RIDO QUINDI SONO


Mi adagio sulle risate, le mie.
Distesa sul divano.
Ascolto la vita.
Osservo i rumori.
Sorrido di me.

E’ stata la giornata della risata, quelle fatte da sola a casa poi, son le più vere.
Propagano benessere come cerchi concentrici nell’acqua.

Parlo con i gatti, che son la mia famiglia, e sanno come me, comunicare nel silenzio.
Quel silenzio rotto solo dalle mie risate e dalle loro fusa.

Rido nel ritrovarmi e nel rendermi conto che ho iniziato solo ora a crescere, e nel farlo, crescere diventa essere.
cat

IL LATO LUCE


Apro. Entro. La stanza è vuota. In fondo di fronte a me una porta. Avanzo e la apro. Mi ritrovo in un’altra stanza vuota con una porta su un’altra stanza vuota con un’altra porta, mi ritrovo in una matrioska lineare.

Mentre le attraverso, una dopo l’altra, penso: “All’inizio ci metto lo studio è in fondo a tutte la camera”.
Procedo senza timore e infine arrivo all’ultima. Non più porte da aprire davanti a me, solo un muro e una parete ricoperta da una vecchia tappezzeria. Piccoli gigli araldici scuri su uno sfondo ingiallito. Allungo la mano, tocco e mi rendo conto che il muro è sottile, compensato, e dietro c’è qualcosa di terribile.

Scappo scappo scappo. Riattraverso a ritroso, una dopo l’altra, tutte le stanze. Infine chiudo la prima aperta dietro me. Mi tuffo nelle braccia di mio padre, quello che non ho mai avuto, e lo supplico singhiozzando “Portami via di qua, portami via di qui, andiamo ad abitare da un’altra parte”.

Mi sveglio. E lo so da subito. È uno di quei sogni. La paura si sta sciogliendo ma è ancora tangibile. Respiro forte. So dove sono stata. In fondo la stavo cercando, solo che non ero preparata, e non ho capito fino al mio risveglio.

Stanza dopo stanza sono mi sono attraversata fino ad arrivare a quel muro fragile, gigli antichi, e dietro la mia parte oscura mi aspettava. La paura mi ha sorpreso, non pensavo di trovarmela così vicina.
Sono scappata in cerca di protezione, ma non si può scappare da se stessi.

Inspiro. Espiro. Lentamente. Tornerò, troverò il modo di tornarci, e quel muro lo butterò giù con una spallata.

Il coraggio è il lato luce della paura.

Photo by Elena Helfrecht

COME STAI?


Vedi tra amici veri, il come stai non dovrebbe mai esistere, tranne quando sai già che l’altro non sta bene e domandi non per chiedere, ma per affermare “sono qui per te”.

Tu forse non lo hai ancora compreso, ma i tuoi “Come stai?” sono la prova che amici non lo siamo più. Gli amici sanno sempre come stai. Se lo domandi, è perché non sai più nulla di me, a parte le parole che io dico. Quelle che uso per ricoprire le mie nudità davanti al mondo.

Spesso rimaniamo legati a un’idea, un’immagine, un’emozione, una persona che ha radici nel passato che ora non c’è più. La vedi la catena? Ed io odio le catene.

Sento l’impulso ad andarmene, a chiudere dietro di me la porta, perché almeno dietro quell’uscio ci sarà il ricordo di qualcosa che è stato speciale, mentre ora lo vedo ricoprirsi di muffa e decomporsi lentamente nel vuoto.

Mi freme il cuore nel vederlo agonizzare, preferisco l’illusione che lo spazio e il tempo si sposteranno in mondi paralleli, in questo non c’è più ossigeno.

In questo ti lascio libero dalla tua promessa.

Photo by Anuchit Sundarakit

SCATTI


Non sono una fotografa. Non ho macchine sofisticate, se mi parli tecnico, ti guardo come se l’aramaico fosse la tua lingua. Uso un cellulare, non so photoshoppare, non so alterare, insomma non so, o meglio so di non sapere.

Fotografo prima con la mente, poi con gli occhi, poi ascolto l’immagine con il cuore e infine scatto.

A volte quello che esce non è quello che ho visto, rimango delusa dal non riuscire a portare nei pixel quello che ho visto. Altre invece, rimango stupita, nell’essere riuscita a tirare fuori più di quello che avevo visto. Rimango lì a osservare quello che prima non avevo scorto.

