DALLA V ALLA V


VERITA’
Son sempre stata quella del “Meglio una verità dolorosa, che una bugia pietosa“, vivendo in un mondo che di solito preferisce la seconda.
Credo che sia per questo che abbia acquisito un’importanza così preponderante nella mia vita, nei rapporti con gli altri, negli amori e nelle amicizie. Sapere la verità è difficile. Le persone mentono, noi mentiamo, per svariati motivi.

Credevo che la verità fosse una, poi ho creduto che di verità ve ne fossero di molteplici, per rendermi conto infine, che la verità è solo una. Siamo noi piccoli umani imperfetti, che non possiamo contenerla tutta (per il momento almeno), quindi ognuno di noi ha spicchi di essa.

Questo non ha tolto questo mio incessante desiderio di avvicinarmi a lei, anche se a volte sapere il vero fa un male cane. Cercarla mi ha fatto capire che anche io cerco le bugie pietose, a volte ne son rimasta prigioniera a lungo.

Amarla ha fatto sì, che come un cane da tartufi, abbia odorato le bugie che mi son state dette. All’inizio provavo a dirlo con il risultato di sentirmi dare della folle. Non avendo prove tangibili se non il mio “odorato”, passavo per la “sclerata”, salvo poi nel tempo (che è sempre galantuomo) avere tangibilmente riscontro di quelle bugie.

Oggi, quando “odoro” le bugie, di solito non dico niente. Aspetto. Il signor tempo farà lui e io mi distacco dalla situazione, anche se fisicamente son presente.
Chi mente sapendo di mentire, mentirà fino allo sfinimento e chi invece mente, mentendo per primo a se stesso, mentendo così anche a te, sarà convinto di esser nella verità.

Scrivo queste poche righe su un argomento vasto come il mondo, consapevole che neppure io sono immune dal raccontare bugie, ma so che nonostante questo e il fatto che anche io abbia respinto la verità in alcuni momenti, la amo.

RABARBARO


Ci sei tu, tu che hai più bisogno di sicurezza che non di verità. Poi ci sono io, io che oscillo tra il bisogno di una e l’irrinunciabilità dell’altra.

In questo ondeggiare mi perdo, tra quello che voglio e quello che fa di me chi sono.

Questo fluttuare mi porta in un equilibrio instabile. In sospensione.
Così capace con l’esterno, così cieca con l’interno.

Hai il sapore del rabarbaro, ma io il rabarbaro lo amo.

THE X-FILES BAMBI


Warning: Questo post nasce dalla diatriba nata sulla pubblicità di una merendina italiana, pubblicità che personalmente non ha suscitato nessuna reazione (né positiva, né negativa), ma la diatriba scaturita ha portato alla mente il ricordo di un ricordar un ricordo.

Bambi, il film della Disney visto da bambina, fu per me un trauma. Talmente profondo che, (venni a sapere anni dopo) appena morì la mamma di Bambi, iniziai a piangere. Lo feci per tutto il tempo del film e per le due ore successive all’uscita del cinema. Inconsolabile, l’aggettivo.

Dopodiché feci una cosa che si chiama “rimozione di un ricordo traumatico”. La mente stabilisce che non hai vissuto quella situazione, qualsiasi essa sia, perché il dolore è insormontabile e insopportabile, e tu “dimentichi”.

La “rimozione di un ricordo traumatico” non è effettiva. Il nostro cervello per proteggerci lo manda nell’antro più oscuro della nostra mente, dove noi difficilmente andiamo di nostra volontà, e lì lo deposita. Una specie di X-files de noartri. Io archiviai un X-files di “dolore empatico” in quell’antro.

Oltre trent’anni dopo, mentre guardavo una cassetta con Progenie(*), mi resi conto che intuivo esattamente ciò che sarebbe accaduto nella scena successiva. Non possedendo doti di preveggenza non riuscivo a comprendere come fosse possibile. Non capivo, non avevo mai visto quel film.

Arrivai a chiedere a mia madre se lo avevo visto da piccola. Lei mi rispose di no. Ma quella sensazione deja vu era persistente, tanto che qualche giorno dopo sentendo al telefono mia zia, quella che mi fece da mamma i primi anni di vita, lo richiesi a lei.

Così arrivò in superficie, che si l’avevo visto e che avevo pianto a dirotto per ore, mentre lei raccontava, ricordavo anch’io.

Questa cosa fu sconvolgente per me.
Tutte le certezze del mentale messe in dubbio. Chissà quante cose abbiamo rimosso e non lo sappiamo e non sapremo (a meno di non trovarci davanti a un effetto scatenante). Chissà quante cose abbiamo rimosso e al loro posto abbiamo messo ricordi per noi più accettabili, ma non veri.

Da allora un paio di dubbi mi accompagnano sempre. Il primo: se quello che penso e dico, sia quello veramente accaduto od ho una visione corretta e rivisitata. Il secondo che, che tu, persona (qualsiasi tu sia) quando mi parli, mi racconti quello che è accaduto o mi racconti la favola che ti stai raccontando.

