C’era una volta


C’era una volta un gruppo di amiche.
Queste amiche erano legatissime tra loro, si vedevano sempre. Tutte diverse tra di loro per aspetto e carattere. Erano così unite che spesso si sentivano dire da altre donne:
“Un po’ vi invidio per come siete,”
e da alcuni uomini:
“Sembrate una compagnia di maschi,”
tanto erano coese.

Viaggiavano nella vita insieme.
Tra loro qualcuna aveva legato di più con un’altra e si vedevano più spesso durante la settimana, ma il fine settimana lo passavano sempre tutte insieme.
A volte andavano a ballare, a volte passavano la sera a chiacchierare, altre volte si ubriacavano insieme. Parlavano di vita, d’amore, di uomini, di paure – le loro –, di sogni, di progetti e di futuro.
C’era una volta un gruppo di amiche. Ora non c’è più.

Un tempo lontano ma non troppo, quando quelle amiche esistevano, io ero una di loro. Mi mancano quei momenti.
Mi manca quello che eravamo e non siamo più.

La vita e il dio che ride hanno giocato di ruolo con noi.
Hanno rimescolato le situazioni, hanno implementato le nostre vite, come nel monopoli, con imprevisti e opportunità.

Così, qualcuna si è trasferita e ha avuto meno tempo (opportunità), qualcuna ha avuto figli (opportunità), qualcuna ha rinnegato un valore dell’amicizia – la sincerità – (imprevisto), qualcuna ha iniziato ad avere opinioni contrastanti su un’altra del gruppo (imprevisto), e qualcuna è stata trascinata parzialmente via da altri aspetti della vita (opportunità e imprevisti).

La vita è così, lo so.
Ciò che nasce, prima o poi finisce.
Altrimenti sarebbe immutabile, e la vita non lo è.

Nonostante ciò, quello che io chiamavo “Riunite sulla terra” mi manca.
Ci siamo conosciute da adulte, siamo cresciute insieme per alcuni anni, intrecciando i nostri pensieri, le nostre anime e le nostre vite.

Con una di loro i rapporti sono ancora vivi. Certo, non ci vediamo più tutti i giorni come una volta, ma spesso un caffè  e a volte uno spritz ci scappa sempre; a volte due, come questo sabato a mezzogiorno, in cui poi sono tornata a casa molto “allegra”.
Però il gruppo “Riunite sulla terra” non esiste più.

Dopo quel periodo è svanita anche la mia capacità di credere totalmente. Essere miə amicə, ora, è davvero difficile.
Non per colpa altrui, ma per colpa mia, di tutte le barriere di vetro temprato che, negli anni, ho messo tra me e il mondo.

Perdonate il momento saudade.
È colpa di una foto capitatami tra le mani.
Una foto che ho rielaborato grazie all’AI in un disegno, e che voi vedete come copertina di questo post. Perché, insomma, diciamolo: la nostra vita, in quel periodo, un po’ lo era un manga.

SHOAH PALESTINESE


Non so davvero come cominciare.

Qua di solito non scrivo mai di politica, di quello che accade nel mondo. Non lo faccio, ma questo non vuol dire che non sia attenta o che non abbia opinioni. Solo che questo angolo lo lasciavo come un’oasi, un momento intimo, un momento in cui abbassare la tensione che il mondo ci riversa addosso.

Questa volta non ci riesco. Questa volta devo parlarne. Anche se non risolvo nulla, anche se io, da sola, non posso nulla, reputo comunque che il silenzio sia complicità.

Parlo di Gaza.
Parlo del massacro di civili: uomini, donne e bambini, uccisi sistematicamente e con intenzionalità. Parlo di operatori sanitari, locali e internazionali, che hanno subito la stessa sorte. Parlo di un secondo olocausto, dove le vittime di ieri sono diventate i carnefici di oggi.

Parlo di 20.000 V E N T I M I L A  bambini uccisi.
Parlo di 25.000 V E N T I C I N Q U E M I L A bambini feriti.
Parlo di 17.000 D I C I A S E T T E M I L A minori rimasti senza famiglia.
A Gaza il 44% delle persone uccise, sono bambini. Il più piccolo aveva un giorno.

Assistiamo a un olocausto a cielo aperto.
Un intero popolo attualmente sotto le bombe, senza possibilità di aiuti, senza acqua, cibo, cure mediche. Questo perché l’esercito israeliano ha bombardato sistematicamente TUTTI gli ospedali, sia mai che quelli che stanno uccidendo si salvino.

Assistiamo a quello che Benjamin Netanyahu, il gemello cattivo di Adolf Hitler, e il suo governo stanno perpetrando senza timor di dio (parlo del loro dio), senza scrupolo, con sistematica programmazione. Cosa che non solo non gli riuscirà, ma che spargerà milioni di semi d’odio verso di loro.

Vorrei però che non confondeste il popolo israeliano con Netanyahu e i suoi accoliti, perché nella stessa israele molti cittadini (anche alcuni ortodossi, ex soldati, ex ufficiali ed ex agenti del Mossad) contestano questo abominio.

