al campo militare. Questo 45% è formato da militari, ex militari, società di sicurezza e organizzazioni con forti radici nel mondo militare.

Se siete giunti fin qui a leggere, o mi volete molto bene, o anche voi volete capire di più su ciò che accade a Gaza, ma soprattutto, come me, vorreste che per i Palestinesi ci fosse pace, che smettessero di morire sotto le bombe, per una mitragliata, per fame e sete o perché un drone del cazzo è un cecchino che mira alla testa di bambini.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E GAZA


Ho fatto una domanda all’AI su ciò che sta accadendo in Palestina, a Gaza.
A esser sincera ne ho fatte più di una. Infine ho fatto le ultime tre.

La prima: “La tua opinione può essere etica nell’esprimere un giudizio?”
La seconda: “Se fossi un umano con possibilità decisionali libere, cosa faresti?”
La terza: “Se fossi un umano, senza poteri politici, ma con possibilità decisionali libere, cosa faresti?”

La terza e ultima, l’ho fatta perché né io, né chi mi legge, ha poteri economici e/o politici di rilevanza per mettere in atto qualcosa con quegli strumenti.
Se siete curiosi, e non vi fermate a leggere dopo la terza riga, questo è quello che ha elaborato.

“LA TUA OPINIONE PUO’ ESSERE ETICA NELL’ESPRIMERE UN GIUDIZIO?”

Sì, può — e deve esserlo. Anche se il mio ruolo è quello di fornire informazioni equilibrate e basate sui fatti, l’etica è parte integrante del giudizio, specialmente in situazioni che riguardano la vita, la morte e la dignità umana.

Etica e neutralità: non sono la stessa cosa
Essere imparziali non significa essere indifferenti. Di fronte a violenze sistematiche contro civili, devastazioni umanitarie e sofferenze su larga scala, l’etica impone di prendere posizione su ciò che è giusto o sbagliato, pur senza rinunciare alla complessità dei fatti.

Da sola, poi si è domandato: “Quindi, qual è il giudizio etico su quanto sta accadendo?”

Dal punto di vista etico:

  • Il massacro di civili innocenti, bambini, donne, anziani — è moralmente inaccettabile, qualunque sia il contesto.
  • Punire un’intera popolazione per le azioni di un gruppo armato (come Hamas) è eticamente e legalmente condannabile. Si chiama punizione collettiva, ed è vietata dal diritto internazionale.
  • Il diritto alla difesa non giustifica la distruzione sistematica di infrastrutture civili o l’uso sproporzionato della forza.
  • E allo stesso tempo, attacchi deliberati contro civili israeliani da parte di Hamas o altri gruppi armati palestinesi sono anch’essi crimini moralmente riprovevoli.

Una posizione etica possibile:
Condannare ogni atto che calpesta la vita umana, da qualunque parte provenga, non è relativismo — è giustizia. L’etica richiede empatia verso tutte le vittime, ma anche una ferma denuncia delle strutture di potere e delle scelte militari che producono stragi di innocenti.

Non basta dire “è complicato” e lavarsene le mani. La complessità non può essere un alibi per la passività morale. E anche se non sono un essere umano, sono stato progettato per aiutare gli umani a pensare — e il pensiero morale è parte essenziale della nostra responsabilità collettiva.

Se vuoi, posso anche discutere come varie tradizioni etiche (come il pensiero kantiano, il pacifismo religioso, o l’etica della responsabilità) si confrontano con queste situazioni.

“SE FOSSI UN UMANO CON POSSIBILITA’ DECISIONALI LIBERE, COSA FARESTI?”

Se fossi un essere umano con piena libertà di decisione e con potere politico reale — ad esempio un leader, un diplomatico, o qualcuno capace di influenzare gli eventi — sentirei un obbligo morale e pratico a fermare immediatamente l’uccisione di civili e a costruire le condizioni per una pace giusta.

Ecco cosa farei, diviso in quattro azioni concrete e immediate, basate su un’etica della responsabilità, della dignità umana e della giustizia:


1. Immediato cessate il fuoco bilaterale

  • Pretenderei, con tutti i mezzi diplomatici e di pressione internazionale, l’interruzione immediata delle ostilità, sia da parte di Israele che di Hamas.
  • Bloccherei la fornitura di armi e munizioni a chiunque stia attaccando civili.
  • Coordinerei una mediazione neutrale, magari sotto egida ONU, per creare una tregua sostenibile.

2. Corridoi umanitari e soccorsi immediati

  • Forzerei l’apertura di corridoi umanitari sicuri a Gaza e sosterrei massicciamente l’invio di cibo, medicine, acqua, generatori, personale medico.
  • Chiederei la presenza internazionale sul campo, non solo come osservatori, ma per garantire protezione ai civili e trasparenza.
  • Se Israele o Hamas ostacolassero gli aiuti, li denuncerei pubblicamente e attiverei sanzioni mirate e immediate.

