NEL CUORE DI YAMATO


Nel cuore di Yamato
di Aki Smimazaki
romanzo giapponese contemporaneo

Sono sincera, ho scelto questo libro perché ai primi di luglio, mentre ero in aeroporto in attesa di partire per Berlino, ho visto un’offerta: “Prendi due e paghi solo 11.90€”. La mia scelta è caduta su questo libro, mi ha attirato il titolo, perché Yamato è il nome antico del Giappone. Chi mi conosce, sa che ho un “leggero” profondo innamoramento, per questo paese dai mille ossimori.

Non conoscevo l’autrice e non mi aspettavo nulla da questo romanzo, e invece… invece mi sono appassionata come non succedeva da molto.

Questo libro è una pentalogia, una raccolta di cinque storie, godibili singolarmente ma che si intrecciano tra loro. Si sviluppa nel Giappone del dopoguerra, dove coabitano le antiche tradizioni e il nuovo che arriva dall’occidente.
In questa atmosfera, si tangono nel tempo, le vicende di Mitsuba, Zakuro, Tonbo, Tsukushi e Yamabuki. La raccolta ci offre uno spaccato della storia politica, sociale ed economica del Giappone, attraverso i personaggi di ogni racconto.

Con il loro vivere quotidiano, ci danno una visione di una società che cambia, ma rimane ancorata al passato, con la loro logica del lavoro, il peso della società, della posizione sociale e il rigido rispetto delle regole. Tutti fattori che condizionano la vita privata e sentimentale dei personaggi perché, nonostante la modernità che avanza, le loro radici affondano profondamente in una cultura e nelle tradizioni. Ognuno di loro risponderà in maniera diversa a queste sollecitazioni e pressioni.

L’amore pervade ogni racconto, con diverse sfumature e complessità: quello di coppia, tra genitori e figli, quello sacrificale, quello verso il proprio paese.

Si percepisce la confusione di uomini e donne che vivono in un periodo di cambiamento. L’aver lasciato molte parole nella pronuncia giapponese (non preoccupatevi sono poche e hanno la spiegazione in fondo al libro) fa immergere ancora di più nell’atmosfera del libro.

L’autrice ci regala scorci di storia, a noi occidentali sconosciuti, specialmente sul periodo delle deportazioni in Siberia. A scuola noi studiamo principalmente la storia occidentale moderna, quella di altri popoli solo quando tocca l’occidente. Avere visto un pezzettino della loro storia attraverso le parole dell’autrice, mi fa sentire ancora più vicina alle persone comuni.

Era da molto che un libro non mi prendeva così tanto, da farmi rinunciare al sonno per leggere ancora una pagina, ancora una pagina, ancora una pagina…

Terminata la lettura, ho ordinato anche le altre pentalogie dell’autrice. Ho scoperto un nuovo autore che amo. Aspettatevi quindi delle recensioni successive a questa.

Non amo dare voti, perché ognuno ha i suoi gusti e quello che non piace a me piace a un’altra persona, e viceversa, ma in questo caso io voto con un bel 9 pieno, tendente al 10.

PS: in foto una delle mie micie, Sophie, che approva la mia scelta di lettura.

AUTRICE E EDITORE
Aki Shimazaki è nata a Gifu in Giappone nel 1954. Nel 1981 si è trasferita in Canada, dove tuttora vive e lavora.

L’edizione da me letta è dell’editore Feltrinelli – Collana Universale economica Feltrinelli, 409 pagine, pubblicata in Italia nel 2021. La potete trovare, oltre che nelle librerie, online su siti di Lafeltrinelli, Amazon e Ibs: Prezzo cartaceo 11,40€ – Ebook 7.99€. Volendo sul sito del Libraccio.it potete trovare copie di seconda mano.

Infine solo per ricordare che non dimentico e che, anche se parlo di altro, questo fa costantemente parte di me, ogni giorno.

C’era una volta


C’era una volta un gruppo di amiche.
Queste amiche erano legatissime tra loro, si vedevano sempre. Tutte diverse tra di loro per aspetto e carattere. Erano così unite che spesso si sentivano dire da altre donne:
“Un po’ vi invidio per come siete,”
e da alcuni uomini:
“Sembrate una compagnia di maschi,”
tanto erano coese.

