縁 (えん) = ME E IL GIAPPONE


Settima prossima sarò in Giappone.
Il Giappone e io abbiamo un rapporto 縁.

Ve ne parlo in questo post. Il mio rapporto con il Giappone è nato in età adulta, lontano da anime, manga e quant’altro (anche se poi hanno iniziato a farne parte). È nato anni fa da una frase letta in una rivista di architettura che parlava di “arredare con il vuoto”. Per me fu una fucilata interiore, quella era casa per me.

Questo paese mi è entrato sottopelle, con i suoi ossimori continui. Solo per farvi un esempio, è un paese che riesce ad essere romantico e amorevole fino a penetrarti nelle ossa, e nel contempo avere una visione di vita crudele e difficile, fino a toglierti il fiato.

Una loro parola-concetto potrebbe riassumere questo mio rapporto interiore con il Giappone: 縁 la cui pronuncia è “en”.
È formato da due kanji:
糸 – il cui significato è filo oppure corda
爰 – il cui significato giapponese è di destino, legame, connessione.
Lo vedete il concetto profondo di 縁? Un filo del destino, una connessione, un destino che va oltre l’ordinario, un legame karmico.

Con il Giappone ho questa sensazione. Con questo paese percepisco una connessione, non comprendo da dove nasca (ma ha importanza?), la sento in molti aspetti del suo modo di essere, ne cito solo alcuni: il suo essere rispettoso, il suo sforzarsi nella gentilezza per aver capito che è l’unico modo per non attraversare la “guerra”, e non è facile farlo.

Amo questo paese nonostante ci siano altrettante cose che non mi piacciono. In fondo ho lo stesso atteggiamento di quando ho amato, pur non piacendoti alcuni aspetti, lo ami. Insomma, sono innamorata del Giappone.

Ho un “縁” anche con le persone legate al Giappone per nascita o per amore. Queste persone, per me, sono un tangibile “incrocio del destino”, un 縁 in carne e ossa.

Parlo di Matsu, conosciuta l’anno scorso, e del suo portarci a casa sua, farci conoscere la sua famiglia. Portarci in giro, il giorno dopo, in auto fino alle risaie Maruyama Senmaida.

Parlo delle tre donne conosciute una sera nel parco di Hirosaki (di cui non ricordo il nome, complice una leggera ubriacatura di sakè), che ci hanno invitato sotto un albero di ciliegi a fare un picnic con loro, offrendoci cibo e alcol. Nessuna parlava la lingua dell’altra, eppure, complice il sakè, abbiamo parlato e riso per due ore.

Parlo di Aya, conosciuta per caso a un concerto a Berlino a luglio di quest’anno, incontro che l’ha portata, a ottobre, con suo marito da me. Un pranzo insieme fronte lago parlando in giapponese, italiano, inglese, mentre nessuno dei tre sapeva bene la lingua dell’altro.


Parlo di Yoko, che non ho mai visto in vita mia, amica di un’amica, che quando ha saputo che venivo in Giappone quest’anno, ci ha “legato” un reciproco desiderio di conoscerci realmente (cosa che farò in questo viaggio).


Parlo di Rodi, italiano che vive a Tokyo da tantissimi anni, e che mi aiuterà i primi giorni di novembre a Tokyo a districarmi nelle sue strade e nella sua metropolitana. Rodi, che fin dalla prima volta al telefono l’ho percepito come se lo conoscessi da molto. La prima telefonata è durata un’ora.


Infine, parlo di Shigeru, che cito per ultimo ma invece è tra le persone con cui ho sentito, attraverso i suoi scritti, la connessione più profonda. Le sue parole scritte, per me, sono poesia verso il mondo, un’apertura così anomala per essere un giapponese e, allo stesso tempo, così giapponese (lo ripeto, il Giappone, per me è uno splendido ossimoro). Un vero “incrocio del destino”. Lui è una persona davvero speciale, che incontrerò in questo mio viaggio.

Credetemi, non vedo l’ora di entrare, nuovamente, in contatto con il Giappone, la sua cultura e le sue persone.

Se siete curiosi del mio viaggio precedente in Giappone, cliccate qui:
Giappone 2024

LINGUAGGI


Espansione
Contrazione
Equilibrio.

Son in fase espansiva del corpo e questo vuol dire che son in una fase di contrazione del cuore.

Perché in qualche modo vivo un momento che non vorrei, dove il tempo non è mio, e invece il mio tempo mi reclama, mi strattona a se.

Mi muovo nel cercare il cambiamento, ma rimango ancorata a paure che ho sempre avuto, bisogni che mi hanno sempre incatenata.
Catene, emotive e non, che mi son sempre cercata.

Una gioventù bruciata, la mia, in cui la scelta è stata sempre il certo a sfavore dell’incerto, la sicurezza al posto del rischio, la difficoltà di scelta come leitmotiv di fronte alle biforcazioni, un lavoro che mi dava certezze economiche e non un lavoro che mi suggeriva il cuore. Sono cose che paghi dopo.

