I semi degli alberi


Da sempre penso che i tempi della storia non siano i tempi umani.
Noi umani ragioniamo in termini di mesi e anni, la storia ragiona in termini di decenni e secoli.

Ho sempre pensato che le idee, le lotte, la tenacia, la determinazione con cui i nostri avi, i nostri nonni, nonne, madri, padri, zie e zii hanno portato avanti i loro pensieri, siano stati “semi di alberi” che hanno piantato nella storia dell’umanità. “Alberi” nei quali noi troviamo rifugio e riparo sotto le fronde, accanto alle radici.

Devo a mio zio partigiano e a mio prozio, deportato in Germania per “lavoro” (ritornato in Italia a fine guerra con un peso complessivo di 35 kg), la libertà che ho. Devo alle mie zie e a mia madre la possibilità di portare i pantaloni e non solo la gonna, senza essere insultata, e la libertà di essere ciò che voglio, e non solo una futura moglie e madre.

Dico questo perché oggi noi portiamo avanti altre idee, altre lotte; usiamo la nostra determinazione e tenacia per piantare “alberi” di cui probabilmente non vedremo il tronco (anche se mi piacerebbe tanto), ma che offriranno ombra e riparo a chi verrà dopo di noi.

Ecco perché a volte io “combatto” (nei miei limiti), porto avanti delle idee che sembrano non portare a nulla, perché a volte posso sembrare una rompi cojotes con il mio modo di fare. Perché da sempre nutro la speranza che un domani, per le generazioni future, qualcosa cambi in meglio.

Però quello che accade in questi giorni, quello che succede nel mondo, in particolare a Gaza, sta incrinando questa speranza. Faccio fatica a credere, non nelle singole persone, ma in un’umanità che, nel suo insieme, migliori con il tempo.

Ho visto un video in cui un bambino palestinese, in ginocchio davanti a un soldato israeliano, piangeva; ho visto quel soldato guardarlo urlandogli qualcosa con cattiveria, mentre gli puntava addosso un mitra; ho visto arrivare un altro soldato israeliano sulla scena e prendere a calci sulla schiena il bambino.

Ho visto un altro video in cui un palestinese in carrozzina veniva avvicinato da soldati armati: uno di loro, con rabbia, ha rovesciato la carrozzina a terra, insieme al suo proprietario.

Ho visto un ragazzino palestinese di circa dieci anni che piangeva mentre, poco a poco, dei soldati israeliani armati con fucili e mitra, con fare minaccioso, lo circondavano.

Ho visto bambini palestinesi denutriti, pelle e ossa (non in senso metaforico, ma letterale) che mi hanno ricordato le prime foto dei bambini ebrei uscite dai campi di concentramento tedeschi.

Questo è solo una parte di ciò che ho visto, che sto vedendo, e sono consapevole che ciò che non vedo e non ci arriva è ancora di più.

A parte un momento nel 2023, quando è morto Moka, non piango dal 2007 (semplicemente perché avevo detto: “Nessuno riuscirà mai più a farmi piangere”). Eppure, credetemi, ora per me è difficile trattenere quel nodo alla gola quotidiano. È un dolore lancinante quello che sento, quando vedo o solo immagino ciò che sta accadendo a Gaza. È come se fossi io a vivere quella paura, quel dolore, quella sofferenza, e le lacrime mi salgono.

Non voglio apparire patetica, non credo di essere una donna patetica. Credo di essere semplicemente umana, fatta di emozioni. Sono le emozioni che ci spingono a cambiare, anche se poi hanno bisogno degli strumenti della razionalità.

A volte è così insopportabile che cerco di distrarmi facendo altro. A volte guardo i drama. Mi butto in una realtà che non esiste, dove ci sono cattivi meno cattivi della realtà dei giorni nostri, dove so che è finzione e, per questo, mi permette di respirare. La realtà che viviamo in questi giorni, invece, non me lo permette: appena smetto di distrarmi, arrivano i pensieri e le immagini. Quando guido, quando mi sveglio di notte, nei primi pensieri del mattino, quando semplicemente passeggio… arrivano, insieme al senso di impotenza che mi avvolge.