Viaggiavano nella vita insieme.
Tra loro qualcuna aveva legato di più con un’altra e si vedevano più spesso durante la settimana, ma il fine settimana lo passavano sempre tutte insieme.
A volte andavano a ballare, a volte passavano la sera a chiacchierare, altre volte si ubriacavano insieme. Parlavano di vita, d’amore, di uomini, di paure – le loro –, di sogni, di progetti e di futuro.
C’era una volta un gruppo di amiche. Ora non c’è più.

Un tempo lontano ma non troppo, quando quelle amiche esistevano, io ero una di loro. Mi mancano quei momenti.
Mi manca quello che eravamo e non siamo più.

La vita e il dio che ride hanno giocato di ruolo con noi.
Hanno rimescolato le situazioni, hanno implementato le nostre vite, come nel monopoli, con imprevisti e opportunità.

Così, qualcuna si è trasferita e ha avuto meno tempo (opportunità), qualcuna ha avuto figli (opportunità), qualcuna ha rinnegato un valore dell’amicizia – la sincerità – (imprevisto), qualcuna ha iniziato ad avere opinioni contrastanti su un’altra del gruppo (imprevisto), e qualcuna è stata trascinata parzialmente via da altri aspetti della vita (opportunità e imprevisti).

La vita è così, lo so.
Ciò che nasce, prima o poi finisce.
Altrimenti sarebbe immutabile, e la vita non lo è.

Nonostante ciò, quello che io chiamavo “Riunite sulla terra” mi manca.
Ci siamo conosciute da adulte, siamo cresciute insieme per alcuni anni, intrecciando i nostri pensieri, le nostre anime e le nostre vite.

Con una di loro i rapporti sono ancora vivi. Certo, non ci vediamo più tutti i giorni come una volta, ma spesso un caffè  e a volte uno spritz ci scappa sempre; a volte due, come questo sabato a mezzogiorno, in cui poi sono tornata a casa molto “allegra”.
Però il gruppo “Riunite sulla terra” non esiste più.

Dopo quel periodo è svanita anche la mia capacità di credere totalmente. Essere miə amicə, ora, è davvero difficile.
Non per colpa altrui, ma per colpa mia, di tutte le barriere di vetro temprato che, negli anni, ho messo tra me e il mondo.

Perdonate il momento saudade.
È colpa di una foto capitatami tra le mani.
Una foto che ho rielaborato grazie all’AI in un disegno, e che voi vedete come copertina di questo post. Perché, insomma, diciamolo: la nostra vita, in quel periodo, un po’ lo era un manga.

Come ti innamori tu?


La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota.
(tratto da Donne dagli occhi grandi di Angeles Mastretta)

Leggendo questa frase mi sono bloccata al pensiero “sono io”, non tanto per “donne intelligenti” (anche se una parte di me lo pensa… a volte), ma quanto al “come un’idiota”.

Questo perché, le pochissime volte che mi sono innamorata (dalla regia mi dicono “una volta e mezza”), mi sono innamorata così, come un’idiota, senza se e senza ma.

Credo che sia per questo che faccio fatica, oggi come oggi, a pensarmi innamorata. Fare la figura dell’idiota non mi piace, e diciamolo, essere idiota in amore porta sofferenza.
Me lo domando, esiste la possibilità di innamorarsi come un intelligente?

E tu? Come t’innamori?

Nel frattempo io, mentre cerco il modo intelligente, m’innamoro ad ogni drama cinese, coreano, giapponese e thailandese. Insomma mi innamoro di ogni protagonista di movie asiatici e/o cantanti di cui mi piace la musica. Confesso qui sono poliamorosa: non caccio via mai nessuno dal mio cuore, ma divento un’accumulatrice seriale.

PS: Ultimamente comincio ad innamorarmi anche di acluni personaggi maschili degli anime…

LA MALEDIZIONE DI ESSERE LUPO


Era molto che non ti facevi accompagnare da Morfeo da me.

Non ti aspettavo, e neppure quello stretto abbraccio dal quale non ci staccavamo, quasi a fonderci, in un luogo senza tempo e confini.

Non so se sono deliri o qualcosa che sfugge alla nostra comprensione, so solo che l’emozione, la mia, era vera, è vera.