Piano piano, nel tempo, ho cercato di aprire queste catene (di cui non imputo la colpa a nessuno, solo a me stessa). Mattone dopo mattone, ho cercato di smaltellare la prigione che mi ero creata. Eppure.

Eppure esistono dei mattoni invisibili che mi tengono chiusa da qualche parte.
Ho molteplici me, separate da questo muro invisibile che anelano a ricongiungersi. Fintanto che non accadrà, io mi espanderò e contrarrò alla ricerca di dove.
Painting by gtako

Il mio essere due e anelare a uno, sempre.
Il segno zodiacale, le polarità del mio interno, il bianco il nero, mi ricordano che sono separata. Ma ho il sapore dell’indiviso ancora in bocca, il colore dell’inscindibile mi colora gli occhi, la percezione della totalità adagiata sulla pelle.

Devo nutrire la mia mente quanto il mio cuore.
Le parole, queste parole, mi servono per la mente, il cuore, l’anima sta cercando il suo linguaggio per liberarsi.

NESSUNA CERTEZZA


Affamata bocca la tua.
mi divori l’anima e il corpo
Dipingi con le dita complicati arabeschi.
la tue mani mi esasperano la pelle

Esigente regista notturno.
ghermisci i miei sensi
Mi trasformi, divento interprete,
la tua preferita
di trame di un candore perverso.

Predatore mi spingi sotto il peso del tuo corpo.
occhi bassi i miei da preda senza via di scampo
Quando affondi in me strappandomi un grido,
piacere e dolore stemperati insieme
ti guardo, dimmi ora chi è la preda e chi il predatore?

Nessuna certezza
la cosa più certa tra noi è l’incertezza
Nessuna certezza
ma conservi in te qualcosa che mi appartiene
Nessuna certezza
se non che il mio ventre ti appartiene

nessuna certezza

nell’aria intanto vola questa musica

UNA RISPOSTA DEL CAZZO


Una risposta del cazzo, non cattiva o offensiva, anzi credo volesse essere carina, solo una risposta del cazzo. Avete presente quelle che le prenderesti e le ficcheresti nella parte mediana posteriore della persona che l’ha pronunciata? Si proprio quelle. Non le ficcheresti lì per malanimo, ma solo per far sentire l’effetto di quella frase a chi l’ha pronunciata.

Dietro a quel “manca a tutti…” c’è il fatto che io pensi che avresti potuto. Il problema è che avresti aver voluto e non solo potuto. L’immobilismo è sempre stato il tuo peggior nemico, aspetti sperando che il tempo risolva per te. Il tempo risolve, ma a modo suo.

L’amaro soffoca e stringe la gola. Inutile pensarci, non cambia nulla. Il destino esiste, lo costruiamo noi attimo per attimo, in base alle scelte che facciamo o alle scelte che non facciamo. Tu nelle mani avevi il 50% di questo destino.

Manco quando non ci sono più, non potrebbe essere diversamente, quando ci sono, son presente, mi percepisci, mi senti, non posso mancare. E’ così che mi perdono le persone. Mi danno per scontata, dimenticando che nel mio mondo non esistono i saldi.

STRANIERA


Capita per sbaglio, o forse sbaglio non è, solo incentivo per andare avanti. Un fuggevole flash, l’impressione di vedere dall’alto pezzi del sentiero, un destino scelto in un altro luogo e tempo che non ho obbligo di rispettare, ma se non porto a termine rivedrò. Scruto il perché mi son accadute alcune cose, perché in quei momenti, dove mi hanno condotto e dove mi stanno portando se vorrò andarci. Sospiro non so ancora se voglio andarci.

Ecco oggi è così, osservo perché ho vissuto fin da piccola da straniera nel mondo e come mai in qualche modo continuo a farlo.
Nulla accade per caso neppure rendersene conto in un preciso momento.

ARABESCHI COGLION ZEN


Ragione, che te ne fai? Non vorresti avere ragione, quando senti quella palla che si espande nel tuo diaframma, sino ad uscire con un sospiro dalle labbra.

E si, è la speranza di sbagliare, speri che la percezione del cuore sia errata. Così dai una, cento, mille possibilità fino a che la bolla di sapone scoppia davanti ai tuoi occhi. Scopri che era fatta di ghiaccio. Schegge gelide di cristalli ti graffiano l’anima.

Sorridi lieve, e ti domandi come fai a sentire calore anche ora. Sorridi più forte, scopri che il caldo sei tu, e quel timore della profezia del destino autoavverante è un pò meno forte.

Se vi domandate che cazzo scrive questa, sappiate che avete ragione. Solo che ogni tanto, io seguo con la punta delle dita i pensieri nei loro arabeschi, senza inizio e senza fine, vanno solo a pescare quello che è già stato, ciò che è e forse ciò che sarà.

Poi però torno e so che va bene così, anche perchè in ogni caso io son una coglion zen.

Nelle trombe di Eustachio nel frattempo passa questo.