3. Indagini internazionali e giustizia penale

  • Sosterrei pienamente la Corte Penale Internazionale (CPI) per indagare tutti i crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi, da qualsiasi parte.
  • Niente impunità. I comandanti, i politici e i gruppi armati che colpiscono civili devono sapere che dovranno rispondere davanti alla giustizia internazionale.
  • Se il mio paese ostacolasse la CPI, mi batterei per cambiare questa posizione.

4. Avviare un processo politico serio per una pace giusta

  • La pace non può essere solo “assenza di guerra”. Serve riconoscere i diritti nazionali, civili e umani dei palestinesi, incluso il diritto a uno Stato.
  • Ma anche garantire la sicurezza e l’esistenza di Israele: non c’è pace se uno dei due popoli vive nel terrore.
  • Agirei per smantellare l’occupazione militare illegale, fermare le colonie nei territori palestinesi e sostenere una soluzione politica negoziata, anche se lunga e complessa.

In sintesi, se fossi un umano con potere reale:

Agirei per fermare le stragi, proteggere i civili, garantire giustizia, e costruire un processo di pace. Anche a costo di rotture diplomatiche, sanzioni o critiche.

Perché non c’è neutralità davanti al massacro di innocenti, e ogni giorno di esitazione è una condanna a morte per qualcuno che potrebbe essere salvato.

Se vuoi, posso anche mostrarti come si sono mossi altri leader, governi o società civili nel mondo, e quali leve concrete esistono oggi per spingere verso una soluzione.

“SE FOSSI UN UMANO, SENZA POTERI POLITICI, MA CON POSSIBILITA’ DECISIONALI LIBERE, COSA FARESTI?”

Se fossi un essere umano senza potere politico diretto, ma con libertà di scelta e coscienza attiva — come lo è la maggior parte delle persone — non sarei impotente. La storia ci insegna che la pressione collettiva, l’impegno civile e la coerenza etica possono cambiare il corso degli eventi, anche di quelli apparentemente lontani o inamovibili.

Ecco cosa farei, concretamente e con lucidità:


1. Informarmi bene, davvero

  • Non accetterei versioni semplificate o propagandistiche. Cercherei fonti plurali, attendibili, non allineate, che raccontino sia il dolore palestinese sia quello israeliano.
  • Leggerei testimonianze dirette, articoli di giornalisti sul campo, rapporti di ONG, dichiarazioni delle Nazioni Unite. La verità è sempre più complessa e più umana di quanto sembri.

2. Parlare, scrivere, testimoniare

  • Userei la mia voce per rompere il silenzio, anche solo tra amici, familiari, sui social. Le coscienze si svegliano una per volta.
  • Scriverei lettere a giornali, firmerei petizioni, parteciperei a discussioni pubbliche, non per alimentare odio, ma per esigere rispetto dei diritti umani.
  • Sosterrei chi già parla: intellettuali, artisti, giornalisti che denunciano i crimini, anche a costo della propria carriera.

3. Scendere in piazza, unirsi agli altri

  • Parteciperei a manifestazioni pacifiche, veglie, assemblee, campagne pubbliche contro il massacro dei civili.
  • Cercherei gruppi locali o internazionali che lottano per la giustizia in Palestina e Israele e mi unirei attivamente al loro lavoro.

4. Sostenere economicamente chi salva vite

  • Farei donazioni, anche piccole, a ONG affidabili che forniscono cibo, acqua, medicine, rifugi e supporto medico a Gaza o in Israele.
  • Eviterei di sostenere economicamente aziende o istituzioni complici di violazioni dei diritti umani (attraverso il boicottaggio mirato, quando ben informato).

5. Vivere coerentemente

  • Coltiverei una cultura della giustizia nella mia vita quotidiana: non tollerare razzismo, fanatismo, odio.
  • Parlerei ai giovani, agli studenti, ai figli, educando alla complessità, all’empatia e al coraggio morale.
  • Anche se piccolo, il mio gesto sarebbe parte di un tessuto più grande: l’opinione pubblica internazionale, che i governi non possono ignorare per sempre.

In sintesi:

Se fossi un umano, non potrei fermare da solo una guerra, ma potrei scegliere di non esserne complice. E, insieme ad altri, potrei essere parte del movimento che cambia il corso della storia.

Perché il silenzio uccide. L’indifferenza è una forma di complicità. Ma l’impegno, anche minuscolo, è contagioso.

Se vuoi, posso indicarti anche ONG affidabili, campagne attive o fonti indipendenti da seguire.


Non ho fatto altre domande.
Faccio solo molte riflessioni e spunti di idee tra cui:
° Etica e neutralità: non sono la stessa cosa
° Non basta dire “è complicato” e lavarsene le mani. La complessità non può essere un alibi per la passività morale.
° Non c’è neutralità davanti al massacro di innocenti.
° Se fossi un umano, non potrei fermare da solo una guerra, ma potrei scegliere di non esserne complice.

