Fina García Marruz


GENERE FEMMINILE


Son diventata genere femminile che odia stucchevolezze, diabeterie varie, forzati sorrisi con tonsille esposte, i “cici e cicia” multiformi.
Eppure son rimasta romantica.

Son diventata genere femminile sostantivo con molteplici aggettivi, questo confonde, questo mi confonde.
Eppure ho chiarezza interiore.

Son diventata genere femminile, confuso, profuso, perso, disperso, lamento pezzi di me, mi manco all’origine.
Eppure sono integra.

Son diventata genere femminile che usa il suo maschile, lo porta in superficie, lo usa e a volte ne abusa.
Eppure maschile non sono.

Son diventata genere femminile che usa parte di se a scudo e quindi conserva ciò che dovrebbe lasciare andare.
Eppure sono leggera.

Son diventata genere femminile, in un mondo binario due, inevitabile lo so, scegliere è il compito.
Eppure io anelo a uno.

PANE E JEALOUSY


Non sono una persona gelosa, bada bene che non vuol dire che non so cosa sia, ma solo che non ne soffro in maniera patologica.

Non cerco di spiarti il cellulare, se digiti la password del tuo pc davanti a me, volgo lo sguardo altrove. Se mi dici che esci con i tuoi amici dico va bene, non ti seguo di nascosto. Del resto se ti ho scelto come persona che senso ha non fidarsi? Per me sarebbe impossibile stare insieme con qualcuno di cui non ho fiducia. E’ la base di ogni rapporto.

Certo se ti scopro che limoni duro con un’altra, o se i miei due angeli custodi mi sbattono sotto il naso la verità, ebbè lì il discorso è diverso.  In quel caso, lì la gelosia si trasforma in dolore, alla stessa velocità in cui il lampo segue il suono di un tuono. Quindi, no, non soffro di gelosia, soffro di delusione.

Eppure c’è stato un tempo che lo sono stata con una persona.

Ci son uomini(*) che ti fanno sentire così tanto una merda, insignificante, stupida, brutta, che qualsiasi cosa abbia sembianze umane femminili, fosse pure una statua di paglia, ti sembra migliore di te. Se lui ti fa sentire così, tu che lo ami così tanto, è perché tu non sei all’altezza.

Da allora ho capito che un uomo così non è l’uomo giusto per te, ma per nessuno, un uomo così si ciba di te.

Perché un uomo che si nutre delle tue insicurezze lo fa solo per nutrire il suo ego.

Photo by Tim Walker

(*) Scrivo uomini solo perché son femmina etero (per il momento), ma al suo posto a vostro piacimento potete inserire quello che più vi aggrada

MARTEDI’ SERA


Vivere la sera come un episodio di una situation comedy. Rider con gli amici per nascondere i pensieri. Prosciugare insieme bocce di vino, due valpolicella è un chianti. Stipulare un patto con il barista e far la tessera come per il caffè, ogni dieci uno in omaggio, ma per le bottiglie di vino. Perderla subito, la tessera, perché un po’ brilla lo sei e chiedere un duplicato. Parlare di donne. Far figure di pesce (perché cazzo non si può dire, ma forse si, siamo sul mio blog) e rider di se stessi. Far del martedì una tradizione. Mandar una buona notte e pensare che la vita, quando la costruisci tu, sì, è bella, sì, anche se quello spazio attende ancora il suo proprietario.

Ed è solo martedì sera.
Glass

CASTELLI DORATI


Viviamo nei nostri castelli dorati e non degniamo di uno sguardo quello che accade fuori le mura, convinti che tutto passerà e noi saremo salvi. Non capendo che fuori le mura sono a milioni, solo spingendo le abbatteranno.
siria

NESSUNA CERTEZZA


Affamata bocca la tua.
mi divori l’anima e il corpo
Dipingi con le dita complicati arabeschi.
la tue mani mi esasperano la pelle

Esigente regista notturno.
ghermisci i miei sensi
Mi trasformi, divento interprete,
la tua preferita
di trame di un candore perverso.

Predatore mi spingi sotto il peso del tuo corpo.
occhi bassi i miei da preda senza via di scampo
Quando affondi in me strappandomi un grido,
piacere e dolore stemperati insieme
ti guardo, dimmi ora chi è la preda e chi il predatore?