Non confondete le persone con chi le governa e con quella parte che appoggia quel governo. Lo specifico perché non voglio innescare un odio verso altri uomini, cosa che temo comunque accadrà, a prescindere da me e dalle mie parole.
Un’ondata di antisemitismo, pesante per quello che sta accadendo, è già nell’aria. (*)

Scrivo qua, e altrove, solo perché non voglio rimanere “complice” con un silenzio assordante. Lo stesso silenzio che, quasi novant’anni fa, accompagnò i campi di sterminio tedeschi.

A Gaza è in atto una shoah palestinese, e la sta perpetrando chi dovrebbe avere memoria di averla subita.

 (*) Quanto sta accadendo rafforzerà la figura mitologica del “popolo errante” (o “ebreo errante”), figura nata nelle varie tradizioni cristiane. Gli ebrei sarebbero stati condannati a vagare senza riposo per aver insultato e colpito Gesù durante il suo cammino verso il Calvario, e poi per averlo ucciso e per questo, maledetti da dio.

Fina García Marruz


GENERE FEMMINILE


Son diventata genere femminile che odia stucchevolezze, diabeterie varie, forzati sorrisi con tonsille esposte, i “cici e cicia” multiformi.
Eppure son rimasta romantica.

Son diventata genere femminile sostantivo con molteplici aggettivi, questo confonde, questo mi confonde.
Eppure ho chiarezza interiore.

Son diventata genere femminile, confuso, profuso, perso, disperso, lamento pezzi di me, mi manco all’origine.
Eppure sono integra.

Son diventata genere femminile che usa il suo maschile, lo porta in superficie, lo usa e a volte ne abusa.
Eppure maschile non sono.

Son diventata genere femminile che usa parte di se a scudo e quindi conserva ciò che dovrebbe lasciare andare.
Eppure sono leggera.

Son diventata genere femminile, in un mondo binario due, inevitabile lo so, scegliere è il compito.
Eppure io anelo a uno.

PANE E JEALOUSY


Non sono una persona gelosa, bada bene che non vuol dire che non so cosa sia, ma solo che non ne soffro in maniera patologica.

Non cerco di spiarti il cellulare, se digiti la password del tuo pc davanti a me, volgo lo sguardo altrove. Se mi dici che esci con i tuoi amici dico va bene, non ti seguo di nascosto. Del resto se ti ho scelto come persona che senso ha non fidarsi? Per me sarebbe impossibile stare insieme con qualcuno di cui non ho fiducia. E’ la base di ogni rapporto.

Certo se ti scopro che limoni duro con un’altra, o se i miei due angeli custodi mi sbattono sotto il naso la verità, ebbè lì il discorso è diverso.  In quel caso, lì la gelosia si trasforma in dolore, alla stessa velocità in cui il lampo segue il suono di un tuono. Quindi, no, non soffro di gelosia, soffro di delusione.

Eppure c’è stato un tempo che lo sono stata con una persona.

Ci son uomini(*) che ti fanno sentire così tanto una merda, insignificante, stupida, brutta, che qualsiasi cosa abbia sembianze umane femminili, fosse pure una statua di paglia, ti sembra migliore di te. Se lui ti fa sentire così, tu che lo ami così tanto, è perché tu non sei all’altezza.

Da allora ho capito che un uomo così non è l’uomo giusto per te, ma per nessuno, un uomo così si ciba di te.

Perché un uomo che si nutre delle tue insicurezze lo fa solo per nutrire il suo ego.

Photo by Tim Walker

(*) Scrivo uomini solo perché son femmina etero (per il momento), ma al suo posto a vostro piacimento potete inserire quello che più vi aggrada

MARTEDI’ SERA


Vivere la sera come un episodio di una situation comedy. Rider con gli amici per nascondere i pensieri. Prosciugare insieme bocce di vino, due valpolicella è un chianti. Stipulare un patto con il barista e far la tessera come per il caffè, ogni dieci uno in omaggio, ma per le bottiglie di vino. Perderla subito, la tessera, perché un po’ brilla lo sei e chiedere un duplicato. Parlare di donne. Far figure di pesce (perché cazzo non si può dire, ma forse si, siamo sul mio blog) e rider di se stessi. Far del martedì una tradizione. Mandar una buona notte e pensare che la vita, quando la costruisci tu, sì, è bella, sì, anche se quello spazio attende ancora il suo proprietario.

Ed è solo martedì sera.
Glass

CASTELLI DORATI


Viviamo nei nostri castelli dorati e non degniamo di uno sguardo quello che accade fuori le mura, convinti che tutto passerà e noi saremo salvi. Non capendo che fuori le mura sono a milioni, solo spingendo le abbatteranno.
siria

NESSUNA CERTEZZA


Affamata bocca la tua.
mi divori l’anima e il corpo
Dipingi con le dita complicati arabeschi.
la tue mani mi esasperano la pelle

Esigente regista notturno.
ghermisci i miei sensi
Mi trasformi, divento interprete,
la tua preferita
di trame di un candore perverso.

Predatore mi spingi sotto il peso del tuo corpo.
occhi bassi i miei da preda senza via di scampo
Quando affondi in me strappandomi un grido,
piacere e dolore stemperati insieme
ti guardo, dimmi ora chi è la preda e chi il predatore?