C’è chi nasce lupo e rimane legato tutta la vita a un solo compagno e chi leone marino e assapora ogni storia che vive, anzi la cerca.
Nessun giusto o sbagliato, solo un’indole, un marchio, un timbro o una maledizione che ci portiamo dentro. Io con te ho scoperto di essere lupo.

Lascerò stemperare lentamente, non ho scelta, questa emozione che mi porto dentro dal risveglio, questo senso di vuoto che tende a voler esser riempito dalle contrazioni del cuore e dai nodi che si formano in gola.

Arriverà sera, e avrò nuovamente sepolto, quello che fu di noi e quello che non fu mai.

EGOIST


EGOIST
(Egoisuto)
Romantico, Drama, LGBT+, +15
Anno 2022
Film da circa 2 ore
Su: AKC & BL Asia (Rama)

TRAMA

Quando la madre di Kosuke muore, lui ha solo quattordici anni. Si ritrova così giovane adolescente gay a vivere in un villaggio rurale, nel quale è obbligato a reprimere i suoi sentimenti.

Una volta cresciuto e diventato adulto, si trasferisce a Tokyo, dove lavora come redattore di una rivista di moda, e dove può essere finalmente se stesso.

A Tokyo incontra Ryuta, che lavora come personal trainer. Ryuta è un ragazzo giovane, è stato cresciuto da solo dalla madre, e ora è lui accudisce la madre, che ha problemi di salute.

Tra Kosuke e Ryuta scatta una forte attrazione, e man mano i due si legano sempre di più, tanto che Ryuta fa conoscere sua madre a Kosuke, quest’ultimo è felice di condividere del tempo con Ryuta e sua madre, perché gli ricorda la sua defunta madre.

Un giorno Kosuke e Ryuta fissano un appuntamento per vedersi e fare un giro insieme, ma Ryuta non si presenta all’appuntamento.

OPINIONE PERSONALE

Mi ha incrinato il cuore, me lo ha frantumato e lo ha fatto per far entrare tutto l’amore che passa in questo film, in tutte le sue forme.

CURIOSITA’

Questo film è un adattamento della novella autobiografica “Egoist” di Takayama Makoto.

Egoist, è stato presentato come film in concorso al Tokyo International Film Festival nel 2022, mentre l’uscita nelle sale cinematografiche è avvenuta nel 2023.

INTERPRETI

Le recensioni le trovi anche su facebook. Clicca sulle immagini a fianco e arriverai alle pagine di Diversamente Intelligente e di Drama Universe.

SOLCO


Non ci ho dormito stanotte, mi sono svegliata ogni millanta minuti, sempre quella percezione nel cuore. Nel dormiveglia cercare di capire perché rivedevo immagini senza immagini della serie vista ieri, una serie che mi ha “rubato” (apparentemente) solo sorrisi e risate, e sì, ammetto anche qualche emozione visto che parla di “emozioni”. Cosa mi svegliava e rendeva il mio sonno così tormentato? Perché quel titolo era la prima cosa che pensavo in quei risvegli cadenzati?

Intuirlo stamattina quando il conscio ha occupato il posto dell’inconscio, ma trovare un suggerimento, un promemoria, da lui lasciato.

Le lacrime della protagonista tenute dentro per mesi che si sciolgono in quella stretta, quel lasciarsi andare, quel ricominciare, sapendo nel suo inconscio che è solo un preludio ad un nuovo addio.

Avete mai lasciato qualcuno da innamorati persi di quel qualcuno?

Io l’ho fatto, è una cosa che lascia il segno, talmente tanto e in profondità, che, a quanto pare, bastano pochi fotogrammi per portare in superficie tutto quel dolore, e non basta dirsi che è la stata la scelta migliore, che non avevi alternativa, che era una questione di sopravvivenza emotiva, che sei quella che sei anche grazie a quello, non basta…

La storia è alle spalle, quell’amore è alle spalle, ma quel segno è ancora lì è ha tracciato il solco del mio vivere da quasi vent’anni.

LA TORRE DI VETRO


Scelgo la musica da mettere nel breve tragitto casa lavoro, leggo Key, clicco, parte Hate That.

I primi sei secondi sono destinati a pensare “Oggi la posto, bellissima, e poi chi non ha avuto un amore che ha “odiato”?“. Il resto del tempo è stato riempito da quel nodo in gola e da un’anomala leggera idratazione agli occhi.