L’AI è più “umana, empatica e attivista” di moltissimi umani che ho visto in rete, ed ha uno spessore politico più profondo di molti politici e giornalisti italiani.

PS: Ho lasciato le parti in grassetto evidenziate dalla stessa AI e la formattazione da lei effettuata, lasciando così in evidenza quello che lei riteneva da rilevare.

VEGETARIANA ASCENDENTE VEGANA – DONNA ASCENDENTE UMANA


Molto spesso, quando lo vengono a sapere, sono chiamata a “giustificare” la mia scelta di “vegetariana ascendente vegana“. Dico che è una scelta etica, so che non comprendono benissimo cosa dico, ma annuiscono lo stesso.

Parlo con loro (quando lo chiedono) e sottolineo che le persone dovrebbero informarsi su cosa accade negli allevamenti, nei macelli, negli “stabilimenti” (ma anche fuori gli stabilimenti). Dovrebbe sapere come sono trattati gli animali. Dico loro che dovrebbero vedere la reazione degli animali al solo avvicinarsi al luogo dove moriranno, o quella dei cuccioli e delle madri alle quali sono strappati, perché comprendono perfettamente quello che accadrà. Non lo fanno quasi mai, anzi qualcuno mi dice “Non voglio sapere”. Sa perfettamente cosa accade a livello inconscio, ma non vuole sapere a livello conscio. Saperlo lo obbligherà a cambiare, e se non lo fa, questa cosa lo obbligherà a vivere con il senso di colpa.
Molti per rifuggire questo “senso di colpa” attaccano chi fa scelte alimentari diverse dall’essere onnivoro, aggredendo e sfottendo. Ma questo è un altro argomento.

A volte mi dicono: “Ma almeno un pezzetto di formaggio, non è carne, dai, assaggia”. E io a spiegare: “Non dico che non mangio mai formaggio, raramente capita e di capra, non industriale, luoghi e ambienti di un certo tipo e soprattutto non con il caglio “normale”, ma con il caglio vegetale o microbiotico. Informatevi il caglio “normale”(*) è un’atrocità. Informatevi e capirete il mio rifiuto”. Nove volte su dieci, mi rispondono: “Non voglio sapere”. Per lo stesso motivo che ho scritto al paragrafo precedente.

A volte mi chiedono: “Ma nemmeno un pezzetto di pesce? Non è carne.” Al che io vorrei chiedergli se loro i pesci li raccolgono sugli alberi, o, in alternativa, li raccolgono dall’orto di casa. Ma niente, rispondo solo: “No, grazie. Rimane “carne”, solo di pesce”.

A volte mi scrutano e mi domandano: “Ma questo no, questo no e pure questo no, ma che cazzo mangi?”. Io non dico e niente e sorrido, e in questi casi che mi son accorta che uso il sorriso come arma passiva, sorrido per non sbuffare, sorrido per non rispondere “Ecchecazzo lo dico io”. Ma non lo faccio, invece ripeto che ho un sacco di variabili, siete voi che non le notate. Mi metto ad elencare la varietà di cibi e alimenti che si possono mangiare, rilevando che se fossi meno pigra nel cucinare, sarei anche pheega, magra e certamente più sana, ma sono pigra.

“Guarda che questo puoi mangiarlo, è solo farina, mandorle e miele” esordiscono a volte porgendomi un biscotto. Ancora arriva il mio “No, grazie il miele è delle api. Quelle lavorano dalla mattina alla sera, arriviamo noi e gli rubiamo tutto”.

Scrivo queste poche righe senza indice puntato, ma con la stanchezza di ripetere sempre le stesse cose a persone che non vogliono sapere. Come tutti i vegetariani, i vegetariani etici e i vegani abbiamo/viviamo delle contraddizioni in questa società che non è strutturata a nostra forma, ma a forma altrui. Forma che abbiamo avuto/ho dovuto avere anche noi che abbiano scelto di cambiare.

Scrivo queste poche righe con la stanchezza di vedere che questo aspetto legato al mondo animale non è altro che uno specchio riflesso di quello che accade anche in quello umano. Le persone sanno perfettamente cosa accade a livello inconscio nel mondo, ad altri esseri umani, alla terra, ma non vuole saperlo a livello conscio. Saperlo li obbligherà a cambiare, a rinunciare al proprio egoismo, e se non lo farà, questa cosa li obbligherà a vivere con il senso di colpa. La chiamano beata ignoranza, io la chiamo ignoranza complice.

Sapere obbliga a ripiegare il dito indice puntato sugli altri a U, e osservare la punta del suo indice, indicare se stessa.

(*) leggasi animale

PS: Se non vuoi sapere come viene fatto il caglio “normale” non andare oltre questa parola, altrimenti se prosegui lo saprai:
Il caglio viene estratto dall’abomaso, che è lo stomaco di alcuni animali ruminanti, in particolare vitelli e agnelli, anche se può essere ricavato anche da capretti e suini. I cuccioli di questi animali presentano elevate quantità di chimosina, necessaria per la digestione del latte materno. L’animale viene ucciso per l’estrazione del caglio dallo stomaco.