Nessuna certezza
la cosa più certa tra noi è l’incertezza
Nessuna certezza
ma conservi in te qualcosa che mi appartiene
Nessuna certezza
se non che il mio ventre ti appartiene

nessuna certezza

nell’aria intanto vola questa musica

ATTRAZIONE FATALE


A me questa cosa che in qualche modo attraggo uomini impegnati (o in alternativa che non vogliono impegnarsi) comincia a stancarmi.

Oh dico, mica parlo degli ultimi anni, è iniziata che di anni ne avevo sedici e perdura a tuttoggi che di anni ne ho diciotto, ok non mento, ad oggi che né ho venti. Non mi credete? Vabbè, la verità, ho venticinque anni.

A parte il motivo per cui è scaturito questo scritto (che fa parte di altre mie eiaculazioni mentali nel frattempo), negli anni mi son domandata: ma per come, ma che cazzo, ma si può, maddai! Sono io che non capisco? Mando messaggi sbagliati?

Non che non abbia attirato uomini liberi, ma quelli facevano parte della categoria citata sopra alla prima parentesi.
Anche in quel caso ripartiva: ma per come, ma che cazzo, ma si può, maddai! Sono io che non capisco? Mando messaggi sbagliati?

Poi un giorno, grazie al tentativo “amorosogodereccio” di un giovane amico, ho finalmente compreso. Una grossa fetta di uomini è confusa.
Molti uomini confondono “libera” con “sessualmente disponibile”.

Se volete sapere come andò con il mio amico ai tempi, gli dissi: “Sono talmente libera da poter dire di no”. Tra l’altro, da quando io ho imparato a dir di no, non ho quasi più smesso. Per ogni si detto, ci son almeno 100 no in agguato.

Comunque, averlo scoperto, non ha risposto del tutto alla domanda, ma perchè attiro uomini impegnati?

PS: In altro momento vi parlerò, invece, di quelli che per rafforzare la tua amicizia con loro, vogliono venire a letto con te, perchè così (si sa) poi si diventa amici veri, profondi e vicini.

PPS: Sappiate che a questi ho sempre risposto “Quando andrai a letto con i tuoi amici maschi per rafforzare il legame con loro, io comincerò a pensarci (solo a pensarci) di rafforzare il mio con te”.

PPPS: che fatica esser donna a volte.
Bolshoi ballet - junior class warm up

HO SMESSO


Ho smesso di credere che tutti sono buoni, ho smesso di credere che le persone sono uguali, ho smesso di credere che non puoi far del male se non vuoi, ho smesso di credere che tutti sono amici, ho smesso di credere alle storie a lieto fine, ho smesso di credere che i cattivi non esistono, ho smesso di fumare, ho smesso di credere ai principi azzurri, ho smesso di credere che tutto ha un senso, ho smesso di credere alla parodia “amore”, ho smesso di credermi migliore, ho smesso di credermi peggiore, ho smesso di pensare che un’egoista smetterà spontanemente di esserlo, ho smesso di rimandare al futuro il mio futuro, ho smesso di credere che la pecora non possa mordere. Ho smesso.

Ho smesso tante di quelle cose, che pezzo a pezzo ho cominciato a (di)smettere me stessa, convinzione dopo convinzione mi abbandonavano lasciandomi denutrita di sogni e speranze.

Ho smesso un sacco di cose, per rendermi conto che ho smesso tutte cose esterne a me. Ed ecco forse è tutto lì, sotto tutto quello smettere di credere che le soluzioni fossero fuori, e sotto quelle illusioni, ecco me stessa.
Non sempre mi piaccio, ma quasi sempre mi accetto.

E credo di piacere anche all’universo, poichè quando sembra che io stia per dire “ho smesso tutto”, quando inciampo e la forza di rialzarmi non l’ho più, quando mi domando che senso ha, quando mi sembra che non esistano colori e differenze, quando credo di non esser adatta a questa vita, quando affondo tra calcoli e conti, tra emozioni e desideri, ecco proprio in quel momento mi arriva un messaggio da parte sua in cui dice: “Non ho mai smesso di sapere che facevi parte di me, non smettere tu di pensarlo”. Quando ciò accade io piango e rido insieme. Grata del dono.