Io l’ho avuto un amore che si “odia”, consapevole che l’odio è solo la parte ombra dell’amore.
Io l’ho avuto un amore che si “odia” e ne sono sopravvissuta.
Ne scrivo periodicamente quando sono distratta o quando vivo nel mondo di Morfeo, “qualcosa” subdolamente risale e mi stende.

Sopravvivi a un amore che si “odia”, e smetti di parlarne anche alle persone più care dopo un po’, perché lo senti il loro pensiero di sottofondo: “Hai scelto tu di andartene, perché ci pensi? Ancora a parlarne. Vai oltre.”, e hanno ragione.

Come fai a giustificare che hai lasciato ma eri ancora innamorata persa? Come fai a far comprendere che è stato solo l’istinto di sopravvivenza? Per un attimo è riuscito a prendere il sopravvento, ti ha fatto scappare via, ma una parte di te è rimasta sempre là. Come fai a spiegare che quell’amore ti ha reso quella che sei oggi, nel bene certo, ma anche nel male, e il male è questa torre di vetro dove vivi da sola, e a nulla solo valsi i tuoi tentativi di fuga da essa.

Questo aspetto di te, questo tua capacità di vedere i potenziali degli uomini, ma non riuscire a scindere tra potenziale e realtà, (perché un potenziale non indica la piena e completa realizzazione, ma solo la possibilità che accada) è stata una rovina.

Posterai la canzone, guarderai cose allegre, farai la buffona e dirai cose stupide, e quel “qualcosa” tornerà in profondità. Nel frattempo tu continuerai a cercare di evadere da quella torre di vetro.

IL PUNTO DI CAMBIAMENTO


Sei ancora lì, tra i meandri oscuri di quella che è la mia mente, esci random in alcuni notti, quando chiacchiero con Morfeo e sono distratta.

Sei un’illusione cui, come fossi un novello dio, ho dato un corpo, sangue e sudore. Solo che alla fine il dio sei diventato tu. Chissà se hai mai saputo quanto potere avevi su di me.

Hai diviso il mio tempo su questa terra.
Il punto di cambiamento.
Prima di te. Dopo di te.

A volte penso a tutti questi anni passati come lo spreco di una vita perché nel “dopo di te” non ho più amato nessun uomo. Sono consapevole e nel farlo mi do della stupida, m’incolpo di aver creato un mostro invisibile che mi ha tenuto, mi tiene, ancorata a una prigione fatta di finestre aperte.

Capita, però, che a volte penso che questo “dopo di te” mi ha liberato dal dover amare convenzionale, mi ha cresciuto e ha portato la mia visione d’amore su altri piani.
Questa visione è un cellophane intorno al cuore che mi permette di amare senza paura del dolore. Mi ha permesso di amare, tra le altre cose, me stessa.

Poi però ho il dubbio, penso che questo cellophane sul cuore non mi abbia liberato, ha solo spostato la direzione dell’amore che ognuno di noi possiede e ritorno al punto di partenza, avrei potuto vivere meglio, amando di più, vivendo di più, e non l’ho fatto.
Lo spreco di una vita.

Non ho risposte certe. Non la mattina dopo, quando sei penetrato, attraverso il mondo di mezzo, da me. Come sempre aspetterò la sera, quando tutti questi pensieri saranno sciolti o forse si saranno solo ricongelati nei meandri oscuri della mia mente.

Tornerò ai miei drama, ai miei attori e idol, alle mie letture, alle chat con le amiche, alla pizza con gli amici, ai miei progetti, alla leggerezza di vita che ormai cerco.
Riderò e sorriderò, provando a vivere al massimo delle mie capacità, questa vita che mi rimane.

DI CINISMO E DINTORNI


“Sono cinica in amore”
Mi scopro a pensarlo stamattina, così, senza motivo.
Mi domando come possa essere accaduto, quando, dove, come e perché?
Ma lo sono davvero? Ma che significa cinismo? E essere cinica in amore?
Cerco se esiste un modo per capirlo, scopro che esistono 10 punti per scoprirlo.