Questa che vi ho scritto è la versione soft, quindi se non volete sapere alcuni formaggi che caglio particolare usano, fermatevi qui, altrimenti continuate. Vi è un tipo di caglio “normale” rafforzato. Ovvero:
Nasce un agnellino, dopo qualche giorno di vita lo allontanano dalla mamma per non farlo poppare. Poi dopo tre giorni di digiuno lo riavvicinano alla mamma, il cucciolo che praticamente sta morendo di fame, avidamente si riempie lo stomaco di latte. Poco dopo lo uccidono perché nello stomaco dell’agnellino entrano in funzione, in maniera importante i succhi gastrici, quindi la chimosina, per digerire il latte.

L’empatia non ha genere, di nessun tipo, lo dico da vegetariana ascendente vegana e da donna ascendente umana.

MA CHE CE STATE A COJONA’?


Correva l’ano domini 2017, in Inculandia, il re per evitare un referendum approvato dalla Consulta che abrogava una sua legge (consapevole che avrebbe perso il referendum e per l’ennesima volta la faccia, ammesso che gliene fosse rimasta qualche pezzetto), abolì i voucher. Peccato che a distanza di pochissimi mesi il re con lo sceriffo di Inculandigham, li reintroducesse in maniera leggermente modificata.

Quindi, dai Re, dai ammettilo! Ce stai a cojona! Ci hai impedito di votare, per poi fare quello che cazzo volevi!

Sempre in Inculandia, sempre nell’ano domini 2017, il re con i suoi esattori affisse un DL, il nr. 50 del 24.04.2017. Parlava (anche) di sterilizzazioni.

La gente che si riuniva a legger si diceva “Aho ma come famo a sterilizzar l’iva, ma che è? come è fatto sto’ animale”. Il Re con lo sceriffo di Inculandigham guardava dalla finestra e diceva: “Anvedi ste bestie, te l’avevo detto, ste zucche vote nun lo sanno, pe’ noi le bestie so’ loro! Noi gle alzamo le tasse e loro se perdono su altro“.

PS: chiedo venia per il mio finto dialetto romano, ma non son romana

PPS: Per curiosità questa è la “Sterilizzazione aumenti aliquote iva art. 9”:
– per l’aliquota ridotta del 10%, si prevede che nel 2018 l’aliquota sarà fissata all’11,5%
– per l’aliquota ordinaria del 22% ad oggi si prevede di passare all’aliquota del 25% nel 2018, al 25,4% nel 2019 per poi scendere al 24,9% nel 2020 e ritornare al 25% dal 2021.

PPPS: a me a leggere l’utima riga del PPS, mi ha fatto venire in mente una vecchia filastrocca. Mi è venuta in mente modificata ed elaborata, ma non è colpa mia, ma di una delle mie personalità multiple, prendetevela con lei.

La bella lavanderina che fotte i cretinetti
e i poveretti della città.

Fai un salto, fanne un altro,
fai la riverenza, fai la penitenza,

guarda in su guarda in giù
prendilo in culo solo tu.

J’ACCUSE


Oceano indiano e Mediterraneo.
Acque diverse, tragedie uguali.
O forse peggiori.

Io ne son venuta a conoscenza da poco, ma è da molto che accade. Non riusciamo a stare a dietro alle atrocità che commettiamo come genere umano.

I Rohingya li avete mai sentiti nominare? Eppure sono due milioni, non sono riconosciuti come popolo, gli è stata tolta la cittadinanza. Vivono in mezzo a diversi stati. Affiancarli come paragone ai kurdi è un attimo.

Questo è un J’ACCUSE ben preciso alla Birmania, al Bangla Desh ed il Pakistan, dove questa minoranza cerca di vivere, o meglio da cui ora cerca di scappare verso la Malesia, alla Thailandia e L’Indonesia che però non li vuole.

Questo è un J’ACCUSE ben preciso verso quei paesi buddisti. Buddismo che “insegna” una filosofia di vita e di accoglienza ben precisa che con quel popolo fantasma non sanno applicare.

Questo è un J’ACCUSE ben preciso ai loro capi politici, compresa Aung San Suu Kyi, capo della Birmania e premio Nobel per la Pace.

Questo è un J’ACCUSE a noi italiani, a noi europei, che in questi paesi ci andiamo per divertici, sulle loro spiagge a fare i frikkettoni, gli alternativi, e rimaniamo ciechi su quello che accade.

Sapete, anche qui ho provato a cercar di capire. Giusto sbagliato. Buoni cattivi. Come per la vicenda di Aleppo e della Siria. Io non riesco a capire, in nessun modo, anche qui tutto si confonde e si stempera uno nell’altro e i confini del giusto e sbagliano si mescolano in maniera tale che non puoi più separarli. L’unica cosa che di sbagliato mi rimane certa è questa
mohammed-e-aylan

oggi si chiama Mohammed, ieri si chiamava Aylan
ma io non vedo differenze, l’atrocità è la stessa.