La realtà questa magnifica sconosciuta.

Raccontiamo bugie, omettiamo verità, inconsapevolmente (alcuni, sappiatelo, consapevolmente). Modifichiamo la percezione di noi, degli altri, degli avvenimenti e delle situazioni, e quindi diamo indicazioni sbagliate a noi stessi e agli altri. Poi ci sorprendiamo che le cose non vadano quasi mai come vorremmo. Da presupposti sbagliati, nascono situazione sbagliate.

Ora (chi mi conosce) capite questo mio bisogno costante di arrivare il più possibile vicino alla verità?

(*) Fu il periodo in cui la Disney fece uscire le vhs dei suoi film, quando avendo una MiniProgenie e pensando di fare la brava mamma, le comprai tutte (o quasi) man mano che uscivano. MiniProgenie ed io le guardavamo insieme, così vedevamo le fiabe, le fiabe belle…

Progenie ti prego, perdono, se oltre ai traumi del “Ti devo parlare” con cui ho minato la tua adolescenza, ti ho esposto all’omicidio della mamma di Bambi, alla morte traumatica del padre del Re Leone, al cacciatore che espianta cuori di Biancaneve. Non ne ero consapevole.

DI STELLE E DI FANGO


E le vedi passare le bugie.
Quelle che ti dicono e quelle che si dicono da soli.
Vedi scivolare anche le cose non dette, non nei silenzi che abbracciano, ma nel vuoto che spaventa.

Lo sai di non detenere il vero assoluto. Sai di averne percepito, piccoli grammi sparsi qua e là, nella tua vita. Però l’hai sempre rincorso, a volte sbagliando, confondendo desiderio con verità. Già, la verità, la insegui ancora. Sperando prima o poi, di avere la forma per poterla contenere, magari fosse anche tra qualche vita.

E le vedi passare le bugie e i silenzi delle cose non dette.
Taci, anche se vorresti parlare. Poi pensi: “Diciamolo, chi cazzo sono per scagliar la prima pietra? Io, la pietra, neppure riesco a farla rimbalzare sull’acqua”.

E le vedi passare le bugie, i silenzi delle cose non dette e le solitudini fatte materia.
Non sei nessuno per parlare, ma non hai di certo l’obbligo di accettarle. Puoi quindi lasciarle andare alle tue spalle, insieme alle persone che te le dicono o se le dicono (e dicendole a loro, le dicono a te). Puoi, ma non sempre è così facile lasciare andare le persone.

Scruti una notte luminosa. Leggero il respiro. Ti sovviene Oscar Wilde. Lo Speri. Chissà mai che tutta quella luce non ti aiuti a trovare quello che tanto cerchi.
moon-bunny-by-indre-bankauskaite

LE VERITA’ OMESSE


Spesso le subodoro.
Contratte e piccole.
Si librano nei sospiri.

Non capisco, non comprendo, il perché del loro nascere.
Sto silente, aspetto, la pazienza mi ha educato.
Far fare loro il lavoro più pesante.

Rimarranno sommersi dai loro stessi non dire.

Le verità omesse sono madri delle piccole bugie quotidiane, piccoli inganni che partoriranno a loro volta grandi menzogne.

Distinguere la verità e la bugia sarà difficile anche per chi il vero lo omise.
organic-creatures-crafted-from-plastic-cable-ties-by-sui-park

DUALITA’


Il sapore del vino rosso amalgama i pensieri con le parole. Le ritrovi sparpagliate come i calzini a terra, nel corridoio, per arrivare alla camera da letto.

Con loro ritrovi quella sensazione particolare. Un vuoto pieno o un pieno vuoto? Cerchi l’abbraccio che ti faccia sentire casa e lo aneli tenendo tutti a fisica distanza. Così semplice nel suo esser difficile. Ma tu semplice? Mai. Quindi di che ti lamenti.

La diversità arricchisce, dicono, è una forza, ribadiscono, ma ci son momenti che la percepisci come dietro un vetro. Vedi, nel silenzio, labbra mute muoversi, allunghi la mano a sfiorare, senti freddo sotto le dita.

L’isolamento è protezione e prigione insieme, tana sicura o angusto bugigattolo in cui soffochi. La vita stessa è gioia e calore o sofferenza e freddo.

Questo mondo, e il suo gemello dispari, sono i mondi della dualità, sfuggirne è difficile.

La verità è racchiusa in bolle di sapone, il loro scoppiare in ogni angolo della terra, ne fa ardua la ricerca affinché molteplici torni una. Infine possa riposare, il mio dio interiore, nel terminare il puzzle.
Photo by Benoit Courti

Ti sovviene Wilde e il suo guardar le stelle, ma a volte questo più che fango ti sembra guano le cui esalazioni ti ammorbano le sinapsi. Rimanere in punta di piedi per allontanarle e tendere alla luce a volte è impegnativo.

Eppure.

ALTALENA


La pienezza di alcuni momenti.

Il ricordarmi il blue hope. Sapermi accolta e avvolta in un bozzolo che schiuderà nel futuro.