  1. Quando scorri i post sdolcinati di Facebook ti assale un senso di nausea
  2. Non sai come reagire quando qualcuno si innamora nel giro di una settimana
  3. Molto spesso il tuo sarcasmo viene frainteso
  4. Non sai ricevere un complimento
  5. Credi che l’amore sia eterno solo finché dura
  6. Pensi che le cose belle della tua vita ti siano capitate per puro caso
  7. Sei convinta che il segreto delle relazioni sentimentali sia vedersi poco
  8. Quando qualcuno ti parla di quanto la sua famiglia sia perfetta ti senti a disagio
  9. Non credi nell’essenziale bontà del genere umano
  10. Ti piace definire l’amore attraverso la reazione chimica che lo determina

Come ho risposto io? Sette affermazioni spuntate totalmente, due spuntate a metà e una senza spunta. Sono cinica in amore.

Ma io lo so, un cinico è un romantico perduto, ed io mi sono perduta, da molto.


BLU


Il mantello è simile a quello dei film di fantasy, il cappuccio ampio gli copre parzialmente il viso, s’intravedono solo gli occhi e il mento. Si avvicina piano, senza esitazione.
Lo osservo da lontano, rimango impietrita sul posto e penso: “No! Per favore, fermati, fermati! Se ti avvicini troppo, se mi guardi negli occhi, capirai ancora tutto il potere che hai su di me”.
Ora capisco la paralisi delle prede.

Non si ferma, continua fino a trovarsi a pochi centimetri da me, alza lo sguardo e incrocia il mio. Lo sapevo, mi scoppia il cuore, trabocca d’amore e di paura.

E’ la paura a portarmi parzialmente in un risveglio, rimango lì, immobile nel letto, né in questo mondo, né in quello di Morfeo. Rimango lì al confine dei due mondi, mentre mi duole il cuore.

Non so perché, ma in quella terra di mezzo, la prima cosa che mi viene in mente è una tecnica che usano i fiorai. Colorano le rose bianche di blu, mettono l’inchiostro blu nell’acqua. Le rose assorbono l’acqua e nel farlo, cambiano il loro colore e la loro natura. Diventano bellissime e uniche.
Il problema è che per le rose, l’inchiostro è veleno.

Rimango così, ancora ferma nel letto, nel mondo di mezzo, lo sento, il mio sangue si colora di blu, lentamente e inesorabilmente. Arriva uno dei miei gatti, Loki, ci prova con la zampetta, picchiettandomi il volto, a riportarmi in questo mondo, ma il blu non lo permette, non fintanto che non avrà colorato tutto il mio sangue da rosso a blu. Quando accade, mi risveglio e sento il cuore gonfio.

Lo so già, questa giornata sarà così, avrò una percezione di te tutto il giorno, e mentre le ore scorreranno, verso sera, il blu si trasformerà in azzurro, e poi domani, il mio sangue tornerà rosso.

Quando, anni fa, me ne sono andata, ero convinta che ti avrei lasciato alle mie spalle e invece ti ho portato con me. Era molto che non venivi nei sogni. La sensazione è che in questa vita sarà sempre così, e questo da una parte mi spaventa e dall’altra mi consola, perché questo è “uno di quei sogni”.

E’ stato ieri che ho letto una frase di Barbara Alberti, «L’amore è per i coraggiosi, tutto il resto è coppia». Ed io, dopo te, son diventata codarda.

Mi alzo, vado in bagno e mi osservo davanti al grande specchio, penso che la vita ci prosciughi e ci fa sembrare come delle albicocche che si avvizziscono al sole. Dovrei sorridere di più. Il sorriso nasconde le rughe.

E’ un vero peccato che mentre la vita ci/si prosciuga, il nostro nocciolo interiore cresca e risplenda come un adolescente al suo primo amore. Forse è questo lo scopo, che perversamente il dio che ride ha creato. Quando il nocciolo interiore è pronto a sbocciare, l’involucro, il nostro corpo, avvizzisce e muore, permettendo a un nuovo noi di nascere. Un nuovo noi che porterà con sé l’insegnamento, ma non il dolore. Forse è questo il concetto della reincarnazione.

Credo che il dio che ride, giochi spesso con me, credo di essere uno dei suoi personaggi in questo suo gioco di ruolo.

Smetto di osservarmi allo specchio, chiudo gli occhi, si inizia la giornata. Spero arrivi presto questa sera, dove il blu si sarà stemperato in un pallido azzurro.

Domani sarà diverso, domani ricomincerò a postare i miei amati “principi asiatici”, perché favola per favola, loro non potranno mai farmi del male trasformandosi in lupi.