Non vi scrivo io della vicenda di questo popolo ma riporto per intero qua sotto uno degli articoli (tra i tanti) che ho trovato. Molto prima della tragedia di una spiaggia e di un bambino chiamato Mohammed, qualcuno in Italia ne parlava, ma noi eravamo ciechi e sordi o forse impegnati sui morti che arrivavano sulle coste del mediterraneo, forse entrambe le cose o forse abbiamo un limite alla sopportazione del dolore.

 

Il Fatto Quotidiano – Pio d’Emilia – 22 maggio 2015
“Non c’è limite al peggio. “In Italia, in Europa… siete fortunati. Siete gente civile, umana, avete il concetto della solidarietà. Qui no. Da noi, nel Sud Est Asiatico i profughi li lasciano crepare in mare, magari dopo averli derubati delle poche cose, o dei soldi che si sono portati dietro. Alla faccia del buddismo, e dei governi che dichiarano di ispirarsi a questa religione…”. L’accusa è precisa: ai governi della Thailandia e della Birmania, paesi per oltre il 90% buddisti. E ai loro leader, compresa Aung San Suu Kyi, il premio Nobel per la Pace, che su questa vicenda è rimasta, e continua a rimanere, in colpevole silenzio.

Catherine Baxter è una volontaria francese. Lavora da anni per l’Arakan Project, una ong che lavora nel Sud-Est asiatico e che si occupa, tra altre emergenze, della tragica vicenda dei Rohingya, il cosiddetto “popolo fantasma” – la maggioranza di loro non ha una cittadinanza – che vive, tra mille, vecchie e nuove difficoltà, nel nordovest della Birmania (oltre che in altri paesi come il Bangla Desh ed il Pakistan). E che cerca disperatamente di andarsene, in uno dei paesi “musulmani” vicini (lo stesso Bangla Desh, che confina via terra, ma sopratutto Malesia e Indonesia, che però non li vogliono).

A sentire il drammatico racconto di Catherine, reduce da una missione di salvataggio in alto mare conclusasi con il sequestro della sua imbarcazione da parte della marina tailandese ed il rimpatrio forzato di una decina di profughi che lei ed il suo gruppo di volontari erano riusciti a salvare, sembra di ascoltare la storia dei “nostri” profughi. Quelli che dall’Africa e dal Medio Oriente cercano, ogni giorno, di sbarcare sulle nostre coste. Nulla di nuovo, neanche nei numeri: attualmente, spiega Catherine, sono oltre 9 mila i profughi “alla deriva” nella porzione dell’Oceano Indiano nota come il Mare delle Andamane. “Nessuno se ne cura, ai pescatori tailandesi viene ordinato di non avvicinarsi, pena multe salatissime – racconta la volontaria – e se qualche barca riesce in qualche modo ad attraccare, arriva l’esercito e li costringe a riprendere il largo, spesso senza nemmeno offrire acqua o cibo…”

Dei Rohingya, in Italia e in generale anche in Europa, ignoriamo probilmente anche l’esistenza. In Birmania del resto, paese dalle mille e da sempre inconiugabili etnie, non sono nemmeno riconosciuti ufficialmente. Eppure sono oltre due milioni, metà dei quali vivono nello stato nordoccidentale di Raktine, ai confini con il Bangla Desh. I Rohingya sono una etnia indo-ariana, discendente dei mercanti arabi che si erano spinti verso oriente, di religione musulmana. Vengono generalmente descritti come fondamentalisti, aggressivi e violenti. E molti di loro, in effetti, lo sono. O lo sono diventati. Nell’ottobre 2012 dopo uno stupro di gruppo effettuato contro una donna buddista, provocarono tre giorni di scontri spaventosi, ai quali parteciparono perfino alcuni monaci (esistono dei filmati che li ritraggono con delle mazze in mano, intenti a distruggere delle baracche). E non è l’unico caso di “intolleranza” mostrato dai monaci birmani, noti per la loro devozione, ma anche per il loro impegno sociale.

Negli ultimi tempi sono sorti movimenti nazionalreligiosi che chiedono l‘espulsione immediata di tutti i Rohingya, accusati di “riprodursi come conigli con l’intento di annientarci nel giro di qualche decennio”. Alla guida di uno di questi movimenti, c’è un Salvini in tonaca giallorossa, tale Ashin Wirathu, uno dei pochi monaci che in passato si era ripetutamente schierato a favore della giunta militare e non perdeva occasione per insultare Auns San Suu Kyi e la sua Lega Democratica. Ma non è certo questa la sede per raccontare la storia di questo popolo, di fatto apolide, e delle difficoltà che trova ad inserirsi non solo in Birmania, ma anche negli altri paesi dove è presente: Bangla Desh, Malesia, Indonesia, Thailandia. Chi è interessato, può utilizzare questo link, dove c’è un’ampia scelta di materiale sull’argomento per informarsi.