Nessuna certezza
la cosa più certa tra noi è l’incertezza
Nessuna certezza
ma conservi in te qualcosa che mi appartiene
Nessuna certezza
se non che il mio ventre ti appartiene

nessuna certezza

nell’aria intanto vola questa musica

ATTRAZIONE FATALE


A me questa cosa che in qualche modo attraggo uomini impegnati (o in alternativa che non vogliono impegnarsi) comincia a stancarmi.

Oh dico, mica parlo degli ultimi anni, è iniziata che di anni ne avevo sedici e perdura a tuttoggi che di anni ne ho diciotto, ok non mento, ad oggi che né ho venti. Non mi credete? Vabbè, la verità, ho venticinque anni.

A parte il motivo per cui è scaturito questo scritto (che fa parte di altre mie eiaculazioni mentali nel frattempo), negli anni mi son domandata: ma per come, ma che cazzo, ma si può, maddai! Sono io che non capisco? Mando messaggi sbagliati?

Non che non abbia attirato uomini liberi, ma quelli facevano parte della categoria citata sopra alla prima parentesi.
Anche in quel caso ripartiva: ma per come, ma che cazzo, ma si può, maddai! Sono io che non capisco? Mando messaggi sbagliati?

Poi un giorno, grazie al tentativo “amorosogodereccio” di un giovane amico, ho finalmente compreso. Una grossa fetta di uomini è confusa.
Molti uomini confondono “libera” con “sessualmente disponibile”.

Se volete sapere come andò con il mio amico ai tempi, gli dissi: “Sono talmente libera da poter dire di no”. Tra l’altro, da quando io ho imparato a dir di no, non ho quasi più smesso. Per ogni si detto, ci son almeno 100 no in agguato.

Comunque, averlo scoperto, non ha risposto del tutto alla domanda, ma perchè attiro uomini impegnati?

PS: In altro momento vi parlerò, invece, di quelli che per rafforzare la tua amicizia con loro, vogliono venire a letto con te, perchè così (si sa) poi si diventa amici veri, profondi e vicini.

PPS: Sappiate che a questi ho sempre risposto “Quando andrai a letto con i tuoi amici maschi per rafforzare il legame con loro, io comincerò a pensarci (solo a pensarci) di rafforzare il mio con te”.

PPPS: che fatica esser donna a volte.
Bolshoi ballet - junior class warm up

HO SMESSO


Ho smesso di credere che tutti sono buoni, ho smesso di credere che le persone sono uguali, ho smesso di credere che non puoi far del male se non vuoi, ho smesso di credere che tutti sono amici, ho smesso di credere alle storie a lieto fine, ho smesso di credere che i cattivi non esistono, ho smesso di fumare, ho smesso di credere ai principi azzurri, ho smesso di credere che tutto ha un senso, ho smesso di credere alla parodia “amore”, ho smesso di credermi migliore, ho smesso di credermi peggiore, ho smesso di pensare che un’egoista smetterà spontanemente di esserlo, ho smesso di rimandare al futuro il mio futuro, ho smesso di credere che la pecora non possa mordere. Ho smesso.

Ho smesso tante di quelle cose, che pezzo a pezzo ho cominciato a (di)smettere me stessa, convinzione dopo convinzione mi abbandonavano lasciandomi denutrita di sogni e speranze.

Ho smesso un sacco di cose, per rendermi conto che ho smesso tutte cose esterne a me. Ed ecco forse è tutto lì, sotto tutto quello smettere di credere che le soluzioni fossero fuori, e sotto quelle illusioni, ecco me stessa.
Non sempre mi piaccio, ma quasi sempre mi accetto.

E credo di piacere anche all’universo, poichè quando sembra che io stia per dire “ho smesso tutto”, quando inciampo e la forza di rialzarmi non l’ho più, quando mi domando che senso ha, quando mi sembra che non esistano colori e differenze, quando credo di non esser adatta a questa vita, quando affondo tra calcoli e conti, tra emozioni e desideri, ecco proprio in quel momento mi arriva un messaggio da parte sua in cui dice: “Non ho mai smesso di sapere che facevi parte di me, non smettere tu di pensarlo”. Quando ciò accade io piango e rido insieme. Grata del dono.

Questo scritto è dedicato a una persona.
Io non ho bacchette magiche, non ho soluzioni. Sono più le volte che inciampo e mi sbuccio le ginocchia che il resto, vado avanti anche io a tentoni, senza libretto delle istruzioni di questa vita. Ma una cosa ho imparato in tutti questi anni, ed è che se permettiano allo sconforto di prenderci troppo a lungo, egli ci terrà prigioniere insieme alle nostre paure.
Vorrei passarti in un attimo tutto quello che ho appreso negli anni, non è possibile e se anche lo fosse sarebbero solo l’esperienza del mio “cammino” non del tuo. Questo non vuol dire che sei sola. Vuol solo dire che possiamo camminare sulla stessa strada insieme, solo che vedremo cose diverse.
La nostra ricchezza sarà proprio quella raccontare all’altra quello che lei non vede.


nell’aria nel frattempo volano queste note