Vorrei raccontarti di me, dei miei mille dubbi e delle mie paure, del vedermi avanzare nel tempo mentre il cuore torna all’origine.

Parlo con i miei battiti felini. Se tu mi vedessi veramente per quello che sono.

Mi dondolo tra una vita e un pensiero, tra un pulsare e un fremito.

Ti adagio sulla pelle vestiti, per rendermi conto che non son i tuoi, ti travesto da me.

La verità è fatta da gocce di pioggia che cadono. Alcuni terreni l’assorbono, altri la fanno scorrerre via.

Sgorgo amore a circuito chiuso
cats

SQUARCI DI VERITA’


Sono le sette. “Uozzap” mi consegna il buongiorno di Largen.
Guardo fuori. Buongiorno? Il buio è così denso da potersi tagliarsi, come la nebbia milanese una volta.
Click è il rumore che fa il mio cellulare, l’invio dei pixel a Largen è un attimo, voglio farle vedere quando poco giorno è da me. Lei, di rimando, fotografa il suo, dove la luce ha già preso possesso, anche se non del tutto, del cielo.

Poche centinaia di chilometri e il mondo cambia così tanto.
La realtà diventa così diversa nello stesso esatto momento.

E da questo comprendo come possiamo pensare di capirci se non abbiano volontà di farlo? Pensiamo che tutto il mondo sia paese, ma basta spostarsi di pochi centimetri per avere visioni diverse della stessa cosa.

Ognuno convinto di aver la verità in mano, pronto a combattere la verità altrui.

Sono convinta che la verità, nella sua completezza sia una.
Non possono esistere più verità. Siamo noi che vediamo di lei solo squarci. Come cavalli con i paraocchi vediamo solo davanti e non tutto intorno a noi.

Ah se riuscissi anche io ad avere quella capacità di ascoltare con il cuore e la mente tutti quanti, senza giudizio, senza arrabbiarmi, senza pensare “ioppperò”. Ci provo, ma son così umana, così fallace.

Forse un giorno ci arriveremo tutti a vederla nella sua interezza.
Forse oggi il non vederla mi salva da un peso che non potrei reggere.
Photo by Jati Putra Pratama

HO IMPARATO


Sto imparando a tacere (bugia)
Sto imparando a contenermi (bugia)
Sto imparando a vivere (verità)

E non sempre mi riesce bene. A volte cado e mi sbuccio le ginocchia. Ma a volte mi riesce proprio bene, come mangiar caldarroste, una sera fredda d’inverno, davanti al camino con un bicchiere di vino rosso accanto e voci amiche che riscaldano il cuore.

Nel frattempo ho imparato a buttar fuori ciò che invece porta freddo, scuro, cupo. E da ciò ho appreso a diffidare di chi mi cerca solo nel momento del bisogno, da chi mi loda e m’imbroda, da chi mi esalta per comprarmi, dalle persone grette, da quelle false e da quelle che si piangono sempre addosso mentre fanno piangere gli altri, dagli scontenti e dagli imbronciati che aveva ragione mia zia a dir “dare a chi ride togliere a chi piange”.

Ho imparato a buttar fuori dalla mia vita tutto ciò, staccandomi da loro, come un vecchio petalo da un fiore.

E ho imparato che quando pensi di aver imparato, ti scopri solo a un nuovo punto di partenza.

Ma va bene così, perché ho imparato che i miei nuovi punti di partenza, son persone, anime come me fallaci, a volte un pò ingenue ma pulite. Se il mondo fosse pieno di loro sarebbe un posto migliore.

Io mi tengo il calore, i sorrisi, le persone vere e il cuore pulito il più possibile.

Photo by David Talley

MEMENTO


Ho un problema.
Io non dimentico mai.
Se lo faccio, è solo perché l’allocazione di quel ricordo è stata bruciata, dagli anni che passano o da un mojito di troppo.

In caso contrario io mi ricordo di te.
Di te che mi hai fatto una carezza. Di te che mi hai preso per il culo. Di te che mi hai regalato un sorriso. Di te che mi hai ferito. Di te che hai condiviso l’anima con me e di te che l’anima hai cercato di strapparmela.

I ricordi belli son sempre con me, come piccoli soprammobili a vista in una casa. Volgi lo sguardo, vedi quell’oggetto che ti piace tanto, ti rallegra il cuore e sorridi. Ecco quelli son i ricordi e le persone belle della mia vita.

I ricordi brutti, li ricordo, nel tempo, senza portar rancore. Ho imparato che è un sentimento da sciogliere come ghiaccio in estate a mezzogiorno.
Il rancore, come la rabbia e l’invidia, consuma chi lo prova.
Quindi ricordo senza rancore.

Piego e liscio il ricordo in piccole parti. Lo metto in fondo al cassetto. Non mi serve. Ma non dimentico e quando serve, riapro il cassetto, apro con cura il ricordo piegato e t’inchiodo alle tue bugie. Quelle in cui ti specchi.
Mirror