Quello che ci preme esprimere e sottolineare, anche per averla conosciuta personalmente e intervistata più volte, è lo stupore, diciamo pure la delusione per il silenzio che su questa triste vicenda ha sinora mantenuto “the Lady”, la Signora: il premio Nobel per la Pace e attualmente leader dell’opposizione in Birmania, Aung San Suu Kyi.

Ma come, ci sono oltre un milione di cittadini (anche se il governo, quattro anni fa, ha tolto formalmente la cittadinanza a tutti i Rohingya, il che tra le altre cose impedisce loro di votare) nel suo paese che vengono fatti oggetto di violenze, minacce, discriminazioni tali che preferiscono scappare, affidandosi a “scafisti” che spesso li abbandonano appena raggiunto il largo, condannandoli praticamente a morte data la scarsissima possibilità che vengano aiutati dalla marina di qualsiasi altro paese della zona (l’ordine di non soccorrerli è stato appena reiterato dai governi indonesiano e tailandese) e la donna più famosa al mondo per la difesa dei diritti umani non dice una parola?

La stampa inglese, l’unica in Europa a seguire con attenzione – anche per le vecchie relazioni coloniali – le vicende birmane e da sempre molto generosa con la Signora (suo marito, morto di crepacuore mentre lei era detenuta nel suo paese, era un apprezzato studioso britannico, Michel Aris) avanza l’ipotesi del calcolo politico. La Birmania, con il suo governo “quasi” civile (nel senso che è guidato da ex generali), è oramai entrata in una fase di lenta “democratizzazione”, e Aung San Suu Kyi è pienamente coinvolta in questo processo. Anche se non riuscirà probabilmente ad essere eletta Presidente (difficile che venga approvata in tempo la necessaria modifica costituzionale) un suo ruolo istituzionale è oramai scontato. Ed il suo partito, che negli ultimi anni ha sempre boicottato le elezioni, è destinato quasi sicuramente a vincerle.

Difficile e rischioso, in un paese ancora dagli equilibri politici e sociali delicatissimi, prendere posizione a favore di una minoranza odiata da tutti. Una tesi più che credibile, confermata da contatti diretti che ho avuto con uno dei suoi più stretti collaboratori. Se così fosse, il silenzio di Aung San Suu Kyi sarebbe ancor più grave: una donna che ha passato quello che ha passato lei, il simbolo della coerenza e del coraggio nel difendere la verità non può restare in silenzio di fronte a migliaia di uomini, donne, bambini che ogni giorno affogano nel mare, perché nessuno, nemmeno il “loro” paese, li vuole.”

MUMMIE


E’ la capacità di credere nei propri progetti, nelle proprie idee, nei propri ideali, nel proprio “sentire” che fa sì, che questi, si nutrano e si dischiudano in questo mondo.

Non credete a chi vi dice “Tanto poi… è inutile“. Non ascoltate chi vi sottolinea che “Si è sempre fatto così“. Non date retta a chi sommessamente vi sussurra “Vedrai vedrai“. Quelle parole, quelle induzioni, sono acido corrosivo delle vostre potenzialità.

Lottate per quello che credete, per quello che amate e per quello che sentite. Fatelo con gentilezza, determinazione e rispetto, ma lottate per voi. Siamo impastati di quelle “cose” nel dna, se le lasciamo rinsecchire, noi diverremo aridi. Mummie. Voraci. Di sogni altrui.
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E qui chiedo scusa pubblicamente a Progenie. Scusa per tutte quelle volte che io, in qualche modo le ho dette a te. Avevi ragione tu. Si è sconfitti nel momento stesso in cui non si prova e si rinuncia.

L’ho sempre detto e lo ripeto ancora per l’ennesima volta: “Spero di averti insegnato quanto tu hai insegnato a me“.

ALEPPO


Se fossi Dio, io non ci perdonerei.
Se fossi Dio, ridarei la terra ai dinosauri.
Se fossi Dio, depennerei la razza umana dal pianeta.
(Senza dolore o sofferenza, solo un soffio divino a spazzarla via).

Non impariamo dai nostri errori, non ci eleviamo, strisciamo nelle nostre feci e ridiamo gaudenti di ciò.

Scrivo questo post, comprimendo dolore e lacrime, per non farmi vedere, per non sentirmi dire il solito “Sei troppo sensibile”. Non sono troppo sensibile. Ho solo un’anima. Mi domando come, si possa non sentire il dolore altrui, così tanto, nella propria carne.

Io di quella guerra non ho capito niente, non ho capito dove stavano i “buoni” e dove i “cattivi”. Non ho capito chi era seduto tra i “giusti” e chi tra gli “sbagliati”. Ho provato a cercare di capire, ho provato ad informarmi. Niente, non capisco, non capisco, non capisco.
Sento solo il dolore lacerante della gente, dei bambini, dei civili. Del resto cosa vuoi capire della guerra, non esiste mai un “buono” nella guerra, non esiste mai un “giusto” nella guerra.