Tutto questo dire di foto, non è per disquisire di foto, ma per parlare di una foto che ho scattato ieri sera e stamattina mi son riguardata. Nulla di che. Tuttavia.
Red Wine ©Diamanta
Tuttavia io guardo e vedo in ogni sfumatura di rosso, in quel punto di luce, in quei giri concentrici, in quelle impronte è racchiusa una vita, la mia, ma non solo. In quei pixel ho fissato una sera, le risate, un affetto di sedici anni e uno che l’anno non lo ha ancora compiuto. Il sapore tannico, vellutato, armonico dei miei anni. Una progenie lontana, felice dové, ma che il quarto insieme l’avrebbe fatto. In quel rosso c’è il mio cuore che si apre alla vita insieme a cuori acciaccati come il mio, ma che di necessità virtù, brindiamo e ridiamo insieme.

La foto no, non è perfetta. Non è patinata, sofisticata, manca tecnica, manca perfezione. Però è viva. Io sono viva e ci son attimi di vita in cui la perfezione la rasento.

DUALITA’


Il sapore del vino rosso amalgama i pensieri con le parole. Le ritrovi sparpagliate come i calzini a terra, nel corridoio, per arrivare alla camera da letto.

Con loro ritrovi quella sensazione particolare. Un vuoto pieno o un pieno vuoto? Cerchi l’abbraccio che ti faccia sentire casa e lo aneli tenendo tutti a fisica distanza. Così semplice nel suo esser difficile. Ma tu semplice? Mai. Quindi di che ti lamenti.

La diversità arricchisce, dicono, è una forza, ribadiscono, ma ci son momenti che la percepisci come dietro un vetro. Vedi, nel silenzio, labbra mute muoversi, allunghi la mano a sfiorare, senti freddo sotto le dita.

L’isolamento è protezione e prigione insieme, tana sicura o angusto bugigattolo in cui soffochi. La vita stessa è gioia e calore o sofferenza e freddo.

Questo mondo, e il suo gemello dispari, sono i mondi della dualità, sfuggirne è difficile.

La verità è racchiusa in bolle di sapone, il loro scoppiare in ogni angolo della terra, ne fa ardua la ricerca affinché molteplici torni una. Infine possa riposare, il mio dio interiore, nel terminare il puzzle.
Photo by Benoit Courti

Ti sovviene Wilde e il suo guardar le stelle, ma a volte questo più che fango ti sembra guano le cui esalazioni ti ammorbano le sinapsi. Rimanere in punta di piedi per allontanarle e tendere alla luce a volte è impegnativo.

Eppure.

CARBONIO PURO


E’ un attimo, quel luccichio, l’etereo diamante, lo scorgo nello sguardo di qualcuno che incrocia il mio. Nonostante l’abuso di anni, di vita e esperienza diversa, in quello sguardo reciproco, due foglie dello stesso albero, seppur cresciute lontane, si riconoscono.

Quando accade, il mio cuore si riallinea con il loro e batte un ritmo che canta alla vita, lacera il grigio, strappa sorrisi e inneggia alla speranza. Dove quelli della mia generazione hanno sbagliato, loro hanno possibilità.

Non vuoi essere lì a dirgli “Vai c’è la puoi fare, sei molto più di quello che ti hanno fatto credere, sei molto più di quello che pensi di essere“?

Molto spesso ho difficoltà con i coevi spenti alla vita, piegati dalla paura, agonizzanti in attesa della dose quotidiana di rassicurazioni, e comprendo (a volte) invece chi mi è lontano anni luce nel vissuto.

Per quello scrivo post dedicati senza ricordarmi il nome, nonostante il ripeterlo a volerlo memorizzare, ma ero distratta da occhi, si sofferenti, ma pieni di vita e di possibilità.

Remember. Siamo prigionieri delle nostre stesse convinzioni, ma il mare è a portata delle nostre zampe.
Convinzioni

BIANCO E ORO


Bianco, di lino, il vestito.
Spalline, sottili, volubili.

La pelle, dorata, nuda la schiena.
Denti, i tuoi, sulla spalla mia.

Un morso, tenace, marchio invisibile.

Fu un attimo.
Mi addentasti l’anima.

soul

RADICI


Ho avuto due madri. Due radici che hanno fatto di me quella che sono.
radici

Ho avuto una radice biologica, mia madre, che mi ha dato un corpo sano, amore nel ventre, mi ha nutrito, ha rinunciato a lei per dare a me. Fino all’ultimo.
Mi ha insegnato il dovere, la responsabilità, la libertà, l’orgoglio e la tenacia.
Poi dieci anni fa un settembre, questa radice, si è trasmutata in altro.