Questo scritto è dedicato a una persona.
Io non ho bacchette magiche, non ho soluzioni. Sono più le volte che inciampo e mi sbuccio le ginocchia che il resto, vado avanti anche io a tentoni, senza libretto delle istruzioni di questa vita. Ma una cosa ho imparato in tutti questi anni, ed è che se permettiano allo sconforto di prenderci troppo a lungo, egli ci terrà prigioniere insieme alle nostre paure.
Vorrei passarti in un attimo tutto quello che ho appreso negli anni, non è possibile e se anche lo fosse sarebbero solo l’esperienza del mio “cammino” non del tuo. Questo non vuol dire che sei sola. Vuol solo dire che possiamo camminare sulla stessa strada insieme, solo che vedremo cose diverse.
La nostra ricchezza sarà proprio quella raccontare all’altra quello che lei non vede.


nell’aria nel frattempo volano queste note

PELLE D’OCA


Il brivido è improvviso, veloce. Osservo il mio braccio al volante. La pelle ha cambiato aspetto, mi domando perché.

Una vecchia canzone passa all’autoradio, una di quelle che parlano di emozioni un po’ adolescenziali, amori incondizionati. Emozioni intense e assolute che puoi avere solo a quell’età, quando hai dalla tua il coraggio dell’incoscienza ed è un buttarti nell’abisso senza neppure sapere cosa ci sarà sotto.

Questa canzone mi ha colto alla sprovvista, quando ero distratta dalla guida, mi è scivolata dentro e le parole mi son esplose per uscire attraverso la pelle, formando centinaia di piccoli vulcani da cui fuoriuscire. Pelle d’oca.

Questo grigio lunedì mattina, mentre guido verso l’ufficio, mi scopro a dirmelo, a ridirmelo, perché lo so da sempre. Dentro io son sempre la stessa, nelle emozioni non son mai cambiata, da quando avevo 16 anni io son così, lo sono ancora. Celato da qualche parte, il mio nocciolo, il mio essere è sempre uguale. Le emozioni sempre assolute, intense, vere e non riesco a concepirle in maniera diversa. Diversamente le rinchiudo.

Tutto il resto è infrastruttura, tutto il resto è tutela, stanchezza, paura, disincanto. Tutto il resto è sopravvivenza.

La pelle d’oca sopravvive alla musica attraverso i pensieri e la percezione del mio nocciolo, a volte mi manco così tanto.

Mi gusto da sola, quei pochi attimi che rimangono. Tra poco mi richiuderò un’altra volta, non mi percepirò più, richiuderò le paratie, avrò solo ogni tanto quel sentore lontano di me stessa.

Ora, mentre scrivo, mi allontano velocemente. Chissà se esiste un tempo in cui potrò tornare e non dovrò accontentarmi di pochi attimi attraverso la pelle d’oca.

LE MANOLO BLAHNIK ROSSO FUOCO E LA NEVE


Che cosa hanno in comune Educazione Siberiana e Sex and the city? Me.

Ora non immaginatemi con delle bellissime Manolo Blahnik rosso fuoco mentre arranco nella neve alta. Non intendo questo. Quello che intendo e che sono entrambe le cose. Sorrido al pensiero di mischiare clan siberiani e donne di Manhattan.

Sono il discorso iniziale di nonno Kuzja e sono le mille domande di Carrie.

Sono i tatuaggi siberiani. Ho inciso il mio corpo due volte.
I miei tatuaggi non sono siberiani, ma come i siberiani sono collegati a vicende della mia vita.
Il primo, piccolo, un tribale nero. Punto per ripartire da ciò che ero verso il nuovo.
Il secondo, enorme, colorato. Memento “mai più”, sono sopravvissuta, questo è il mio cammino.
Il terzo è lì, in attesa del suo tempo sulla mia carne, che chiede pelle su cui nascere.

Sono stata parte di un “Sex and the city” de noarte per lungo tempo, fino a che qualcosa si è spezzato. Oggi guardo ad allora con quel nodo in gola di ciò che d’importante si è perduto e non tornerà. Qualcuno l’ha rotto, frantumandolo. La vita spesso fa queste cose.
Di quel tempo mi rimangono i ricordi, tantissimi, aver fatto parte di qualcosa di speciale, un Big nella memoria, il sapore di ciò che era e non è più.

Oggi son più Siberia che Manhattan. Una parte di me ne è fiera. L’altra ha problemi con il freddo, poiché la vita ha grandi difficoltà a prosperare in quell’ambiente. Non ho soluzioni. Ho solo un fine settimana di film e di pensieri che pesano sulle spalle.
Sono consapevole che nonostante tutto sarà la parte siberiana a darmi la forza e l’energia che serve per camminare ancora.

A pensarci bene, immaginatemi pure come quella con le Manolo Blahnik rosso fuoco che cammina nella neve bianca.