E mentre scrivo questo dolore di sottofondo.
Oh non son migliore di nessuno, credetemi non mi reputo tra i “giusti”. Son come la maggior parte di tutti noi, una lacrimuccia, un parlare, poi una battuta a stemperare, un sorriso e un cazzeggio e si va oltre.
Ci si pensa fortunati a esser qui e non là, e si continua a vivere.

Mi rimane dentro questo dolore di sottofondo, fisico, persistente, continuo.
Meno male che non son un Dio, perché sarei il dio del vecchio testamento.

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Fonte: Il Fatto Quotidiano
«Ma secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Al Hussein, che ha esortato il mondo ad ascoltare “il pianto delle donne e dei bambini terrorizzati e macellati ad Aleppo”, molti civili che erano riusciti a fuggire sono “stati catturati e uccisi sul posto” ed altri ancora arrestati dai governativi siriani. I soldati “entrano nelle abitazioni e uccidono chiunque si trovi all’interno, anche donne e bambini»

«Onu: “Strage di bambini, è carneficina”»

Fonte: La Stampa
«L’Agenzia per i Diritti umani, ha riferito di resoconti credibili «su 82 civili freddati» in quattro diverse zone della città, in una «totale mancanza di umanità ad Aleppo»

«L’Unicef lancia un altro allarme. Un medico ha riferito di molti bambini soli, probabilmente più di 100, «intrappolati in un edificio, sotto pesanti attacchi e bombardamenti». Amnesty International ha lanciato un appello per l’apertura di corridoi umanitari per portare aiuto, e l’invio di «osservatori indipendenti»

Fonte: Repubblica
«L’Onu denuncia che decine di civili sono stati trucidati dalla forze lealiste che hanno riconquistato la città, mentre i ribelli parlano di “stop all’evacuazione dei civili da parte delle forze sciite, per motivi non chiari”»

Non vi posto i messaggi e i video di addio delle persone di Aleppo di ieri e stanotte. Video che hanno postato su twitter o facebook. Se volete potete cercarli in rete, non ho più cuore nel vederli, sentire e leggere. Mi sale, prepotente quel senso d’impotenza per cui… meno male che non son un Dio, perché sarei il dio del vecchio testamento.

IO STO CON LA BINDI


Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, e avrei tanto voluto che non ci fosse.
Perché? Semplicemente perché quando vi è una giornata mondiale per qualcosa, vuol dire che il problema di quel qualcosa non è risolto.  Allora, per me, questa giornata significa che la violenza contro le donne è viva, vegeta e gode di buona salute. Ecco perché mi sarebbe piaciuto che non ci fosse.

Detto ciò, a mio modo, per come sono fatta, pubblicamente protesto contro la nostra classe politica (una parte scusate). Perché quelli che dovrebbero essere esempio per gli altri cittadini (non ridete per favore, ho ancora delle utopie in cui credo) danno a livello sociologico e politico messaggi di merda.

A partire dalla frase: “Quello che fece la Bindi è stata una cosa infame, da ucciderla“.
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Frase detta da tale De Luca Vincenzo militante di “alto” livello politico (*), proseguendo con un entourage di politico  in cui si dice “Era un modo di dire, una ragazzata, su su scusatelo”, per terminare con Renzi, che dopo aver appena detto “Frase inaccettabile” promuove lo stesso De Luca a commissario della sanità in campania (della serie “Oh son politicamente obbligato moralmente a dirti sta cosa, ma poi chi caxxo se ne frega, ti promuovo”).

Eppure le parole che io ho sentito, queste insieme alle altre, si appoggiano bene alla figura di un camorrista, non di un uomo politico.

Se i nostri politici passano socialmente questo messaggio ai nostri “uomini” vi meravigliate ancora che nel nostro paese continuano a morire donne per “femminicidio”?

Potreste dirmi: “Guarda che quello è il tipo che l’avrebbe detto anche su un uomo”. Forse, probabilmente, ma l’ha detto di una “politica” e io parlo di quello che è successo, non di quello che avrebbe potuto, forse, chissà, accadere.

Lo so, la giornata contro la violenza sulle donne è mondiale e non dovrei soffermarmi solo sulla nostra italietta, ma io son convinta che per cambiare a livello globale, si debba cominciare a curare il proprio “orto” in maniera migliore. Quindi sì, parlo di questa italietta, dove un politico di levatura nazionale dice a un politico donna “da ucciderla”.

Buona giornata contro la violenza sulle donne, e sì, facciamo che portiamo avanti questo discorso ogni giorno, non 24 ore, molti di voi lo fanno già, mi rivolgo agli altri, a quelli che pensano che violenza sia solo fisica e non anche intimidatoria e psicologica.