Ho avuto una radice d’anima, mia mamma, che mi ha cresciuto da quando avevo un anno ai quattro. L’imprinting alla Konrad Lorenz me lo ha dato lei.
Il mio amore per gli animali, per la natura, per gli alberi, la forma del mio cuore, il mio comprendere, il mio percepire, il mio amare, lo devo a lei.
Oggi questa radice si è trasmutata in altro.

Ho radici profonde nate da me, cresciute in profondità, mi hanno ancorato a questa terra, son salda e forte, per tutto il tempo che dovrò starci. Però oggi ho perso la mia seconda radice madre.

Che il viaggio ti sia leggero e che la luce ti avvolga in un abbraccio.
Ciao Mamma

I PIEDI NEL CUORE


Sai è una giornata strana oggi, tra il desiderio di fanculizzare il mondo intero e lo stemperarmi in un abbraccio.
Del resto, lo sai, io son sempre stata quella delle contraddizioni insite, del si e del no, del prendimi e del stammi lontano.
Ho ossimori attaccati alla catena del dna, del resto anche lei è duplice.

E’ così oggi. Con voce flebile ho detto al telefono “Ti voglio bene”, ripetuto, in un addio che mi incrina e mi scioglie nella dolcezza, e nello stesso tempo mi domando come posso far parte di questo baraccone chiamato terra.
Apro il cuore e poi costruisco lastre di ghiaccio.

A volte il dotto non è un sapiente, ma solo il santo graal delle nostre lacrime.
Se ci pensi, le lacrime son come me, piene di contraddizioni, escono quando senti dolore e anche quando senti gioia.

Mi adagio sui miei pensieri e affondo i piedi nel cuore.
Non so ancora leggere le note, la vita la suono a orecchio.
Piano

BIRRA ROSSA


Quella cosa lì, quella che le persone hanno dentro loro pezzetti di noi, si chiamano frammenti d’anima.

Ed è un bene rivolerli indietro, (i frammenti, non le persone; le persone non sono nostre), non saremo mai completi senza. Ci sentiremo sempre un vuoto dentro, non capiremo perché, cercheremmo di riempirlo con altro che non ci serve, nel tentativo assurdo di riempire questo vuoto.

Non puoi riempirti di “altro”. Rimarrai sempre vuoto. La verità e che ci manchiamo noi, non “altro”.

La cosa più brutta e che potremo rimane legati a una persona non per amore, ma perché lei conserva dentro se pezzi di noi.

Girovagheremo confusi nella nostra vita senza neppure sapere cosa cerchiamo, trattenuti su sentieri non nostri.

Io sto imparando. Ogni tanto li richiamo a casa, e nel farlo mi accorgo che ho spazi occupati da frammenti d’anima altrui.
Li guardo e li lascio volare via. Li lascio liberi di tornare a casa.
Lucciole

Con alcuni faccio fatica, poi penso: “Tanto chi mi ama torna a lasciarmene altri”. Questo accade con l’amore (in ogni sua forma), le anime si fondono e vi avvolgono in un abbraccio, per poi staccarsi e tornare due.

Chi non torna… che senso ha tenere cose che non mi appartengono? E’ quasi rubare, quindi è giusto lasciar tornare a casa anche quei pezzetti.

Insomma l’anima ha bisogno dei suoi spazi e dei suoi cassetti per le sue cose.
Per far un esempio sciocco (come Willy), io le mutande del mio amico Willy non le metterei mai (non ho chiesto se lui metterebbe le mie però…) perché tenerle da me? Meglio che lui si tenga le sue, e quando vuole, se le infili e inviti me e le mie mutande a farsi una birra (rossa e belga) (la birra specifichiamo).

Integri, presenti, consapevoli. Si beve birra perché si vuole la birra, non perché dobbiamo riempirci lo stomaco di “altro” o recuperare le “mutande”. Questa è libertà, essere liberi di scegliere, e lo puoi essere solo se sai cosa vuoi nella vita, e non puoi sapere cosa vuoi, se ti mancano pezzi di te.

Willy vuoi una birra?
beer

(Sappiate che sono consapevole, ad alcuni di voi bastano le “mutande” senza birra. Io no)