Ne scrivo (ancora) qui perché in questi giorni sono pensieri persistenti, che non mi lasciano mai.
Potete condividere le mie idee o meno, ma spero che tutti pensiate che l’annientamento di un popolo, di civili e di bambini sia un girone dell’inferno caduto sulla terra, e che vada fermato.

P.S.: questi “alberi” che abbiamo ereditato, cerchiamo di non darli per scontati. Basta un attimo perché muoiano. “Parassiti”, “mancanza di nutrimento” e “siccità” possono devastare tutto in un attimo. Gli “alberi” e i “nuovi semi” vanno curati.

PROBLEMI


Il problema è che quando non ho problemi me li creo.

Il problema è che io ho sempre saputo cosa non volevo e non cosa volevo.

Il problema è che ho come animale guida una chiocciola, appena sfiori la mia anima, lei si ritrae.

Il problema è che perdono con il cuore ma non dimentico con la testa.

Il problema è che mi innamoro delle idee e raramente degli uomini.

Il problema è che vivo il presente con un piede nel futuro, ma mi dimentico sempre aperto l’uscio del passato.

Il problema è che a volte le persone mi prendono sul serio quando non dovrebbero farlo e non lo fanno quando dovrebbero farlo.

Il problema è che crescendo ho più pazienza, ma meno passione.

Il problema è che la chiaroveggenza del mio cuore non mi ha salvato dal dolore.

MUMMIE


E’ la capacità di credere nei propri progetti, nelle proprie idee, nei propri ideali, nel proprio “sentire” che fa sì, che questi, si nutrano e si dischiudano in questo mondo.

Non credete a chi vi dice “Tanto poi… è inutile“. Non ascoltate chi vi sottolinea che “Si è sempre fatto così“. Non date retta a chi sommessamente vi sussurra “Vedrai vedrai“. Quelle parole, quelle induzioni, sono acido corrosivo delle vostre potenzialità.

Lottate per quello che credete, per quello che amate e per quello che sentite. Fatelo con gentilezza, determinazione e rispetto, ma lottate per voi. Siamo impastati di quelle “cose” nel dna, se le lasciamo rinsecchire, noi diverremo aridi. Mummie. Voraci. Di sogni altrui.
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E qui chiedo scusa pubblicamente a Progenie. Scusa per tutte quelle volte che io, in qualche modo le ho dette a te. Avevi ragione tu. Si è sconfitti nel momento stesso in cui non si prova e si rinuncia.

L’ho sempre detto e lo ripeto ancora per l’ennesima volta: “Spero di averti insegnato quanto tu hai insegnato a me“.

SERENDIPITY


Questo caldo mi fa l’effetto di vapore acqueo che aleggia nel cervello, ho difficoltà a scrivere. Metter insieme le parole con l’anima e quello che mi accade intorno e faticoso.

M’impigrisco, mi lascio muovere sull’amaca delle idee, occhi socchiusi, dondolo in attesa di una brezza che rinfreschi.

Vivo, in questi giorni, e non trovo tempo e voglia per fissare tutti i pensieri che abitano nella mia mente.  Un “unisci i puntini numerati” della settimana enigmistica e son senza penna.

Le parole svolazzano dentro me come farfalle libere.

Estate lago chiacchere raso condivisione abbracci ti voglio bene caldo tramonto sassi nuvole angeli vestitino sbirluccica vorrei sorrisi lucertola bugie gioco risate bollicine insalata piccante leggerezza montagne treno sospiro cristallo codardo sudore viaggio crescita mi vuoi bene attendo amici disegno egoismi ventilatore serendipity abbracci rispetto amore fiume candele àncora magia tatuaggio.

Ecco fate voi mettete tutto quello che manca tra una parola e l’altra, inventate voi una storia della mia vita e raccontatemela.

Si raccontatemi le mie parole mischiate alle vostre emozioni, di come mi vivete, io son qui, soffusa in attesa di voi, che uniate i vostri punti ai miei, per scoprire così un nuovo mondo.
photo by Josep Sumalla