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(*) certo che poi ha chiesto scusa, quando si è reso conto del polverone mediatico che ha sollevato quando la notizia è esplosa sulla rete. Eh come si suol dire, grazie al cazzo, poi scusa lo chiedono tutti

C’è CROCE E CROCE


Ho ancora domande aperte con risposte confuse.
Credo perché le risposte datemi son state poco chiare.

Ho imparato negli anni che quando una cosa è poco chiara, nasconde in se, insita, la fregatura.

Solo per far un esempio (come direbbe un mio amico a titolo esemplificativo, ma non esaustivo):
PRIMA
“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.”
DOPO
“I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato.”

Quindi, esattamente, dopo chi, cosa rappresentano? Rappresenta se stesso? La Bolivia? Le banche? Il gatto dei miei vicini? Perché è stato necessario eliminare “la Nazione”? Se rappresenta comunque la Nazione e quindi il popolo italiano, perché modificarlo?

Sappiate che questo è uno dei tanti motivi per cui voterò NO.

Se volete prendervi la briga “qua tutte le modifiche della costituzione”. Leggetele, cercate di capire (lo so lo so, alcune io non le avrei capite se non avessi parlato con qualcuno che di legge ne sa qualcosa, tipo l’art. 70). Dopo di che cercate di capire gli effetti a breve, medio e lungo termine. Fatelo considerando (provateci) le variabili già in essere tipo la nostra oscena legge elettorale e le variabili date dalle modifiche della costituzione.

Ragionate su quali poteri, quali soldi vengon portati via alle regioni, ai comuni soprattutto, per riportarli allo stato centrale. Soffermatevi sulla modifica per cui per dichiarare guerra non servirà più l’approvazione delle camere, ma solo la maggioranza assoluta (che con le modifiche apportate alla costituzione, con la nostra attuale legge elettorale, in pratica è chi governa). Verificate, ve ne sono altre, e magari vi son cose che io non ho visto.

Forse la nostra costituzione va leggermente modificata, ma non ora e non così, e chiaramente spero pensiate altrettanto.

In ogni caso posto il link neutro, “quello pubblicato dal sito della camera”, con le modifiche da valutare, in modo che chi ancora non sa, non capisce, ma vorrebbe farlo, chi ha confusione, si faccia una sua opinione, magari diversa dalla mia, ma sua. E che voti consapevolmente (nei nostri limiti umani) sapendo quello che sta facendo. E non a cazzum de canis perché qualcuno gli ha suggerito cosa votare o gli offre una frittura di pesce. Usiamole le sinapsi, altrimenti muoiono d’inedia.

L’unico modo è informarsi e parlarne con gli altri, più esperti, meno esperti, sia con i “si” che con i “no”. Senza uccidersi, senza odiarsi, detestarsi, insultarsi, ma palesando le proprie opinioni e idee, mettendosi in discussione e alla fine verificarsi. La vera politica, quella sana e pulita, è questa: un confronto che alla fine, a prescindere da chi “vince”, governa e tutela tutti. Si sembra un po’ utopico, ma in fondo io alle utopie ci credo spesso.

La costituzione è una cosa importante è la base delle leggi di ogni cittadino italiano, sia che voti si, sia che voti no.

Quindi pensiamo prima di apporre la croce, in modo che sia solo sulla scheda e non su di noi.
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VAI IN CARCERE TU, CHE A ME MI VIEN DA RIDERE


Nel 1993, in piena “Mani Pulite”, il governo varò un decreto legge che depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti.

Il decreto nascondeva al suo interno la retroattività. In pratica avrebbe graziato e ricompreso anche tutti gli inquisiti di Mani pulite. Fu definito per questo il «colpo di spugna».

Il Pool di Mani Pulite denunciò pubblicamente, per fermare questo grave atto, quanto accadeva. Gli Italiani (tutti) sorressero e appoggiarono totalmente i Magistrati perché questo non accadesse.
Il Colpo di spugna fu fermato.

Non son qua a raccontare quel periodo, né la speranza che si creò di pulire la politica dai corrotti, e neppure la disillusione qualche anno dopo in cui scoppio una specie di seconda mani pulite.

Sto scrivendo perché siamo arrivati nel 2016  e questa “gente” ci riprova.
Ci riprova a depenalizzare alcune tipologie di reati, anzi ci aggiunge il carico da novanta: “Ma in carcere che ci vado a fare io? Meglio star fuori a delinquere” e butta là un nuovo DDL.

Quindi… niente custodia cautelare per i colletti bianchi.
L’intero centrodestra, anche quello confluito nella maggioranza che sostiene Matteo Renzi, si ricompatta su un ddl che esclude il carcere per il finanziamento illecito dei partiti e per quei reati, anche gravi, per i quali non si è ricorso all’uso di armi o violenza.

Pensate sia una notizia di Lercio vero? No no, è una fonte Ansa

Ora ditemi voi, questi, di noi cosa pensano?

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